di Paola Valentini
pensioni
Quando il prossimo 6 settembre, alla ripresa dei lavori, il governo ricomincerà il giro di incontri con le parti sociali sulla riforma delle pensioni che dovrebbe trovare spazio nella legge di Stabilità 2017, uno dei temi che terrà banco sarà anche quello del riscatto di laurea. Tra le opzioni sul tavolo ci potrebbe essere l’uscita anticipata utilizzando gli anni di corso universitario. Un meccanismo che per anni è stato utilizzato da molti laureati per avvicinare il momento della pensione. Ma oggi non è più così: è possibile riscattare il periodo degli studi per aumentare l’importo dell’assegno mensile della pensione. Soltanto una parte di lavoratori può beneficiare del riscatto anche per andare in pensione prima. È il caso di coloro che hanno iniziato a lavorare presto e il riscatto permette loro di agganciare i più favorevoli requisiti della pensione cosiddetta anticipata. Mentre non vi è alcun beneficio per chi è entrato nel mondo del lavoro tardi perché questi soggetti si ritireranno con i requisiti di età della pensione di vecchiaia. Come dimostrano le simulazioni di Progetica (società indipendente di consulenza finanziaria) nelle tabelle in pagina. «Si conferma che soltanto chi ha iniziato a lavorare poco dopo la laurea può beneficiare del riscatto per anticipare il momento della pensione. Per chi invece è entrato tardi nel mondo del lavoro, verso i 29 anni, non vi è normalmente nessun beneficio», spiega Andrea Carbone di Progetica.

La proposta allo studio, quindi, potrebbe essere quella di rendere possibile per tutti utilizzare il meccanismo del riscatto per incrementare gli anni di contributi versati favorendo così le pensioni anticipate. Proprio la flessibilità in uscita, ovvero la possibilità di superare le rigidità della riforma Fornero del 2012 che ha spostato in avanti di diversi anni l’età della pensione senza sconti, è al centro della riforma che nelle intenzioni del governo sarà inserita nella nuova Legge di Bilancio, la cui discussione inizierà in autunno. Ma bisogna tener presente che il meccanismo allo studio è differente da quello che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, aveva delineato qualche mese fa. Infatti in quel caso il lavoratore poteva decidere quanti contributi pagare per ogni anno di università, dando la possibilità di scegliere non solo il numero degli anni da recuperare, ma anche la somma da versare. Che attualmente è fissa perché è legata allo stipendio.
Ma quanto costa il riscatto di laurea oggi? Per chi ha iniziato a lavorare e quindi a versare contributi previdenziali prima del 1996 il calcolo è complicato perché viene fatto sulla cosiddetta riserva matematica, che è stimata dall’Inps in funzione dell’aumento della pensione: la cosa più semplice è fare domanda all’Inps per avere la stima del costo, senza impegno e con possibilità di chiederla ancora. Per i lavoratori con primo impiego dal 1996, che quindi rientrano nel metodo di calcolo interamente contributivo della pensione, il calcolo del costo è più semplice perché funzione del numero di anni da riscattare e della professione (in base a quest’ultima è diversa la quota di contributi previdenziali obbligatori del lavoratore). Il corrispondente onere è determinato infatti applicando l’aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda (nel 2016 le aliquote sono il 33% della retribuzione per i dipendenti, 23,1% per gli artigiani, 23.19% per i commercianti, 27,72% per autonomi con partita Iva). Per il calcolo dell’onere di riscatto la retribuzione cui va applicata l’aliquota è quella assoggettata a contribuzione nei 12 mesi precedenti.
Per questo nell’analisi realizzata da Progetica vengono indicati la categoria (dipendenti, autonomi legati alle gestioni separate, artigiani e commercianti) e il numero di anni da riscattare (tre e cinque). Dati alla mano, il prezzo da pagare non è basso. Ad esempio, per un dipendente con un reddito lordo annuo di 30 mila euro il costo di riscattare tre anni sarebbe di 29.700 euro, se ne volesse riscattare cinque si salirebbe a 49.500. Se lo stesso dipendente guadagnasse 40 mila euro lordi l’anno il conto salirebbe, rispettivamente, a 39.600 euro e 66 mila euro. Un iscritto alla gestione separata con un reddito di 30 mila euro dovrebbe versare, per coprire i tre anni di laurea, quasi 25 mila euro, per cinque anni invece 41.500. Cifre senza dubbio elevate, quasi da mutuo perché si può pagare a rate. «Si ricorda che il costo del riscatto è rateizzabile in dieci anni a interessi zero, e interamente deducibile per il lavoratore», spiega Carbone.

Al di là del costo, l’operazione, in base alle regole attuali, «è efficiente in termini finanziari», afferma Carbone. Dalla tabella in pagina si evidenzia bene come il riscatto, anche grazie alla deducibilità di quanto versato, produca sempre un’incremento di ricchezza media che è legato all’età di inizio contribuzione. Piuttosto «il lavoratore dovrebbe interrogarsi sull’obiettivo del riscatto: andare prima in pensione o aumentare l’assegno pensionistico? Il primo potrebbe non essere sempre raggiungibile. Se invece l’obiettivo fosse solo il secondo, potrebbe essere utile valutare altre forme di accantonamento ai fini previdenziali, che non investano nel pil italiano, come i fondi pensione», avverte Carbone. Il legame della pensione pubblica con l’economia è dovuto al fatto che il montante dei contributi versati ogni mese dal lavoratore (e dal suo datore di lavoro se dipendente) viene rivalutato ogni anno in base alla media del pil degli ultimi cinque anni. E un Paese che cresce poco, come l’Italia negli ultimi dieci anni, rischia di conseguenza di produrre pensioni da fame in un regime, quello contributivo, dove l’assegno previdenziale è legato a quanto si versa durante tutta la vita lavorativa.
La strada del fondo pensione potrebbe essere valutata, ad esempio, da chi ha ampi margini di deducibilità (grazie alla migliore tassazione finale), a chi potrebbe aver bisogno di liquidità in fase di accumulo (i fondi pensione erogano anticipazioni fino al 75% della posizione accumulata per particolari esigenze come spese mediche urgenti e acquisto prima casa) o al pensionamento (grazie alla prestazione in capitale almeno fino al 50% del montante accumulato). (riproduzione riservata)
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