di Carlo Giuro
Sono diventate i prodotti di punta di molte reti. Tanto che nei primi sei mesi del 2017, in base ai dati Assoreti, le polizze multi-ramo collocate dai consulenti finanziari hanno raccolto ben 2,9 miliardi di euro, la metà dei flussi registrati dall’intero comparto delle polizze vita. D’altra parte l’identikit del risparmiatore italiano è quello di un investitore con una sostanziale prudenza e con un’elevata predilezione per soluzioni a basso rischio e ad elevato rendimento. Una conferma arriva dall’ultimo Global Investor Pulse, il sondaggio internazionale di Blackrock dal quale, per quanto riguarda l’Italia, emerge che gli intervistati si sentirebbero motivati ad investire la liquidità solo a fronte di un rendimento medio annuo dell’11% e sarebbero disponibili a rimanere investiti poco meno di cinque anni (32% del campione). Si tratta però, nel contesto attuale, di una sorta di contraddizione in termini, perché tale impostazione rappresenta un retaggio di una tradizione storica in cui fino agli anni Novanta i titoli di Stato rendevano nominalmente in maniera elevata con un rischio emittente all’epoca non percepito. L’evoluzione dello scenario economico e finanziario non si è però accompagnato ad una crescita di cultura finanziaria nel Paese come dimostrato dalla recenti indagini sul livello di educazione in materia di risparmio. L’attuale fase caratterizzata da un contesto prolungato di bassi tassi pone allora il risparmiatore di fronte, più che a una scelta, a un vero e proprio dilemma in una autentica battaglia tra la ricerca di rendimento e la protezione del capitale. Occorre allora individuare soluzioni di investimento aggiuntive o alternative alle tradizionali forme di risparmio garantito. Non a caso proprio la via delle polizze multi-ramo è sempre più diffusa nel mercato assicurativo. Quali sono le caratteristiche? Si tratta di contratti di assicurazione sulla vita che risultano dalla combinazione di una gestione separata (polizze di ramo I) e di uno o più fondi d’investimento di tipo unit linked (polizze di ramo III). Va anche sottolineato come molto spesso sono soluzioni dinamiche dal momento che l’allocazione iniziale dei premi può essere modificata nel corso della vita del contratto a scelta del contraente o della compagnia.
La quota investita in prodotti tradizionali di ramo I garantisce la protezione del capitale degli assicurati e, in alcuni casi, un rendimento minimo positivo, la stabilità del rendimento nel tempo, l’esenzione dalla imposta di bollo, una tassazione sui rendimenti mediamente inferiore (perché investe prevalentemente in titoli di Stato tassati al 12,5% e quindi il rendimento subisce un’imposta mediamente più bassa rispetto ad altre forme di investimento che scontano un’aliquota fiscale sui rendimenti del 26%). Per contro, la quota destinata alle polizze unit linked conferisce maggiore dinamicità, ma al contempo è esposta al rischio dei mercati. Va aggiunto che le multi-ramo, essendo polizze assicurative, sono esenti da imposte di successione (e danno la possibilità di designare come beneficiari anche soggetti che non fanno parte dell’asse ereditario a patto di non ledere la quota di legittima). Posso quindi fungere quindi da valido strumento di pianificazione ereditaria attraverso un calibrato utilizzo delle figure contrattuali e dei requisiti di impignorabilità e insequestrabilità nei limiti di legge. Dal lato delle compagnie con tale tipologia di contratto si riducono poi i requisiti patrimoniali richiesti dalla direttiva Solvency II entrata in vigore a inizio 2016. Le gestioni separate infatti, proprio per le garanzie offerte, sono strumenti che assorbono molto capitale ai fini patrimoniali e quindi molto onerose da gestire per le compagnie.
