di Andrea Pira
La brezza della ripresa continua a soffiare sull’economia globale. Iniziata nella seconda metà del 2016, ha trovato conferma nei primi sei mesi di quest’anno. Tuttavia i motori che spingono la crescita non agiscono in sincrono. Tiene l’Europa, uscita indenne dalle incertezze politiche del voto in Francia, Paesi Bassi e Austria (è per il futuro sembra rassicurare l’eventualità che l’Italia vada a elezioni nel primo trimestre 2018). Sono sulla via della stabilizzazione le economie emergenti.

Deludono invece, in parte, gli Stati Uniti, il cui pil dovrebbe mantenersi in linea con la media degli anni post-crisi. Gli Usa sono anche il Paese nel quale i rischi politici, a differenza che altrove, non dovrebbero attenuarsi. Pesano il rischio di un mancato accordo nel Congresso sull’innalzamento dell’indebitamento; l’eventualità che dopo le elezioni di metà mandato nel 2018 una maggioranza democratica possa mettere sotto impeachement Trump; un’escalation delle tensioni nella penisola coreana.

Questa la fotografia che emerge dall’ultimo aggiornamento sui mercati mondiali realizzato da Euler Hermes, che per il 2017 e il 2018 prevede un’espansione del pil globale del 2,9%, per il settimo anno consecutivo sotto l’asticella del 3%. La società di assicurazione crediti del gruppo Allianz individua cinque fattori che potrebbero imprimere un’accelerazione a questo trend, la cui qualità però potrebbe essere inficiata da altrettanti effetti negativi.

Oltre alle considerazioni di natura politica, la reflazione dovrebbe mantenersi moderata grazie a una relativa stabilità dei prezzi del petrolio, a una ripresa delle valute negli emergenti e a un’accelerazione dei salari limitata, in linea con la ripresa dell’occupazione. Pertanto l’inflazione dovrebbe attestarsi quest’anno e nel 2018 rispettivamente al +2,2% e +2,5% negli Usa, a +1,6% (stabile) nella Ue e a +4,9 e +4,1% nei mercati emergenti. In questi ultimi però, almeno nel 2017, continueranno a crescere insolvenze tra le aziende, con punte del +13% in Brasile e del +10% in Cina. Inoltre la reflazione, evidenziano gli economisti Ana Boata e Ludovic Subran di Euler Hermes, potrebbe aver ripercussioni sul potere d’acquisto e sui margini delle imprese.

Altra nota positiva: l’aumento dei consumi, accompagnato dal ciclo degli investimenti (si stima che quelli diretti esteri in Europa possano toccare i 600 miliardi di dollari a fine 2018). L’altra faccia della medaglia è il timore di un eccessivo indebitamento, privato negli Usa e negli emergenti, pubblico in Europa. Il primo semestre dell’anno ha inoltre visto un ripresa delle esportazioni globali in termini sia di volumi sia di valore. Ad aprile l’aumento è stato del 2,3% sull’anno precedente.

Lo spettro del protezionismo continua però ad aleggiare, benché l’imposizione di nuove misure di ostacolo al commercio si stia stabilizzando. Ultimo fattore è il persistere di politiche monetarie accomodanti, ma con il rischio di arrivare con il fiato corto e con ulteriore stress finanziario a un’eventuale prossima crisi. (riproduzione riservata)
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