di Benedetta Pacelli  

 

Il regolamento sulla responsabilità civile e professionale dei medici esce dal pantano. Ma prima che il provvedimento attuativo della legge Balduzzi (158/2012), chiamato a disciplinare quei requisiti minimi cui dovranno ispirarsi i contratti assicurativi per garantire il rischio di esercizio dell’attività medica e sanitaria, entri in vigore ci sarà da aspettare ancora un bel po’.

Nessuna attesa invece per l’obbligo, però, che resta confermato per il 15 agosto. Un obbligo cui tutti i camici bianchi liberi professionisti dovranno assolvere, senza alcun riferimento normativo, sottostando piuttosto a quelle regole che ormai sono diventate prassi e che l’atteso regolamento puntava a calmierare: premi alle stelle e polizze elevatissime specie per alcune specialità. Ecco perchè in assenza di norme tutte le categorie interessate (medici, farmacisti, veterinari, psicologi, infermieri, ostetriche, tecnici sanitari di radiologia medica) chiedono a gran voce uno slittamento dei termini. A questo panorama si aggiunge un altro elemento di criticità: nel primo anno di entrata in vigore il provvedimento sarà privo del suo tassello principale, un fondo rischi sanitari a cui avrebbero dovuto attingere tutti i medici che non sono in grado di trovare una copertura sostenibile sul mercato.

Il dpr e il suo iter. Dopo un anno di discussione il regolamento come fanno sapere ufficialmente dal ministero della salute, «è stato inviato ai ministeri concertanti. Si aspetta il parere del Ministero per lo sviluppo economico per portarlo in prima lettura al consiglio dei ministri». Per un provvedimento di questa natura si tratta, infatti, di recepire il parere del Consiglio di stato, poi della Conferenza stato regioni per poi tornare quindi sul tavolo del Cdm. Un iter che, considerando anche la pausa estiva non si concluderà prima dell’autunno. Mandando in fumo, per ora, gli obiettivi per cui era stato pensato: agevolare la copertura assicurativa per le specialità a rischio, circoscrivere le responsabilità dei camici bianchi e limitare i costi dei risarcimenti.

Il fondo rischi. Tra le novità principali del provvedimento vi è la creazione di un Fondo rischi sanitari, pensato per garantire idonee coperture assicurative per chi opera nelle cosiddette aree a rischio, non tanto per il numero di incidenti quanto per l’onerosità dei risarcimenti per singolo sinistro, (ginecologia, chirurgia, ortopedia e anestesia), più di altre sottoposte a premi elevatissimi da parte delle compagnie assicurative. La Balduzzi prevedeva, infatti, che questo fondo fosse finanziato «in parte dai professionisti che ne facciano espressa richiesta» e in parte dalle imprese di assicurazione che esercitano il ramo della responsabilità civile sanitaria nella misura massima del 4% della raccolta premi della Rc sanità dell’anno precedente. Dunque, come ha spiegato a ItaliaOggi Luigi Conte, consigliere della Fnomceo (Federazione dei medici e degli odontoiatri), «non solo per ora saremo senza il fondo rischi, ma anche se ci fosse per ora, calcoli alla mano, sarebbe comunque insufficiente rispetto alle necessità. Si è parlato infatti di uno stanziamento pari a 20 milioni di euro, assolutamente inadeguato a garantire la copertura assicurativa a quei medici che non la trovano sul mercato».

Le richieste delle categorie. Nel frattempo le rappresentanze istituzionali delle professioni sanitarie in una lettera inviata al ministero della salute Beatrice Lorenzin chiedono una proroga dei termini visto il compito assegnato loro dal Balduzzi. Alle federazioni nazionali, infatti, ricordano le categorie, «è stato attribuito dalla legge il compito di stipulare convenzioni collettive per adesione, per assicurare ai professionisti condizioni uniformi e certamente più vantaggiose rispetto a quelle negoziabili singolarmente. In assenza dell’adozione del regolamento non è stato possibile avviare le procedure per la stipula delle suddette convenzioni collettive che ovviamente richiederanno tempi tecnici per vagliare le diverse proposte». Per questo le Federazioni nazionali chiedono al dicastero di disporre «una congrua proroga del termine per l’entrata in vigore dell’obbligo».