Ventimila all’estero dopo 21 anni di contributi
di Eden Uboldi

Quasi 20 mila ex lavoratori italiani con una anzianità contributiva di lungo corso nel paese d’origine si godono all’estero le proprie pensioni. Ecco uno dei tanti dati emersi ieri durante l’audizione di Tito Boeri, presidente dell’Inps, tenutasi presso il Comitato per le questioni degli italiani all’estero in senato.

I connazionali residenti all’estero, con un’anzianità contributiva tra i 21 e i 30 anni, sono 10. 277, a cui si aggiungono 9.648 pensionati che vantano più di 30 anni di versamenti.

La maggioranza dei quali attualmente vive in uno stato appartenente all’Unione europea, una location prescelta anche da molti soggetti che hanno versato i contributi in Italia per un periodo più corto. Chi ne ha versati per meno di 6 anni, dopo l’Ue, ha scelto di vivere in America settentrionale (si parla di 63.191 persone). Al terzo posto per residenza, con 32.092 soggetti, l’Oceania. Secondo «Il regime pensionistica degli italiani all’estero», la relazione presentata ieri da Boeri, al momento l’Inps paga 770.741 pensioni in regime di totalizzazione internazionale, delle quali 313.728 da versare all’estero. In più, oltre ai trattamenti di tipo previdenziale, vengono erogate anche prestazioni assistenziali, come le integrazioni al trattamento minimo, maggiorazioni sociali e quattordicesima, che come sottolinea la relazione dovrebbero gravare esclusivamente sul paese di residenza. «Questa è un’anomalia che alleggerisce i conti della protezione sociale di altri paesi», ha affermato Boeri, come questo comporti per le finanze italiane un esborso che, però non rientra bel circuito economico nazionale sotto forma di consumi. Nel 2016, l’importo totale erogato all’estero per le quote di integrazione al minimo e le maggiorazioni sociali è stato di circa 80 milioni (21 milioni per le maggiorazioni e 57 milioni per le integrazioni al minimo). Per quanto riguarda, invece, la quattordicesima, nel 2017 ne sono state versate all’estero a beneficio di 88.936 soggetti per un totale di 35,6 milioni di euro, aumentando del 131% i pagamenti non contributivi erogati al di fuori dell’Italia dall’Inps. Questo incremento rispetto al 2016 è dovuto alla legge di bilancio per il 2017, che ha alzato il limite di reddito previsto per questa prestazione e ne ha aumentato l’importo. La maggior parte dei beneficiari è residente in Europa (39%), in America meridionale (36,1%) e in America settentrionale (12,6%). Fra le prestazioni non esportabili, il presidente dell’Inps ha citato l’ape sociale e l’assegno sociale. Ma sulla prima, ha rammentato come, in seguito alla circolare dell’istituto previdenziale n. 100/2017, il ministero del lavoro abbia fatto presente che si tratta di una prestazione sui generis e nuovi, fuori dal campo d’applicazione dei regolamenti Ue e delle convenzioni bilaterali.

«La comunità dei percettori di pensioni all’estero tenderà ad aumentare», ha sostenuto Boeri, osservando anche che potrebbe essere «utile che il nostro Paese importasse, si rendesse appetibile ai pensionati che vengono da altri paesi per aumentare la domanda interna e anche le entrate fiscali».
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