Non è un caso se, introdotti nel mercato qualche anno fa, negli ultimi anni i contratti multi-ramo sono entrati a far parte dell’offerta di quasi tutti gli operatori, sia bancari che assicurativi. Ad esempio un big come Generali Italia nei mesi scorsi ha rivisto l’offerta con l’obiettivo proprio di trovare il giusto equilibrio tra rischio e rendimento, senza comunque eliminare le gestioni separate. La nuova polizza della compagnia del Leone, denominata Genera Equilibrio, investe nella gestione separata Gesav, storico comparto del gruppo con oltre 39 miliardi di masse, mentre l’altra parte del capitale è investita in due linee composte da fondi di fondi di gestori internazionali.
Nella stessa Gesav investe anche (per un 15%) GeneraCrescIta, il nuovo Pir (Piano individuale di risparmio) della compagnia triestina. Si tratta di una multi-ramo dedicata ai Pir che comprende anche un 85% di un mix di fondi. Le multi-ramo sono infatti le formule scelte dalle prime compagnie entrate nel mercato dei Pir. A debuttare lo scorso aprile è stata Cnp Partners con Cnp Investment Insurance Solution-Pir, che investe per un massimo del 10% in una gestione separata e nella parte restante in fondi e sicav gestiti da alcune delle principali Sgr italiane.
Poi si è aggiunta Bnl Bnp Paribas , con le tre multi-ramo InvestiPir Crescita Italia, Pir Selection e Pir Opportunity. Illustrati i possibili vantaggi di questa tipologia di prodotti vanno però posti anche una serie di alert, trattandosi, come ricordato dal presidente dell’Ivass Salvatore Rossi, di «prodotti di non facile comprensione per il cliente che potrebbe non essere pienamente consapevole di assumersi una parte del rischio».
Molto utili in questa prospettiva i consigli riportati in uno specifico documento condiviso lo scorso anno da Ivass e dalle associazioni dei consumatori. Il primo suggerimento che viene posto è quello di prestare la dovuta attenzione alla informativa precontrattuale leggendo con attenzione il fascicolo informativo per evitare di acquistare un prodotto di cui non sono stati compresi i meccanismi e le opzioni eventualmente offerte. Va poi valutato bene il livello di rischio che si è disposti ad assumere. Le somme investite nella componente finanziaria (unit linked) infatti non sono garantite dall’impresa e il rischio di investimento resta a carico dell’assicurato. Ulteriore caveat è poi una adeguata attenzione da prestare al significato delle parole. Nel fascicolo informativo vengono infatti a volte usati termini come «capitale protetto», «protezione fino al 90%» e così via, che sembrano indicare che l’impresa si impegni a restituire tutto o parte del capitale investito. In realtà questi termini, sottolinea il documento dell’Ivass, non equivalgono a una garanzia effettiva, ma esprimono solo un obiettivo della gestione finanziaria. Attenzione poi alle domande per la profilatura del cliente. Per accertare che il prodotto sia adeguato l’intermediario deve rivolgere una serie di domande al cliente, che portano alla sua classificazione come persona con propensione al rischio: bassa, media, alta (in maniera similare alla profilatura Mifid). Il sottoscrittore deve quindi pretendere che queste domande gli siano effettivamente rivolte. E lo stesso risparmiatore deve rispondere in prima persona, senza delegare la compilazione del questionario all’intermediario. Ulteriore profilo di attenzione è quello dell’onerosità del prodotto. Nel fascicolo informativo, ricorda l’Ivass, deve esserci una tabella con i costi medi percentuali annui della polizza. Se il costo annuo è pari ad una determinata percentuale significa che occorre una redditività annua superiore per non finire in perdita. In ultimo va prestata attenzione ai trasferimenti di somme nel durante. Va allora verificato se sono previsti meccanismi di riallocazione del capitale tra le diverse componenti (garantita e non) nel corso della durata del contratto, effettuati automaticamente dall’impresa. In tal caso è opportuno farsi spiegare bene dall’intermediario in cosa consistono, quanto costano e quando si attivano. (riproduzione riservata)

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