Le precisazioni Inps sulla disciplina di recente modificata nella circolare n. 106/19
Al pagamento del riscatto può provvedere anche il datore
Pagina a cura di Daniele Cirioli

Confini più ampi per il riscatto dei buchi contributivi. Infatti, le date del primo e dell’ultimo versamento contributivo individuano «l’anno» (e non la data) a partire dal quale e fino al quale (i confini appunto) è possibile praticare la nuova facoltà di riscatto che, sperimentale, chiuderà i battenti il 31 dicembre 2021 (ultimo giorno per fare domanda). A precisarlo è l’Inps con la circolare n. 106/2019 (si veda ItaliaOggi del 26 luglio scorso). Al pagamento del riscatto può provvedervi anche il datore di lavoro utilizzando, a tal fine, i premi spettanti al lavoratore. Si tratta, in realtà, di mera operazione di «intermediazione» finanziaria (sono comunque «soldi» dei lavoratori) che, però, fa guadagnare al datore di lavoro un’ulteriore deduzione del costo dal reddito di impresa o di lavoro autonomo.

Un nuovo riscatto. La nuova facoltà di riscatto è stata introdotta dal dl n. 4/2019 a favore dei lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e alla gestione separata dell’Inps, privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (cioè appartenenti al sistema contributivo di calcolo delle pensioni) e non già titolari di pensione. Riguardo alla prima condizione (non titolarità di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995), l’Inps ha precisato che possono beneficiarne i lavoratori privi di anzianità contributiva alla predetta data avendo riguardo a qualsiasi tipo di contribuzione (obbligatoria, figurativa, riscatto) accreditata prima del 1° gennaio 1996 in qualsiasi gestione pensionistica obbligatoria, incluse casse professionali, o acquisita all’estero (stati Ue o Paesi convenzionati).

I buchi contributivi riscattabili. Il periodo non coperto da contributi che può essere ammesso a riscatto è massimo di cinque anni, anche non continuativi.
Il periodo deve collocarsi dopo il 31 dicembre 1995 e prima del 29 gennaio 2019 (entrata in vigore del dl n. 4/2019). La formulazione originaria della norma chiedeva che il periodo fosse compreso tra la data del primo e dell’ultimo contributo accreditato (obbligatorio, figurativo, riscatto); la legge di conversione n. 26/2019 ha sostituito le parole: «tra la data del primo e quella» con le seguenti: «tra l’anno del primo e quello», con l’effetto che il periodo riscattabile è compreso tra l’anno del primo e l’anno dell’ultimo contributo accreditato. Attenzione; per individuare il primo e l’ultimo contributo si prendono a riferimento solo le gestioni indicate dalla norma (ossia assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e le forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché le gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e la gestione separata dell’Inps) e non anche le casse professionali o gli accrediti di stati esteri.

Efficacia del riscatto. Con la legge n. 26/2019 è stata introdotta la precisazione che i periodi oggetto di riscatto sono parificati a periodi di lavoro. Di conseguenza, l’anzianità contributiva acquisita per effetto del riscatto è utile tanto ai fini del conseguimento del diritto quanto per la determinazione della misura della pensione.

L’onere di riscatto. In considerazione delle condizioni richieste per l’esercizio della facoltà, i periodi oggetto di riscatto sono necessariamente valutati secondo il «sistema contributivo». L’onere relativo è quindi fissato con il meccanismo del calcolo a «percentuale», applicando l’aliquota contributiva di finanziamento in vigore alla data di presentazione della domanda nella gestione dove opera il riscatto.
La base di calcolo è costituita dalla retribuzione assoggettata a contribuzione nei 12 mesi meno remoti rispetto alla data della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto. La stessa retribuzione è attribuita temporalmente e proporzionalmente ai periodi di riscatto, mentre la rivalutazione del montante individuale dei contributi ha effetto dalla data della domanda di riscatto.

