di Maria Domanico 

 

Il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente.

Lo hanno ribadito i giudici della terza sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 16197 dello scorso 30 luglio.

Il thema decidendum. Gli Ermellini sono stati chiamati ad esprimersi su un caso in cui un giovane, di anni 18, in seguito a uno scontro con un autocarro che aveva omesso di arrestarsi a un segnale di Stop, aveva riportato una invalidità permanente del 90%, con marcato danno psichico e altri problemi.

Il Tribunale aveva liquidato una somma a favore del giovane vittima dell’infortunio infortunato, e, separatamente, una somma a favore del padre ed una somma a favore della madre.

Nel successivo giudizio d’appello la somma a favore dell’infortunato era stata ridotta, poiché la Corte d’appello ha riunito in un’unica voce i danni biologici e i danni morali, ed ha aumentato la liquidazione del danno a favore della madre.

Il giudizio in Cassazione. Davanti ai giudici della Cassazione i ricorrenti lamentavano che la Corte di appello avrebbe violato il principio per cui il risarcimento dei danni non patrimoniali deve essere integrale ed effettivo, nel capo in cui ha riassorbito il risarcimento dei danni morali nella somma attribuita all’infortunato in risarcimento del danno biologico: somma che ha ritenuto comprensiva di tutte le conseguenze non patrimoniali delle lesioni, anziché procedere alla c.d. personalizzazione del danno e del relativo compenso, sì da tenere conto, in aggiunta al danno biologico, delle molteplici e dolorose limitazioni che le lesioni hanno apportato alla sua vita affettiva e relazionale.

E hanno poi sollevato analoghe censure quanto all’omessa liquidazione dei danni c.d. esistenziali, consistenti nel grave pregiudizio arrecato dal sinistro alle attività extralavorative, alla vita affettiva, alla sessualità, alla perdita da parte dell’infortunato delle opportunità di costituirsi una famiglia e delle conseguenti gratificazioni affettive.

Danno morale e danno biologico. I giudici di Piazza Cavour hanno, pertanto, ribadito, secondo anche un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. civ. Sez. 3, 3 ottobre 2013 n. 22585; Cass. civ. Sez. Lav. 16 ottobre 2014 n. 21917), che il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente, «non solo in forza di quanto normativamente stabilito dall’art. 5, lettera e), dpr 3 marzo 2009, n. 37, ma in ragione della differenza ontologica fra le due voci di danno, che corrispondono a due momenti essenziali della sofferenza dell’individuo: il dolore interiore e la significativa alterazione della vita quotidiana».

© Riproduzione riservata