I giovani di oggi devono fare i conti con un’eredità difficile sia in termini occupazionali sia in termini previdenziali. In più la prolungata recessione economica sta impattando anche sul calcolo delle pensioni future. Il montante contributivo, in base a quanto previsto dalla riforma Dini, è rivalutato annualmente sulla base della media quinquennale del pil. Quello che finora ha attenuato la decurtazione è la circostanza per cui il pil preso in considerazione è quello nominale, tendendo cioè conto dell’inflazione e non quello reale. Diventa quindi sempre più necessario attivarsi per tempo per costruire un percorso di integrazione pensionistica.

L’errore da non commettere è quello della «aspettativa adattiva» o backward looking, vale a dire adattare il proprio comportamento a quello delle generazioni precedenti. Inconsciamente, vedendo il proprio genitore andare in pensione, si potrebbe ritenere che anche per noi sarà la stessa cosa. Va invece compreso che le generazioni precedenti rientravano nell’applicazione del metodo retributivo mentre le nuove generazioni rientreranno piuttosto nel metodo contributivo.

Altro elemento da prendere in considerazione, in un Paese come l’Italia geneticamente affetto dalla sindrome del ritardo, il rinvio cioè delle decisioni importanti, riguarda la onerosità del rinvio della decisione: il non aderire si traduce infatti per i lavoratori dipendenti nella rinuncia implicita alla contribuzione datoriale (la media è di circa l’1,2% della retribuzione annua lorda) che su archi temporali ampi quali sono quelli prospettici di un giovane nei confronti dell’orizzonte previdenziale ha un effetto tutt’altro che irrilevante.

 

Per i lavoratori in genere vanno poi aggiunti i mancati rendimenti prodotti dai mercati finanziari e il mancato beneficio dei vantaggi fiscali, particolarmente esaltato dalla entrata in vigore dal 2007 delle nuove disposizioni normative secondo cui è possibile dedurre oggi con impatto sull’aliquota marginale Irpef con un rinvio di tassazione al pensionamento applicando una imposta sostitutiva del 15% che si riduce dello 0,3 per ogni anno di permanenza superiore al quindicesimo fino a una aliquota minima del 9%, ipotesi davvero molto verosimile per un giovane aderente. C’è poi l’innovativa previsione contenuta nel dlgs 252/05 in base alla quale ai lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore della Riforma (2008) e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui. Non va poi sottovalutato un ulteriore profilo: l’esigenza di costruire la previdenza integrativa rientra cioè nel più complessivo budget familiare che va dal pagamento delle rate del mutuo al finanziamento economico delle spese correnti; il tutto considerando che in giovane età e in epoca di flessibilità gli stipendi sono tutt’altro che un «lauto compenso». Il tempo non è cioè un concetto relativo: se per esempio si aderisce oggi all’età di 25 anni, l’orizzonte temporale di riferimento è di 40 anni, a legislazione invariata, prevedendo il pensionamento a 65 anni; si può versare, per mera ipotesi, 100 euro mensili, cifra compatibile con l’attuale pianificazione familiare. Se si decide piuttosto di non aderire, si sta rinviando una scelta che si dovrà comunque prendere, determinandosi di fatto la concentrazione dello sforzo finanziario in pochi anni: tra 30 anni, per avere lo stesso risultato finale (pensione integrativa) sarà necessario versare, sempre per ipotesi, 800 euro al mese, con incerta capacità di sostenimento economico.

 

Ma in concreto come è bene muoversi? Una volta decisa l’adesione, il passo successivo consiste nella scelta della forma pensionistica alla quale versare i propri contributi. Le più importanti valutazioni da fare sono rappresentate dalla professione: i giovani lavoratori dipendenti del settore privato è opportuno valutino l’adesione alle forme di previdenza collettiva di riferimento (fondo pensione negoziale o fondo pensione aperto ad adesione collettiva su base aziendale) in maniera tale da acquisire il diritto alla corresponsione del contributo datoriale. Nel caso dei giovani lavoratori dipendenti pubblici, in presenza di fondo pensione di categoria già attivi (Espero, Perseo, Sirio) o dipendenti da amministrazioni pubbliche non statali del Trentino-Alto Adige possono iscriversi a Laborfonds e quelli in servizio in Valle d’Aosta possono iscriversi a Fopadiva sembra opportuno valutarne con attenzione le caratteristiche. Per gli altri dipendenti degli altri comparti del pubblico impiego, sprovvisti di fondi pensione di riferimento e per il personale cosiddetto «non contrattualizzato» (magistrati, prefetti, diplomatici, avvocati dello Stato, professori universitari), la soluzione è quella della adesione a strumenti di previdenza individuale (fondi pensione aperti, pip).

Nel caso in cui dovesse partire il fondo contrattuale si potrà eventualmente trasferire la propria posizione individuale maturata. I lavoratori a termine, dotati anch’essi di tfr, conviene aderiscano al fondo di categoria se previsto, se dovesse interrompersi il rapporto di lavoro si può rimanere iscritti sospendendo la contribuzione. Nel momento in cui si attiverà un nuovo rapporto di lavoro, se nello stesso settore, si potrà riprendere la contribuzione allo stesso organismo previdenziale, in caso contrario si potrà trasferire la posizione individuale in neutralità fiscale. Eventuali «vuoti» lavorativi protratti possono colmarsi con soluzioni previdenziali individuali. Nel caso dei co.co.pro. (lavoratori a progetto) le soluzioni preferibili sono rappresentate dai fondi pensione aperti e dai piani individuali di previdenza realizzati attraverso contratti di assicurazione sulla vita. I giovani professionisti ed autonomi possono accedere a soluzioni di previdenza individuale o, se previsti e valutandone bene la convenienza, a forme di previdenza collettiva. Va anche rammentato, così come avviene per il riscatto laurea anche per la previdenza integrativa i genitori possono poi aiutare i figli se fiscalmente a carico usufruendo del beneficio della deducibilità sempre entro il limite complessivo annuo di 5.164,57 euro. Le soluzioni utilizzabili in questo caso possono essere rappresentate dai fondi pensione aperti e dai pip con adesioni su base individuale. È possibile poi anche la adesione a un fondo pensione di natura negoziale se tale facoltà sia espressamente prevista dallo statuto del fondo. (riproduzione riservata)