di Carlo Giuro

 

Uno dei principali obiettivi che l’Europa delle pensioni integrative in costruzione si propone di perseguire è rappresentato dalla operatività transfrontaliera da parte degli strumenti. La strada da percorrere appare però ancora particolarmente lunga alla luce del recentissimo Report annuale dell’Eiopa sui fondi pensione cross border. Lo studio fornisce una visione evolutiva generale nel periodo giugno 2012-giugno 2013. Quali sono le principali evidenze? Nell’intervallo considerato si sono attivati due nuovi strumenti previdenziali trasfrontalieri ma ben 4 hanno cessato la propria attività. Complessivamente si è determinata allora una riduzione del numero dei fondi cross border che si colloca a 82 (quelli complessivamente operanti in Europa sono circa 120 mila) rispetto ai precedenti 84 catalogati nel 2012. Il numero delle Home Countries (vale a dire i Paesi in cui il fondo pensione ha la propria sede legale) non è invece variato e rimane pari a nove. Il numero degli Host Countries (vale a dire il Paese in cui il fondo pensione opera e a cui si applica la relativa normativa giuslavoristica) è diminuito di tre ed è pari a 19. Da evidenziare come l’Italia non è presente tra le Home Countries ed è invece presente come Host Country con riferimento a un fondo pensione belga e a un fondo lussemburghese. L’incremento dell’attività cross border rappresenta una delle linee guida della previdenza integrativa su base comunitaria sia nel Libro Bianco delle pensioni che nel processo di revisione della Direttiva Iorp 2003/41/Ce, ancora in corso. Il tutto in un contesto particolarmente variegato tra i 27 Paesi membri della Ue sia in termini di struttura finanziaria che di legislazione sociale con Paesi particolarmente avanzati come modello di previdenza integrativa come i Paesi Bassi e ai primi passi come i Paesi dell’Est (in Ungheria i fondi pensione sono stati addirittura recentemente nazionalizzati) con forte influenza dell’assetto obbligatorio. Una maggiore operatività transfrontaliera sembra infatti necessaria in considerazione della tendenza ad una maggiore mobilità professionale. A tal proposito va poi rammentato come il Consiglio occupazione abbia recentemente fornito dato il via libera alla portabilità delle pensioni integrative, che incentiverà la mobilità dei lavoratori all’interno dei confini continentali in Europa. L’accordo deve ora essere approvato dal Parlamento Ue. Va evidenziato come la mobilità previdenziale viene individuata come elemento essenziale anche dal recente documento approvato dalla Commissione europea contro la disoccupazione giovanile. Per costruire un mercato del lavoro europeo con una prospettiva a più lungo termine si evidenzia infatti che occorre rendere l’Europa più dinamica e flessibile pur garantendo l’esistenza dei meccanismi di protezione necessari per i cittadini che esercitano i loro diritti di vivere, lavorare e studiare all’estero. Tra i principali provvedimenti da adottare in tempi brevi vengono evidenziati la direttiva sulle qualifiche professionali, la direttiva per l’attuazione dei diritti dei lavoratori mobili e proprio la direttiva in materia di portabilità dei diritti a pensione complementare. La Commissione si sta inoltre dedicando all’elaborazione di norme più a misura del cittadino sul coordinamento della previdenza sociale in materia di indennità di disoccupazione e sta esaminando la possibilità di autorizzare il versamento di tali sussidi per un periodo superiore agli attuali tre mesi per i lavoratori in cerca di un impiego in un altro Stato membro. La direttiva sulla portabilità delle pensioni integrative chiede agli Stati di applicare uno standard minimo di regole che consenta l’acquisizione e la conservazione dei diritti sulle pensioni integrative per le persone che vanno a lavorare in un altro Stato Ue. Gli Stati membri rimangono responsabili della portabilità interna, cioè quando un lavoratore cambia occupazione nello stesso Paese, ma la Commissione auspica che gli stessi standard si applichino anche a questi casi. Il Parlamento europeo raccomanda poi, nella relazione al Libro Bianco delle pensioni, alla Commissione e agli Stati membri interessati a raggiungere un accordo in relazione alle pensioni transfrontaliere, in particolare su come evitare una doppia imposizione esaminando e rimuovendo altresì gli ostacoli di diritto contrattuale. (riproduzione riservata)