Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

Sara Bi-Fuel è una polizza vita multiramo offerta da Sara Assicurazioni, collegato contestualmente alla gestione separata Fondo Più e a due fondi interni assicurativi, Sara Obbligazionario e Sara Azionario. In relazione alle prestazioni assicurative, in caso di vita dell’assicurato si otterrà a scadenza la somma del capitale assicurato in vigore alla data di scadenza e del capitale variabile calcolato sulla base del valore unitario delle quote dei fondi in vigore alla data di scadenza. Mentre in caso di decesso dell’assicurato si otterrà la somma del capitale assicurato in vigore alla data del decesso e del capitale variabile valorizzato al giorno di riferimento utile per la richiesta di liquidazione, a cui andrà aggiunta la maggiorazione ottenuta applicando al capitale variabile una percentuale che decresce al crescere dell’età dell’assicurato alla data del decesso
Nel pieno della crisi di governo e a tre mesi dalla presentazione del nuovo piano industriale (il 3 dicembre a Londra) spunta l’ipotesi di un’ennesima cessione per Unicredit . Questa volta il ceo Jean-Pierre Mustier, che anche nel periodo estivo lascia solo per brevissimi intervalli la cabina di comando, potrebbe disfarsi delle attività in Turchia. Dopo Pioneer, Bank Pekao e Fineco  potrebbe infatti essere la volta di Yapi Kredi. Unicredit  avrebbe avviato trattative con il partner turco Koc Holding per dismettere del tutto o ridurre in misura significativa la partecipazione nella joint venture che detiene quasi l’82% della banca turca. Una mossa che, se da un lato consentirebbe a Piazza Gae Aulenti di ridisegnare l’alleanza in cui era entrata nel 2005, dall’altro lato libererebbe ulteriore capitale per iniziative future.
Con il rendimento dei Btp a dieci anni sceso al minimo storico sotto l’1% il momento è propizio per le polizze Vita di ramo I, prodotti che hanno attivi in gestione di 526 miliardi di euro (su uno stock totale delle attività finanziarie delle famiglie italiane di oltre 4.200 miliardi) e che sono da sempre considerati un’alternativa ai titoli di Stato. La loro caratteristica di garantire il capitale li rende strumenti che rispondono al bisogno di sicurezza degli investitori in una fase di incertezza sui mercati, per i timori sempre più diffusi sulla crescita mondiale (come indica l’inversione della curva dei rendimenti dei titoli di Stato Usa), e per le incognite geopolitiche (a partire dalla Brexit e dalla guerra dei dazi Usa-Cina). Di conseguenza queste polizze stanno facendo il pieno della raccolta. A spingerle sono soprattutto gli sportelli bancari e postali che le propongono come soluzione per impiegare l’ingente liquidità parcheggiata, per prudenza, dai risparmiatori nei conti correnti dopo il terribile 2018, quando praticamente tutte le asset class sono finite in rosso. Invece lo scorso anno le gestioni separate hanno reso il 3,03% medio lordo (circa il 76% delle gestioni separate, in termini di patrimonio, ha ottenuto un rendimento compreso tra il 2,5 e il 3,5%) dal 3,13% del 2017.
Dal suo osservatorio, Prometeia analizza le dinamiche del mercato assicurativo, comprese le polizze legate alle gestioni separate di ramo I. Se da una parte queste analisi confermano la stabilità dei rendimenti negli anni, dall’altra permettono di far luce su cosa c’è dietro al dato medio. Ma le ricerche segnalano ulteriori aspetti di fondamentale importanza quando ci si trova di fronte a una polizza di questo tipo, a partire dai costi e dalle mosse delle compagnie per cavalcare le varie fasi del mercato dei titoli di Stato italiani che ancora oggi occupano la gran parte dei portafogli. Come spiega a MF-Milano Finanza Stefano Frazzoni, partner e responsabile della business line Insurance di Prometeia.
Come si comportano i risparmiatori del Bel Paese per tutelarsi dagli imprevisti? Al netto di una innegabile dose di superstizione visto che «Essere superstiziosi», osservava Eduardo De Filippo, «è da ignoranti, ma non esserlo porta male», che un interessante studio delle Generali  in passato arrivava addirittura a quantificare (ogni punto di superstizione varrebbe, per la penisola, 700 milioni di euro in meno di raccolta vita e 250 milioni di quella danni), l’atteggiamento prevalente sembra essere quello dell’auto-assicurazione. In una prospettiva quasi fatalista si preferisce accantonare risparmi sotto forma di liquidità in vista degli imprevisti piuttosto che dotarsi delle specifiche coperture assicurative utilizzando le numerose soluzioni che il mercato offre. Quale potrebbe essere la road map che una famiglia potrebbe percorrere?
  • Effetto terremoto
Il terremoto che ha colpito il Centro Italia e il Lazio esattamente tre anni fa continua a nuocere all’economia. Nei paesi svuotati e con il turismo in lenta ripresa si registra ancora un crollo del 70% delle vendite che sta soffocando l’economia locale, a partire dagli agricoltori e gli allevatori che sono rimasti nonostante le difficoltà. L’amara verità viene dalla Coldiretti, quando sono trascorsi tre anni dalla prima scossa che il 24 agosto 2016 ha devastato ampie aree del Centro Italia. Il risultato, precisa la Coldiretti, è un crollo delle vendite dei prodotti locali che gli agricoltori, a prezzo di mille difficoltà, sono comunque riusciti a salvare dalla macerie garantendo la continuità produttiva e, con essa, una speranza di ripresa in un territorio a prevalente economia agricola. In difficoltà ci sono 25 mila aziende agricole e stalle censite nei 131 Comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo dove c’è una significativa presenza di allevamenti con oltre 100 mila animali da allevamento e un rilevante indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. In maggiori difficoltà si trovano altri settori con un calo ad esempio del 20% del latte per la chiusura delle stalle. Lenta ripresa anche per i 444 agriturismi che secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat operano nell’area, dei quali 42 in Abruzzo, 40 nel Lazio, 247 nelle Marche e 115 in Umbria.

