Si ottiene sommando età e anni di contributi versati (per esempio 65 anni e 35 anni di contributi)

Matteo Salvini dice infatti che non arretrerà di un millimetro
di Franco Bechis
Un mese massimo, perché di tempo non ce ne è ulteriore. In 30 giorni il governo di Giuseppe Conte deve trovare le coperture per tutti i provvedimenti rinviati fin qui alla legge di bilancio. E decidere di cosa fare anche su un tema antico e da anni incubo per tutti i ministri dell’economia, come quello delle clausole di salvaguardia sull’Iva, che valgono sul 2019 12,4 miliardi di euro.
In una delle sue primissime uscite pubbliche da vicepremier Luigi di Maio ha promesso a Confcommercio il 7 giugno scorso: «Avete la mia parola che l’Iva non aumenterà e le clausole di salvaguardia saranno disinnescate», e ora ha davanti due sole opzioni: perdere la faccia facendo capire che la sua parola vale assai poco, o mantenere l’impegno rendendo ancora più difficile la manovra. Se probabilmente su flat tax e reddito di cittadinanza la sola via percorribile per il ministro dell’economia, Giovanni Tria, è quella di un assaggio molto parziale delle due misure (allargamento attuale reddito inclusione già a bilancio e assaggio di tassa unica solo per artigiani e partite Iva), la scappatoia non potrà esserci per quella riforma della Fornero cui Matteo Salvini tiene tantissimo.
La quota 100 che si ottiene sommando età anagrafica ad anni di contributi versati (per esempio, 65 anni e 35 di contributi) non può essere fatta gradualmente, ma è tranchant: o si fa o non si fa. Incide però sulla curva della spesa pensionistica per decenni, e quindi avrebbe bisogno di una copertura non solo sul primo anno di attuazione (il 2019), ma anche almeno sul biennio successivo perché le tabelle della legge di bilancio sono triennali. E bisognerebbe pure spiegare in linea di massima a Eurostat e alla Commissione europea la copertura possibile per gli anni successivi con eventuali clausole di salvaguardia certe se si scelgono strade troppo probabilistiche (come previsioni di crescita del Pil e quindi delle entrate fiscali a legislazione invariata).
Al momento, per quota 100, si spenderebbero 4 miliardi di euro sul 2019 solo se si mettesse un vincolo minimo all’età anagrafica di 64 anni. Cambierebbe assai poco a gran parte dei futuri pensionati rispetto alla Fornero, ma chi viene avvantaggiato avrebbe un costo per le finanze pubbliche di 4 miliardi di euro. Come coprirlo? Per la Lega il primo anno potrebbe essenzialmente essere finanziato dal condono al di sotto di 100 mila euro di contenzioso con il fisco già battezzato «pace fiscale» che dovrebbe dare 3,5 miliardi di entrate. I restanti 500 milioni potrebbero provenire dal taglio delle cosiddette pensioni d’oro retributive, che però erano già stati prenotati per l’aumento delle pensioni sociali minime a 780 euro per tutti (il livello del reddito di cittadinanza promesso).
Il condono però sarebbe una misura di quelle che Eurostat classifica come «one shot», cioè una tantum, e non darebbe entrate sul biennio successivo. Non varrebbe quindi come copertura autorizzata e per altro nel governo si immagina già di attingere a quel pozzo anche per la prima introduzione della flat tax che in questo caso verrebbe presentata come temporanea e sperimentale.
Alternative? Al momento quelle tecniche non le ha immaginate nessuno. Ma ce ne sarebbero politiche, e sono quelle che vengono sussurrate nella maggioranza. «Vero», spiega per esempio un alto dirigente della Lega, «che per la Ragioneria e per Eurostat le misure one shot non sarebbero utilizzabili per coprire spese di carattere permanente. Però la contestazione arriverebbe dopo, non in via preventiva. E al massimo si dovrà contabilizzare ex post uno 0,2 di deficit/pil in più. Passo dopo passo così metteremo la Ue davanti al fatto compiuto della insensatezza delle regole sul deficit. Può essere una soluzione, no?».
Da non dire ufficialmente, ma certo molto pratica. E meno ipocrita dell’alternativa a disposizione: inserire a copertura qualcosa di incalcolabile e generico come il taglio delle tax expenditures (vale a dire agevolazioni fiscali) o ancora più impalpabile come la riduzione di spesa dalla spending review. Sempre termini inglesi, buoni per non far capire agli italiani che diavolo accade, ma ottimi per ottenere via libera dalle autorità europee che con quelli si riempono la bocca. Quasi quasi…
Corriere dell’Umbria

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