di Daniele Cirioli  

 Più facile il riconoscimento del danno biologico e morale. Basta un aggravamento di malattia, senza necessità di nesso di causa (o di concausa). Lo stabilisce la Corte di cassazione nella sentenza n. 18247/2014 depositata ieri, dando ragione alla portiera che aveva citato in causa l’Enpaf per averle messo a disposizione un alloggio di servizio insalubre.

La lite. La portiera aveva fatto causa per far condannare l’Enpaf a risarcirle i danni biologici e morali subiti in conseguenza dell’insalubrità dell’alloggio di servizio che l’ente di previdenza e assistenza dei farmacisti le aveva assegnato per lo svolgimento della sua attività di lavoro. La portiera lamentava di avere sviluppato una grave patologia artrosica, proprio in conseguenza dell’elevatissimo gravo di umidità dei locali siti al piano seminterrato. Il tribunale di Roma, tuttavia, rigettava la domanda ritenendo insussistente il nesso causale fra la patologia e le condizioni ambientali dell’alloggio. Lo stesso faceva la corte di appello di Roma in seguito ad una nuova perizia medico-legale, condannando anzi la portiera al pagamento delle spese legali.

La decisione. La vicenda finisce così in cassazione e ottiene un completo ribaltamento. Infatti, la suprema corte dà ragione alla portiera e rinvia la decisione a una nuova corte di appello, per il riesame della vicenda alla luce di un nuovo principio. Secondo i giudici di Cassazione la Corte di appello (di secondo grado) ha sbagliato nell’escludere l’esistenza di un nesso causale o concausale fra le condizioni insalubri dell’alloggio e la patologia sofferta dalla portiera, pur riconoscendo alle predette condizioni «un ruolo d’aggravamento del sintomo doloro e sulle reazioni antalgiche». Al contrario invece, si legge nella sentenza, «deve ritenersi che l’aggravamento dello stato di dolore fisico e della menomazione funzionale correlati a una malattia avente altra eziologia (nel caso, la patologia artrosica) integri una menomazione ulteriore dell’integrità psico-fisica dell’interessato (quale quota di invalidità aggiuntiva rispetto a quella che sarebbe derivata dalla patologia principale) che si pone in diretto rapporto causale coi fattori che tale aggravamento hanno determinato».