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  • Scoppia una tubatura e fa crollare il ponte appena costruito
Una perdita d’acqua, una tubatura che scoppia e il ponte non c’è più. È bastato un guasto a far crollare la struttura, da poco costruita da Rfi, che fino alla notte scorsa collegava contrada “Difesa” al centro abitato di Cropani, piccolo centro del catanzarese. Lo hanno scoperto i residenti che ieri mattina sono rimasti isolati, perché l’unica strada si è sbriciolata in poche ore. Sull’accaduto è stata aperta un’indagine e quel che resta della struttura è finito sotto sequestro. Già in passato sull’opera era stato presentato un esposto, con cui si contestava la decisione di realizzare un ponte su una scarpata e nei pressi dell’acquedotto.
  • Morti sul lavoro Tragico agosto per venti operai (e 4 solo ieri)
Venti morti in un mese che dovrebbe significare vacanze, dunque un numero ancora più clamoroso. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail tra gennaio e luglio sono state 378.671 (-0,02% sul 2018), di cui 599 con «esito mortale», in aumento del 2% (conteggiati anche i 167 decessi nel tragitto casa-lavoro). In aumento le patologie di origine professionale: 38.501 denunce (+2,7%). E ovviamente fuori dai radar lo sconfinato mondo del lavoro in nero.

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  • «Così il Fentanil uccide. Viene mischiato all’eroina ma è 100 volte più potente»
Il Fentanil ha ucciso tre volte in Italia negli ultimi due anni. Tre overdose. La morte di un uomo avvenuta a Milano nel 2017 era stata classificata come «decesso causato da eroina». Dietro c’era altro. C’era un derivato della sostanza che sta provocando un’ecatombe negli Stati Uniti (aggiunta all’eroina, ne potenzia gli effetti). È stata la tenacia dei ricercatori della Sezione di tossicologia forense del Dipartimento di scienze biomediche dell’università Statale di Milano a permettere di identificare per la prima volta l’Ocfentanil in Italia. Il gruppo di ricerca è guidato dalla professoressa Marica Orioli. «Queste sostanze creano un effetto di dipendenza molto più forte rispetto all’eroina. L’effetto acuto più grave è la depressione respiratoria. Anche l’eroina provoca tale effetto, ma con queste sostanze, essendo 100-200 volte più potenti, il rischio che il respiro rallenti fino a fermarsi è molto amplificato».
  • Denunce Inail, la strage del 2019 conta già 599 incidenti mortali
Una strage di proporzioni gigantesche: sono 599 le vittime di incidenti mortali sul lavoro in Italia nei primi sette mesi del 2019. Un anno già «horribilis» che, secondo l’Inail, vede i caduti in aumento del 2% rispetto al 2018. Mentre tra tanto discutere di sicurezza, quella sul lavoro sembra restare sempre fuori dall’agenda politica, ai numeri va prestata attenzione. Solo in Lombardia l’ emergenza è rappresentata da 88 morti fino a luglio (9 le vittime solo in agosto). Nel Centro Italia, si è passati da 110 a 120, al Sud da 119 a 134, nelle Isole da 46 a 58. In Settentrione, dove i numeri restano tragici, si rileva una diminuzione di 2 casi a Nord-Ovest (da 155 a 153) e di 23 casi nel Nord-Est (da 157 a 134). L’analisi di genere mostra 21 i casi mortali in più per gli uomini (da 527 a 548) e 9i in meno per le donne (da 60 a 51). Sono in aumento le denunce di infortunio con esito mortale per i lavoratori comunitari (da 29 a 40) e extracomunitari ( da 64 a 71), mentre gli italiani che hanno perso la vita sono 488 (erano 494 nel 2018).
  • Welfare a rischio, nel 2050 più pensionati che lavoratori
Molti Paesi occidentali condividono il problema perché l’aumento dell’aspettativa di vita riguarda tutto l’Occidente ma da noi si andrà a creare nel tempo un cocktail micidiale: l’aumento del numero dei pensionati a carico delle casse previdenziali si sommerà al «buco» demografico visto che mancheranno all’appello — secondo le previsioni questa volta dell’Istat — circa 6 milioni di potenziali lavoratori. C’è un provvedimento del primo governo Conte che sicuramente impatta con quanto riferito finora ed è la mini-riforma previdenziale di quota 100.  E’ stata utilizzata da una platea più ristretta di quella ipotizzata dai suoi supporter politici (160 mila persone in tutto). Ma alla luce di quanto ci suggerisce l’allarme azionato da Tokyo ha senso insistere in questa direzione? Andrea Garnero, economista presso il direttorato per l’occupazione e gli affari sociali dell’Ocse sostiene di no. «Quota 100 si è rivelata poco equa nei trattamenti tra i diversi segmenti dei pensionandi, costosa e non strettamente necessaria dal punto di vista macro-economico — spiega Garnero —. Sia chiaro l’Ocse non pretende che lavorino tutti indiscriminatamente fino a tardissima età ma pensa che il ritiro debba essere governato con strumenti flessibili che allunghino i tempi di uscita ma che contemperino le esigenze dei singoli e quelle delle imprese. Magari con forme di part time negli ultimi anni di lavoro».

