di Luca Gualtieri

Nel suo ultimo giorno alla presidenza del Monte dei Paschi, Alessandro Profumo ha licenziato la prima semestrale in utile dopo un lungo periodo di trincea per l’istituto senese. I profitti si sono infatti attestati a 193,6 milioni a fronte della perdita da 353 milioni incassata nello stesso periodo dell’anno scorso, mentre nel solo secondo trimestre l’ultima riga di conto economico si è attestata a 121 milioni.

Il risultato ha sorpreso positivamente gli analisti che per la prima metà dell’anno si aspettavano profitti più contenuti: rispettivamente 86 milioni per Banca Imi e 166 milioni per Equita. Anche i ricavi, giunti a quota 2,426 miliardi, sono stati leggermente superiori alle aspettative, con una crescita del 25,3%. Al risultato hanno contribuito sia il margine di interesse (cresciuto del 20,6% per effetto Monti bond) che le commissioni nette (+6,4%), mentre gli oneri operativi sono calati dell’1,5% a 1,31 miliardi. Le rettifiche nette sui crediti si sono attestate a 984 milioni, in calo del 18,5%, mentre nel solo trimestre sono salite a 516 milioni (+10,2%). Per quanto riguarda i volumi, la raccolta complessiva è stata di 235 miliardi (+0,9% rispetto a fine anno), con una crescita della indiretta (+2%) e una sostanziale stabilità della componente diretta. Gli impieghi invece si sono attestati a 117 miliardi, in flessione sia rispetto al primo trimestre (-4,6%) sia rispetto a fine 2014 (-1,9%). 
Sul fronte patrimoniale, il Cet1 ha raggiunto quota 11,3%, mentre il Cet1 fully loaded si è portato a quota 10,7%, a fronte della soglia del 10,2% indicata dalla Bce. «I risultati mi sembrano molto buoni. La liquidità deriva dal fatto che la struttura ha fatto un ottimo lavoro e si vedono i risultati», ha spiegato Profumo che ha poi fatto un breve bilancio del lavoro svolto dal 2012 a oggi: «Se Mps non avesse avuto la cura che ha avuto e la capacità di fare il percorso fatto, forse non sarebbe a questo punto. Siamo stati capaci, con le nostre gambe e con quelle del mercato», ha continuato Profumo, «di tornare a essere una banca totalmente privata. E questo è un dato molto importante perché, se non fosse accaduto, continuo a essere convinto che ci sarebbe stato un impatto sull’intero sistema». Da parte sua l’ad Fabrizio Viola ha ricordato che, dopo la vendita di 1,3 miliardi di sofferenze, la banca sta gestendo la cessione di «una seconda tranche per un altro miliardo che prevediamo di cedere nella seconda metà 2015». Il banchiere ha inoltre ricordato che il cda in linea con la richiesta della Bce ha approvato le pietre miliari del processo di aggregazione, anche se «non c’è una data per completarlo». Quanto alla vertenza con Nomura sul caso Alexandria, il vicedirettore generale Bernardo Mingrone si è detto fiducioso che la banca ottenga «una buona compensazione». Alla data di lunedì 3 agosto il valore dello strutturato era di 750 milioni, dunque in caso di eventuale chiusura dell’operazione con Nomura «non ci sarebbe un impatto sul conto economico». Nel frattempo il cda ha convocato per martedì 15 settembre l’assemblea per la nomina del nuovo presidente, che quasi certamente dovrebbe essere Massimo Tononi. (riproduzione riservata)