Cuore della riforma Gelli-Bianco è la nuova delineazione del sistema di responsabilità medica e la previsione di forme più agevoli di risarcimento a tutela del paziente. Al soggetto che ha subìto un danno medico viene infatti concessa la duplice possibilità di agire sia nei confronti della struttura sanitaria a titolo di responsabilità contrattuale, sia nei confronti del medico che è intervenuto direttamente attraverso la responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.. La riforma prevede anche la possibilità per i cittadini di promuovere un’azione diretta nei confronti della compagnia assicurativa della struttura sanitaria». «In tal senso», spiegano gli avvocati Pietro Pouché e Giulia Maienza dello studio Herbert Smith Freehills di Milano, la nuova normativa sembra porre al centro la figura del paziente, contemperando la tutela del paziente a vedersi risarcito, con la necessità del medico di poter esercitare il proprio lavoro al meglio, evitando il rischio di essere ritenuto responsabile per qualsiasi prestazione medica eseguita». Si prevede infatti che il medico risponda penalmente se cagiona lesione o morte del paziente salvo che l’evento sia causato da imperizia e abbia rispettato le raccomandazioni previste nelle linee guida. Abolita quindi la distinzione tra colpa grave o lieve della condotta del medico prevista dalla normativa precedente, la legge Balduzzi, il medico è previsto che possa essere esonerato da responsabilità penale qualora abbia adoperato nel modo migliore, seguendo le raccomandazioni delle linee guida, oltre ad aver valutato che queste ultime siano adeguate alle specificità del caso concreto.

«Una rigidità», precisano Pouchè e Maienza, «che da un lato permette di rendere più facile verificare quando sussista la responsabilità di chi ha operato, dall’altro potrebbe creare un ostacolo al progresso scientifico poiché il medico sarebbe più frenato nell’utilizzare tecniche mediche d’avanguardia non ancora inserite nelle linee guida per il timore di incorrere in una responsabilità». «Ancora», proseguono, «se da una parte la riforma pone al centro la figura del paziente, dall’altra parte l’introduzione di una responsabilità extracontrattuale nei confronti del medico potrebbe incidere negativamente sull’agilità di tutela e rendere più difficile per il paziente ottenere un ristoro per i danni ricevuti, poiché comporta un’inversione dell’onere della prova su quest’ultimo, il quale sarà costretto a dimostrare tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito, del dolo/colpa dell’autore e di aver subito un danno, oltre a prevedere un diverso regime della prescrizione con un termine più breve».

«I profili di criticità», commenta l’avvocato penalista Andrea Orabona, «sono numerosi. La riforma ha introdotto nel codice penale una causa di non punibilità per i reati di lesione personali colpose e omicidio colposo in ambito medico e ha previsto l’esclusione della punibilità nei casi di imperizia, contestati al medico, sempre che il medico abbia osservato o le linee guida previste e approvate dell’Iss o le best practice in ambito medico, con l’eccezione che le linee guida siano adeguate al caso concreto che si prospetta al medico rispetto alla cura da dispensare al paziente o all’intervento da effettuare». «Il paradosso è che», aggiunge Orabona, «Cassazione e giurisprudenza abbiano ritenuto che l’esclusione della punibilità prevista dalla legge Balduzzi fosse addirittura più efficace rispetto a quella prevista dalla legge Gelli. In precedenza l’esclusione della punibilità del medico (sempre se avesse ottemperato a tutte le indicazioni contenute nelle linee guida) copriva tutte le ipotesi, seppur di colpa lieve, ovvero imperizia, negligenza o imprudenza. Qualsiasi ipotesi di colpa lieve non veniva resa punibile se posta in attuazione di linee guida accreditate».

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