Pagina a cura di Luigi dell’Olio 

 

La casa è sempre in cima alle priorità di investimento degli italiani, nonostante la crisi che ha investito il settore negli ultimi anni. Supera i mercati finanziari, che pure sono da tempo in un trend positivo e che vengono presi in considerazione prevalentemente con un’ottica di medio-lungo periodo. Si tratta di alcuni dei risultati che emergono da «L’indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2015», un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo, che hanno affidato le interviste alla Doxa.

Corsa alla casa di proprietà. In particolare, la quota di famiglie che occupano una casa di proprietà cresce dal 76% del 2000 al 79% del 2015. E non si può certo dire che i tre lustri sono stati positivi per l’economia italiana. Ma tanto basta per capire perché il governo Renzi abbia deciso di annunciare una politica pluriennale di riduzione delle tasse ponendo al vertice delle priorità proprio l’abolizione delle tasse sulla prima casa. Negli ultimi anni, spiegano gli autori del report, è rimasta stabile (si è espresso in questa direzione il 51% degli intervistati) la convinzione che l’immobiliare sia «un buon investimento a patto di usarlo/abitarlo».

Che questa percezione risponda al vero è, invece, un altro discorso. Di fatti proprio il mattone è il settore che con maggiore difficoltà si sta tirando fuori dalla lunga recessione, mentre i mercati finanziari sono reduci da tre anni di corsa quasi ininterrotta. Lo studio ricorda che gli investimenti nella costruzione di nuove abitazioni sono scesi del 58% tra il 2007 e il 2014, mentre le compravendite si sono sostanzialmente dimezzate nei sette anni considerati. Negli ultimi mesi sono arrivati segnali di risveglio dal fronte dei mutui, ma i massimi del pre-crisi restano ben lontani. I prezzi risentono di questo scenario, con un calo medio del 16% per quel che concerne l’usato, che nasconde però forti variazioni per classi: le case al centro e quelle più recenti hanno sostanzialmente tenuto, mentre in molti piccole città e nell’hinterland delle realtà più grandi vi sono stati crolli del 30% e oltre.

Si allunga l’orizzonte di investimento. Dalla ricerca emerge un dato che fa ben sperare per il futuro. Gli italiani stanno ricominciando a considerare gli investimenti finanziari per accumulare ricchezza: il desiderio di sicurezza resta prioritario (si è espresso in tal senso il 66% degli intervistati), ma si cominciano a cercare anche altre caratteristiche. In particolare viene riscoperto l’obiettivo di rendimento, pur se inquadrato in un’ottica di lungo periodo. Il che non può che portare a scelte razionali, capaci di resistere alla normale volatilità dei mercati. C’è anche la consapevolezza ormai diffusa che i tassi ai minimi storici lasciano pochi spazi di rivalutazione nel breve e che occorre considerare anche altre asset class nel proprio portafoglio. Non vi sono differenze significative nelle risposte tra i risparmiatori delle diverse età, mentre è discriminante il livello di istruzione, con una volontà di rischiare maggiore tra coloro che possiedono un titolo di studio più elevato. Mentre, tra le categorie professionali, i liberi professionisti sono quelli più disposti ad assumere rischi, con i pensionati all’estremo opposto. La quota di coloro che si dichiarano assolutamente contrari al rischio è inversamente proporzionale al reddito degli intervistati: quelli con limitate disponibilità finanziarie sono meno inclini a correre rischi nel momento in cui investono e preferiscono accontentarsi di rendimenti moderati pur di salvaguardare i propri risparmi.

Di negativo c’è che gli italiani si informano poco, come del resto evidenziato da diverse ricerche internazionali che ci collocano agli ultimi posti in Europa per cultura finanziaria. Il «vissuto quotidiano» e la famiglia di origine continuano a rappresentare, per la metà del campione, la principale fonte di informazioni in merito, mentre solo il 10% del campione si informa perché interessato (10,8%) o acquisisce informazioni specifiche grazie al proprio lavoro (12,5%). Il risultato è che quasi la metà degli italiani ritiene determinante nelle scelte di investimento il parere di amici, familiari o colleghi.

Si risparmia contro le brutte sorprese. Il 62% degli intervistati ritiene il risparmio «indispensabile» o «molto utile» e il dato sale al 94% se si includono coloro che lo giudicano «abbastanza utile». La crisi ha portato dal 2000 in avanti a una progressiva riduzione del numero di famiglie che riesce a risparmiare, ma nei primi mesi del 2015 viene segnalato un progresso di ben cinque punti percentuali rispetto al 2012 (dal 38,6 al 43,7%). Chi risparmia, lo fa principalmente per cautelarsi da eventi imprevisti (48%). I figli sono al secondo posto, citati dal 23% dei risparmiatori, mentre la casa è al quarto (9%), preceduta anche dalla preoccupazione di non avere risorse a sufficienza per la vecchiaia (19%). Un terzo di coloro che risparmiano per la vecchiaia lo fa per garantirsi un’adeguata assistenza medica. Segno evidente delle preoccupazioni diffuse su quello che potrà riservare il futuro, a fronte di una spesa pubblica nel campo dell’assistenza che va via calando.

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