  • L’Italia del 2050: più pensionati che lavoratori
Un sorpasso da evitare. Nel 2050, in Italia, il numero di pensionati sarà più elevato di quello dei lavoratori. Una forza lavoro proporzionalmente sempre più piccola dovrà finanziare il sistema previdenziale per un numero elevato di persone. Sono le proiezioni dell’Ocse, pubblicate nel rapporto Working better with Age. Nel nostro Paese, più in dettaglio, la percentuale potrebbe raggiungere il 105,7%, dall’attuale 68,6%: un doppio record, tra i paesi dell’area. Introducendo però un sistema che permetta di ridurre del 20% il tasso di uscita dei lavoratori con oltre 50 anni, l’Italia si potrà fermare al 94,1%. Insieme all’Italia solo la Grecia supererà quota 100% mentre la Polonia si porterà al 94%. Tra i grandi partner di Eurolandia, la Francia salirà all’80,5%, la Germania al 65,3%. Nel loro insieme, i paesi avanzati membri dell’organizzazione di Parigi, avranno un rapporto tra persone inattive e persone occupate che dovrebbe salire dall’attuale 42% fino al 58 per cento.

 

  • Al via la rivoluzione Psd2: le banche aprono alla condivisione dei dati
Tra qualche settimana le banche manderanno una lettera a tutti i clienti, una di quelle che di solito si guardano con insofferenza e alla fine non si leggono nemmeno. Il messaggio sarà replicato con ogni probabilità via mail, app e sito web, ma l’obiettivo è uno solo: chiedere il consenso dell’utente a condividere con altri soggetti i dati legati al conto corrente, finora gelosamente custoditi (e spesso dimenticati) all’interno dei server degli istituti. Nulla di cui preoccuparsi: nessuno vuole mettere le mani sui nostri soldi, come si potrebbe temere a prima vista, ma più semplicemente utilizzare quei dati per creare nuovi servizi e ampliare l’offerta, con modalità che vanno potenzialmente ben oltre le mere proposte commerciali cui siamo abituati online. Si tratta di offrire servizi finanziari innovativi, non più standardizzati e nati per rispondere alle esigenze dei singoli, persone o aziende che siano. Con quel piccolo passo scatta, il prossimo 14 settembre, la nuova fase della Psd2, la direttiva comunitaria sui servizi di pagamento destinata a rivoluzionare l’intero comparto finanziario rendendolo più flessibile ed efficiente, di fatto aprendo le porte a soggetti nuovi, dalle fintech, piccole ma agili, alle “techfin”, i colossi hi-tech che si chiamano Google, Facebook, Amazon, Apple che già più di un piede in questo mondo l’hanno messo.
  • Pensioni miste, quota estera agevolata
La risposta a interpello 353/2019 da parte dell’agenzia delle Entrate fornisce l’occasione per tornare sul tema del regime di fiscalità agevolata per i redditi di pensione, introdotto dalla legge di bilancio del 2019 e ulteriormente sviluppato dal decreto crescita. La tassazione sostitutiva con aliquota del 7% viene concessa su tutti i redditi, per un totale di nove anni, a coloro che trasferiscono la residenza fiscale in uno dei Comuni delle otto regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia) con popolazione non superiore a 20mila abitanti a un’unica ulteriore condizione che l’articolo 24-ter del Tuir (Dpr 917/86) pone, vale a dire che questi siano titolari di redditi di pensione erogati da soggetti esteri.

