di Andrea Di Biase

Con l’esercizio al 30 giugno 2015, chiuso con un utile netto di 590 milioni a fonte di 2,05 miliardi di ricavi, si è chiuso il secondo dei tre anni su cui è proiettato il piano strategico di Mediobanca, presentato dall’ad Alberto Nagel nel giugno del 2013. Un piano i cui target, stando ai numeri illustrati ieri dopo l’approvazione dei conti da parte del cda nella serata di martedì, sembrano essere ormai alla portata di Piazzetta Cuccia, nonostante il numero uno operativo della banca parlando agli analisti abbia espresso cautela vista «situazione dei mercati con la sua volatilità». Di certo le indicazioni strategiche che erano state fornite al mercato nel giugno di due anni fa sono state ampiamente rispettate. La decisione, per certi versi storica, di ridurre in modo consistente il peso delle partecipazioni azionarie per concentrarsi maggiormente sul business bancario (sia corporate sia retail e private) è stata portata avanti con determinazione. In questi due anni Mediobanca si è liberata di partecipazioni per 1,1 miliardi (1,5 miliardi il target al 2016), realizzando plusvalenze per 366 milioni (di cui 126 milioni nell’ultimo esercizio). Ma anche l’impegno a far crescere i ricavi del solo business bancario, puntando al target di 2,1 miliardi al 30 giugno 2016, non sembra essere stato minore, considerato che nell’esercizio 2014-15 i proventi al netto delle partecipazioni strategiche (leggasi Generali) si sono attestati a 1,82 miliardi rispetto agli 1,55 miliardi del 30 giugno 2014. Un risultato che due anni fa, rileggendo ora i report di alcune case d’affari, non era certo scontato, visto che non tutti erano convinti della capacità di Mediobanca di raggiungere gli obiettivi annunciati nel corporate & investment banking. Questo per due ragioni: il difficile quadro macroeconomico italiano e la difficoltà che Piazzetta Cuccia avrebbe potuto incontrare nell’espansione sui mercati esteri, dove già operano affermate investment bank. I risultati, almeno per ora, sembrano invece giocare dalla parte di Nagel. Facendo leva su un business anticiclico, come quello del credito al consumo di Compass, i cui ricavi pesano circa il 60% sui proventi complessivi del gruppo, il management di Mediobanca ha potuto riorganizzare e internazionalizzare ulteriormente le attività di investment banking, il cui baricentro è stato portato a Londra, sotto la guida di Stefano Marsaglia, rafforzando allo stesso tempo i presidi in Spagna (con vista sull’America Latina), Francia e Germania e aprendone di nuovi in mercati emergenti come la Turchia e il Messico. Ciò ha fatto sì che più del 50% dei ricavi delle attività di corporate & investment banking derivino ormai dai cosiddetti «non domestic markets». Questo senza procedere ad acquisizioni di altre banche d’affari: una strategia di crescita che non è mai stata ritenuta conveniente in Piazzetta Cuccia. In questo senso va dunque inquadrato l’acquisto, annunciato ieri, del 51% in Cairn Capital (il 49% rimarrà in mano al management), una società londinese di gestione e advisory specializzata nel credito, che si inserisce nella strategia di Mediobanca di creare una piattaforma di alternative asset management, che porta in dote 5,6 miliardi masse gestite (tra Esperia, Cmb, Spafid e CheBanca! il gruppo sale così a 35 miliardi) e che in base al piano potrebbe incrementare i ricavi bancari di un ulteriore 15% al 2018. Ma se Nagel e i suoi collaboratori, dopo gli anni degli scontri di potere tra soci e management, hanno potuto concentrarsi sullo sviluppo della banca, un ruolo chiave l’hanno avuto anche i soci stabili di Piazzetta Cuccia, a partire da Unicredit e dal finanziere Vincent Bolloré. Se è infatti vero che dalla presentazione del piano gli azionisti di Mediobanca hanno visto il titolo recuperare il 120% circa, passando da 4,4 a circa 10 euro, e che quest’anno il dividendo salirà del 67% a 0,25 euro per azione, è altrettanto vero che i soci riuniti nel patto non hanno fatto mancare il proprio sostegno all’azione del management. Lo testimoniano le parole di ieri dell’ad di Unicredit. «Su Mediobanca sono contento dei risultati e della crescente politica di dividendo », ha sottolineato Federico Ghizzoni, secondo cui il patto di sindacato, che va in scadenza nei prossimi mesi «sarà rinnovato sostanzialmente sulle basi di oggi». «Non sono previsti cambiamenti, se non minimi ma non tali da metterlo in discussione», ha aggiunto, «quindi, credo che sarà un processo molto tranquillo». (riproduzione riservata)