La quota di Tfr da destinare alla previdenza complementare potrà essere determinata dalla contrattazione collettiva. Per i lavoratori disoccupati sarà più facile riscuotere sotto forma di rendita anticipata il capitale accumulato nel proprio Fondo pensione.

Sono queste, in estrema sintesi, le novità più importanti in materia contenute nella nuova legge sulla «concorrenza» (n.124/2017 in G.U. n. 189 del 14 agosto 2017), approvata dopo oltre due anni di gestazione. Le modifiche all’impianto della previdenza integrativa (decreto legislativo n. 252/2007), vengono incontro alle sollecitazioni della Covip (l’Autorità di vigilanza del settore) con l’obiettivo di agevolare le adesioni anche nelle aziende con meno di 50 dipendenti, per le quali si continua a riscontrare un tasso decisamente basso.

La destinazione del Tfr maturando ad un Fondo complementare è una scelta libera del lavoratore, il quale può decidere se lasciare la liquidità nell’impresa, e riscuoterla alla fine della carriera lavorativa, oppure se metterla (per intero) in un Fondo complementare, per avere una rendita integrativa della pensione pubblica obbligatoria.
In sostanza, il lavoratore ha solo due alternative: o trasferire l’intera quota del Tfr maturando o lasciarla all’azienda e riceverla una volta cessato il rapporto. Se non viene fatta alcuna scelta, il Tfr comunque finisce in previdenza integrativa: nel fondo pensione aziendale o settoriale ovvero, se questi fondi non esistono, a FondInps (fondo pensione operativo all’Inps).

Con la modifica contenuta nella nuova legge, invece, gli accordi collettivi (anche a livello aziendale) potranno decidere quanta parte del Tfr potrà essere destinato alla previdenza complementare e quanta lasciarne in azienda in modo da superare le resistenze dei lavoratori connesse alla perdita integrale di tale forma di liquidità.

In assenza di indicazioni da parte della contrattazione collettiva, specifica la nuova norma, il conferimento della quota destinata alla previdenza complementare continua ad essere (come prima) per intero (al 100%). La nuova norma concede decisi margini di flessibilità agli accordi, seguendo le osservazioni avanzate dalla Covip.

Per il conseguimento della pensione integrativa valgono gli stessi requisiti fissati per il diritto alla pensione obbligatoria (quella Inps). Una novità della nuova legge riguarda la possibilità di ottenere la pensione integrativa prima (una sorta di prepensionamento). In base alle regole previgenti, la possibilità veniva riconosciuta ai lavoratori in caso di cessazione del lavoro e disoccupati da più di 48 mesi e per un anticipo massimo di 5 anni rispetto ai requisiti ordinari. Più precisamente, le novità sono le seguenti:

a) riduzione a 24 mesi del periodo d’inoccupazione per il diritto all’anticipo della pensione integrativa;

b) l’anticipo può riguardare sia tutta la pensione integrativa e sia parte di essa e può essere richiesta anche in forma di rendita temporanea, cioè fino alla maturazione dei requisiti per il diritto alla pensione obbligatoria;

c) i fondi pensione possono elevare l’anticipo da 5 anni (il minimo previsto per legge) fino al massimo di 10 anni.

La legge prevede, infine, la convocazione di un tavolo di consultazione per avviare un processo di riforma delle forme pensionistiche complementari. Tra le finalità di quest’ultima, l’individuazione di strumenti di informazione per l’educazione finanziaria e previdenziale e in materia di forme di gestione del risparmio, inteso alla corresponsione delle prestazioni previdenziali complementari.