 

  • Pir appesi alle scelte del nuovo governo
Sottoscrittori dei Pir a metà del guado. A due anni e mezzo dal lancio dei Piani individuali di risparmio, gli investitori della prima ora devono ancora percorrere metà strada per poter usufruire dei benefici fiscali. I Pir non hanno un orizzonte temporale definito, ma a chi detiene l’investimento per almeno 5 anni viene riconosciuto l’esonero dal pagamento delle imposte sugli eventuali rendimenti conseguiti. olti investitori, però, negli ultimi mesi hanno deciso di uscire dai Pir dopo lo scossone subito dai mercati finanziari nell’autunno 2018. Non tutti sono riusciti a mantenere i nervi saldi quando hanno visto scendere drasticamente il valore del loro investimento. A fine 2018 quasi tutti i prodotti evidenziavano a un anno perdite a due cifre, con punte del -18%, che nel corso del 2019 – con la ripresa dei listini – molti fondi hanno comunque in tutto o in parte recuperato.
  • Ivass e Consob sui siti pirata: è allarme sociale
Gli ultimi due siti internet pizzicati dall’Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, si chiamano www.agenzia-assicurativa.com e www.assicurazionifutura.net. In due comunicati in sequenza datati rispettivamente 27 e 29 agosto l’Authority avverte che la distribuzioni di polizze attraverso questi siti sono irregolari e che le polizze ricevute dai clienti sono false, mettendo in guardia i clienti sul fatto che, di conseguenza, i loro veicoli circolano privi di assicurazione valida. Nel primo caso, nel sito vengono indicati i dati identificativi di un broker che risulta regolarmente iscritto al Rui (Registro Unico degli intermediari assicurativi) ma che risulta del tutto estraneo alle attività del sito. Nel secondo caso si segnala che nel sito si indica un numero di iscrizione al Rui che non esiste. Dal canto suo la Consob nei giorni scorsi ha recepito un provvedimento dell’Authority britannica (la Fca) che, nei confronti di una società di diritto inglese (la Svs Securities Plc) ha adottato il divieto di prosecuzione delle operazioni di trading sul forex, con il contestuale ordine di chiusura delle posizioni aperte sul mercato dei cambi.
  • In Tribunale le prime liti sull’informativa ai clienti
No kid no trade. Questo è il principio posto da quello che un giurista chiamerebbe il combinato disposto della direttiva sui Priips e della Mifid2 sugli obblighi tassativi di informazione agli investitori. Eppure alla Consob stanno arrivando diverse segnalazioni, di casi, collocati temporalmente all’inizio del 2018, quando la normativa sui Kid (il key information document) è entrata in vigore, di collocamento di Prips venduti senza il documento di sintesi. La questione è che diverse banche non erano riuscite a mettersi in regola con gli adempimenti previsti dalle direttive europee che hanno visto l’entrata in vigore agli inizi del 2018 (come detto la Mifid2 e la direttiva Priips, che appunto prevede il nuovo documento di sintesi per i prodotti “preassemblati”), ma hanno continuato a collocare prodotti ricadenti nella categoria dei Prips (si veda la scheda per le differenze tra Prips e Priips). Una questione che si è posta in modo particolare per il trading online, dove appunto gli investitori hanno operato spesso senza avere a disposizione il Kid.
  • Fondi pensione negoziali sulla via del recupero
I fondi pensione negoziali provano ad archiviare i drammatici risultati negativi conseguiti nel 2018 e chiudono la prima parte del 2019 con rendimenti che recuperano in parte le perdite dello scorso anno. Da gennaio a luglio di quest’anno tutte le linee dei fondi battono la rivalutazione del Tfr, con dati medi che per i comparti bilanciati e azionari, si assestano rispettivamente a 6,97 e 9,28%. Degno di nota anche il rendimento dei comparti garantiti (in media +1,84%) che grazie alla discesa dei rendimenti dei titoli governativi hanno conseguito risultati positivi superando anch’essi il Tfr (+1,32% lordo, che scende all’1,17% netto). Va ricordato infatti la “regola matematica” per cui al diminuire dei tassi di interesse, aumenta il prezzo dei bond presenti nei portafogli dei fondi e tale incremento è maggiore più è lunga la duration dei titoli. Sulla distanza dei 5 anni, invece, la performance media delle linee garantite (+3,6%) è ancora molto inferiore alla rivalutazione netta conseguita nell’ultimo lustro dal Tfr (+8,69%). Meglio hanno fatto le linee obbligazionarie (+14,91%), bilanciate (19,55%) e azionarie (+28,02% in media).