Fondi pensione con il freno a mano tirato sugli investimenti in economia reale. La lista di asset e le modalità previste per poter usufruire del credito di imposta del 9% previsto dalla legge di stabilità 2015 e disciplinato all’interno del decreto del Mef del 19 giugno 2015 pubblicato in Gazzetta Ufficiale la settimana scorsa sono, infatti, poco chiari (si veda ItaliaOggi del 31 luglio 2015)). A sottolinearlo, Assoprevidenza, tramite una nota diffusa ieri con la quale l’associazione che rappresenta i fondi pensione ha puntato l’indice soprattutto sul criterio della «prevalenza». Il decreto del Mef, infatti, prevede che le attività finanziarie in cui investire siano relative a soggetti operanti prevalentemente in uno dei settori agevolati (infrastrutture e società non quotate). «Tuttavia», ha sottolineato Assoprevidenza, «non è fornita nessuna indicazione con riguardo alla misurazione e alle verifica della prevalenza. Non è chiaro, infatti, se debba farsi riferimento alla struttura dei ricavi o alla struttura dei costi, o ancora la complesso delle attività di investimento. Peraltro c’è da chiedersi se possa essere ritenuta sufficiente la soglia del 50% o se debba ritenersi operante una soglia più elevata. E in attesa di chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria, è opportuno che i fondi pensione si adoperino per acquisire ogni compiuta informazione dai soggetti in cui investono o intendono investire, così da verificare effettivamente le linee di impiego». Dubbi, inoltre, sugli investimenti in organismi di investimento collettivo del risparmio. «Il decreto sembrerebbe consentire che l’investimento in organismi di investimento collettivo del risparmio i quali, a loro volta, investano in società non quotate (che svolgono attività diverse da quelle bancaria, finanziaria e assicurativa) sia agevolato a prescindere dalla residenza di dette società non quotate. Il requisito della residenza previsto (in Italia, Ue o See) sembra infatti testualmente riferito all’organismo di investimento collettivo del risparmio, non già alle società in cui l’Oicr investe. Si tratta», ha concluso Assoprevidenza, «di una conclusione palesemente incoerente con le finalità e la restante disciplina del decreto, che richiede sempre che il destinatario ultimo dell’investimento, in via diretta o indiretta (tramite Oicr), abbia la residenza in Italia, Ue o See».