Roberto Culicchi, responsabile del dipartimento equity capital markets dello studio legale Hogan Lovells in Italia, promuove i passi in avanti compiuti negli ultimi mesi sul fronte dell’accesso ai capitali da parte delle Pmi

Domanda. Ci sono aspetti critici nella legislazione che impediscono il definitivo decollo dei minibond?

Risposta. Lo sforzo compiuto dal legislatore è stato notevole. Il mercato è partito in sordina, ma mostra ritmi costanti di crescita.

D. Va comunque detto che finora le emissioni hanno riguardato più le medie, che le piccole imprese

R. In una situazione di mercato come quella attuale, caratterizzata da tassi di interessi particolarmente bassi, il costo del capitale di debito associato all’emissione di un minibond non è competitivo rispetto al credito bancario. Ma il vero vantaggio di questi strumenti è nella possibilità di diversificare le fonti di finanziamento rispetto alle banche, in modo da ridurre i rischi.

D. Vi sono altri strumenti per aggirare il credit crunch?

R. Vedo spazi nell’ambito delle cartolarizzazioni. È il caso dei minibond di distretto, a opera di una serie di emittenti appartenenti allo stesso distretto, sia in senso geografico, sia per settore di attività. Queste operazioni avrebbero il vantaggio di catturare l’attenzione di investitori che hanno soglie d’ingresso elevate e quindi non sono interessati a emissioni di una singola azienda.

D. Quali prospettive vede per l’Aim?

R. Ci sono già 68 aziende quotate al listino di Milano, ma molto può essere ancora fatto. Sia dal lato degli imprenditori, chiamati a un salto culturale che si traduce nella necessità di dotarsi di una struttura organizzativa efficiente, di una governance allargata anche a componenti diversi dallo stretto nucleo familiare e di una costante comunicazione con il mercato. Ma anche il legislatore potrebbe intervenire estendendo gli incentivi fiscali per chi si quota, in modo da attirare liquidità, la cui scarsità tiene lontani molti investitori istituzionali.