di Francesca Gerosa

Il titolo Exor ha rimbalzato ieri in borsa chiudendo a 45 euro, in crescita dell’1,9% all’indomani del rafforzamento della holding piemontese nel capitale dell’Economist. Un prezzo, 405 milioni di euro per salire dal 4,7 al 43,4%, che nella maggior parte dei casi ha avuto il placet delle banche d’investimento.

Equita, anche in considerazione del premio di maggioranza (la finanziaria degli Agnelli ha acquistato il 100% delle azioni B che garantiscono qualche potere aggiuntivo anche se i diritti di voto non supereranno il 20%) e della notorietà/qualità del brand: il multiplo enterprise value/vendite 2015 è atteso in 2,4 volte mentre quello prezzo/utile è 16 volte sulla base di risultati sostanzialmente stabili. Anche per Mediobanca il prezzo pagato dalla holding è ragionevole, se non addirittura basso visti i numeri 2015 della rivista inglese (il bilancio si chiude il 31 marzo) che hanno mostrato un margine operativo del 18,3%, vendite pari a 328 milioni di sterline, un utile operativo di 60 milioni di sterline, un utile netto di 46 milioni (14% del fatturato) e praticamente niente debiti (17 milioni di sterline più 33 milioni di passività pensionistiche). Inoltre l’Economist ha registrato un flusso di cassa operativo di 60 milioni di sterline, che implica un rapporto cash flow/capitalizzazione di mercato (o il prezzo pagato in questo caso) dell’8,1%. 
Exor ha quindi valutato l’Economist a 13 volte il rapporto enterprise value/ebit rispetto alle 14,1 volte dei competitor, quindi con uno sconto del 14%. Notevole poi il dividend yield dell’Economist, intorno al 6%, una caratteristica comune delle recenti acquisizioni della holding. «Con quasi 41 milioni di sterline di dividendo pagato sul bilancio 2015, il dividend yield è stato del 5,6% ma negli ultimi tre anni è stato superiore al 6%», ha osservato Mediobanca che, considerando i potenziali dividendi dalla Ferrari, di PartnerRe, dell’Economist e di Cnh, ha calcolato che Exor possa incassare poco meno di 700 milioni sul bilancio 2016, da ricevere nel 2017. La holding ha precisato che finanzierà l’operazione con la cassa disponibile ma i broker si aspettano che la società, per mantenere il suo rating a livello di investment grade, effettui alcune cessioni di asset minori, come il fondo Black Ant (384 milioni secondo la stima di Banca Imi). Exor potrebbe anche vendere parte delle azioni proprie (9,7% del capitale), di valore prossimo a 1 miliardo.

In base a tutto questo Equita ha mantenuto il rating hold sul titolo Exor ovvero lo stesso giudizio di Banca Imi. Invece Mediobanca ha ribadito il rating outperform e ha alzato il target price da 48,6 euro a 50,80. «Secondo i nostri calcoli il net asset value per azione di Exor è di 54,7 euro, evidenziando così uno sconto del 16,8%. Ci piacciono i numerosi asset in bilancio alla holding e, assumendo un valore di Fca pari al nostro target price a 17,5 euro, lo sconto sul net asset value sale al 24% con un nav per azione di 59,8 euro. Uno sconto più equo del 15% ci porta al nostro nuovo prezzo obiettivo di 50,8 euro», hanno spiegato i broker della banca d’investimento, convinti che l’imminente ipo della Ferrari possa fungere da catalizzatore anche per il nav della holding (riproduzione riservata)