di Donatella C. Marino*

Chi si sta facendo costruire una casa nuova, partendo da zero, spesso vuole introdurre materiali che si è scelto personalmente: quel particolare travertino, quel parquet in essenza legnosa rara, o semplicemente le mattonelle che l’amico grossista può far avere a un prezzo speciale. Bene, è importante porsi il problema di chi si assume il rischio degli eventuali difetti, perché non è così scontato su chi ricade la responsabilità nel caso in cui il materiale «faccia acqua». E proprio di acqua si tratta nella recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione dello scorso giugno. Il signor Rossi (nome di fantasia) affida a una società di costruzioni i lavori di ristrutturazione nel proprio immobile in Liguria, ma vuole fornire lui, direttamente, alcuni materiali, tra cui dei particolari mattoni in argilla espansa e malta che aveva acquistato per conto proprio da un’altro fornitore. A lavori finiti, ecco apparire infiltrazioni d’acqua sui muri esterni: il signor Rossi, munitosi di apposita perizia tecnica, fa causa sia al costruttore che al fornitore dei mattoni. Il Tribunale di Genova gli dà ragione, almeno per quanto riguarda le richieste verso il costruttore, il quale prontamente fa appello. E la sentenza di secondo grado in effetti cambia idea e accoglie le richieste del costruttore. Secondo la Corte d’Appello di Genova il signor Rossi non aveva consegnato al costruttore la scheda tecnica dei mattoni (che invece gli era stata data dal fornitore) in cui veniva chiarito che si trattava di un materiale particolare, la cui posa in opera richiedeva precisi accorgimenti per ottenere la migliore resa in termini di idrorepellenza: era quindi onere del signor Rossi rendere note al costruttore le caratteristiche del materiale acquistato. Anche perché la perizia del Tribunale chiariva che, a un semplice controllo dell’aspetto dei mattoni utilizzati, il costruttore non aveva avuto modo di dubitare della loro adeguatezza né immaginarne le particolarità.

Nessuna responsabilità invece per il fornitore di mattoni, secondo la Corte d’Appello: i mattoni non avevano difetti, sempre secondo la perizia, ed erano dotati di caratteristiche di idrorepellenza conformi alle normative tecniche europee in materia e alle schede tecniche fornite.

Il signor Rossi, soccombente quindi in appello, a quel punto non esitava ovviamente a ricorrere alla Suprema Corte di Cassazione che ribaltava nuovamente il giudizio tornando a dargli ragione: gli articoli del codice civile sull’appalto non erano stati correttamente interpretati dalla Corte d’Appello di Genova. Secondo l’art. 1655 del Codice civile, infatti, il costruttore, quando accetta l’appalto, deve realizzare l’opera con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio. Il tutto con la massima autonomia di decisione e il conseguente rischio, proprio per questo interamente a suo carico. Il costruttore ligure era quindi obbligato a realizzare i lavori commissionatigli in modo tale da rispondere alle esigenze del signor Rossi, indipendentemente dal fatto che era stato quest’ultimo a fornire i mattoni. Il costruttore avrebbe in particolare dovuto avvisare il signor Rossi dei possibili problemi che potevano compromettere la ristrutturazione e fermarsi: unico modo per procedere con quei mattoni senza esserne responsabili sarebbe stato che il signor Rossi, debitamente avvisato, avesse insistito espressamente per procedere con il proprio materiale, assumendo così in proprio anche i rischi. Ma non è stato questo il caso. (riproduzione riservata)

*avvocato