La domanda di riscatto. La presentazione della domanda di riscatto è possibile limitatamente al triennio 2019/2021.
In particolare, può essere presentata dal 29 gennaio 2019 (entrata in vigore del dl n. 4/2019) fino al 31 dicembre 2021.La domanda è presentata dal diretto interessato e può anche essere presentata dal suo superstite o, entro il secondo grado, dal suo parente e affine. In tutte queste ipotesi l’onere versato è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50%, con ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo, nell’anno di sostenimento e nei quattro successivi. Limitatamente ai lavoratori del settore privato, la domanda può essere presentata anche dal datore di lavoro destinando, a tal fine, i premi di produzione spettanti al lavoratore.
In tal caso, però, la domanda può essere presentata nel corso del rapporto di lavoro. In tal caso, l’onere versato è deducibile dal reddito d’impresa e da lavoro autonomo.
Nei casi in cui la domanda sia presentata dal parente o affine o dal datore di lavoro è necessario il consenso del soggetto interessato; in mancanza, la domanda è irricevibile.
In attesa delle implementazioni alla procedura per l’invio telematico, le domande devono essere presentate utilizzando uno modulo aggiuntivo (allegato alla circolare n. 105/2019) e reperibile sul sito web («Prestazioni e Servizi» > «Tutti i moduli» > «Assicurato/Pensionato»).

Il pagamento del riscatto. L’onere di riscatto può essere versato in unica soluzione ovvero in rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a 30 euro, senza applicazione d’interessi per la rateizzazione. Il numero massimo di rate possibili, inizialmente fissato a 60 (dal dl n. 4/2019), è stato elevato a 120 con la legge di conversione n. 26/2019. L’accredito dell’intero periodo riscattato e i relativi effetti decorrono dalla data del saldo dell’onere. In caso d’interruzione del pagamento del riscatto è riconosciuto l’accredito di un periodo contributivo ridotto, corrispondente all’importo pagato. La rateizzazione non può essere concessa nelle ipotesi in cui i contributi da riscatto debbano essere utilizzati per la immediata liquidazione di una pensione, diretta o indiretta, o nel caso in cui siano determinanti per l’accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontari; quando ciò avvenga nel corso della dilazione già concessa, la somma ancora dovuta andrà versata in unica soluzione.

Utilizzati i premi spettanti al lavoratore

La disciplina del nuovo riscatto dei buchi contributivi prevede che al pagamento del relativo onere possa provvedervi anche il datore di lavoro (solo per i dipendenti del settore privato). Ma una condizione. E cioè che avvenga con utilizzo dei «premi» spettanti al lavoratore. Di fatto, dunque, si tratta di una mera operazione di «intermediazione» finanziaria: anziché erogare i premi al lavoratore, il datore di lavoro li impiega per pagare il riscatto contributivo. La norma però non appare sufficientemente chiara, né l’Inps l’ha precisata meglio. Non si capisce, infatti, se l’impiego dei premi debba essere tale da coprire l’intero costo del riscatto oppure se possa bastare per una sola parte (con il resto che ce lo mette il datore di lavoro). Se dovesse valere la prima ipotesi, è chiaro che il costo resta solo e soltanto a carico del lavoratore (ma il datore di lavoro ci guadagna comunque una seconda deduzione di quanto pagato dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo, oltre al «premio» che già rientra nella retribuzione-costo dell’azienda).
Una via alternativa è quella del riscatto tramite i fondi di solidarietà bilaterali, per la quale il relativo onere è effettivamente posto a carico del datore di lavoro. La possibilità, che rientra nei piani d’incentivo all’esodo, può avere l’effetto di decretare l’immediato diritto a pensione per il lavoratore interessato (ad esempio, mediante riscatto, il lavoratore con 62 anni d’età può raggiungere 38 anni di contributi necessari a quota 100).
Il via libera a questa ulteriore misura è arrivato dall’Inps con la circolare n. 105/2019 (si veda ItaliaOggi del 25 luglio scorso).
Due le condizioni per la praticabilità: 1) accordo aziendale o territoriale sul numero di lavoratori da assumere in sostituzione dei pre-pensionati tramite incentivi all’esodo; 2) pagamento da parte del datore di lavoro di tutti gli oneri sostenuti dai fondi bilaterali (assegni straordinari erogati ai lavoratori, più i relativi contributi e più l’onere del riscatto/ricongiunzione contributiva).
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