di Federico Unnia   

Con la complessità societaria, sta crescendo di pari passo la necessità di gestire correttamente le informazioni endosocietarie delle società di capitali. Questo sta diventando uno dei temi principali di cui si stanno occupando i penalisti che seguono imprese, banche e assicurazioni.

La recente vicenda Fondiaria Sai sta riproponendo di grande attualità il tema dell’abuso di informazioni societarie privilegiate.

Il recente maxi-sequestro eseguito dalla Guardia di finanza sui beni della famiglia Ligresti, per un controvalore di 250 milioni di euro, ha fatto segnare un passo fondamentale alle indagini sulla vicenda Fondiaria Sai. Il nucleo centrale dell’indagine ruota intorno al reato ipotizzato di false comunicazioni sociali e manipolazioni d’informazioni rilevanti per il mercato. Torna quindi di stretta attualità il tema della natura, classificazione e conseguente rilevanza penale delle informazioni endosocietarie.

«Una corretta gestione dei flussi informativi all’interno delle spa deve essere vista come una precondizione per il corretto svolgimento delle attività di gestione, valutazione e vigilanza dei diversi organi sociali. E questo con riferimento anche alle singole posizioni amministrative coperte dai singoli componenti il cda», dice Gaetano Presti, ordinario di diritto commerciale all’Università Cattolica di Milano, avvocato e presidente dell’Associazione Disiano Preite.

Le informazioni endosocietarie, insomma, sono una delle tematiche più complesse con le quali l’azienda e gli organismi di amministrazione, vigilanza e controllo debbono misurarsi. «Per quanto riguarda le informazioni dagli amministratori esecutivi al plenum del consiglio d’amministrazione occorre distinguere tra notizie retrospettive e preventive. Mentre le prime, finalizzate al compito di vigilare sul generale andamento della gestione, devono essere complete e integrali, le seconde, invece – dirette a consentire al plenum di assumere scelte consapevoli – devono essere bilanciate con altri interessi: in particolare, quello alla tempestività delle decisioni e quello, assai delicato, alla riservatezza della gestione» aggiunge Presti. Il compito di assicurare che l’informazione sia perspicua, non sovrabbondante, adeguata spetta al presidente del consiglio d’amministrazione, cerniera tra gli amministratori esecutivi e quelli non esecutivi. «Tanto il codice civile quanto il codice di autodisciplina delle società quotate devono, dunque, essere giudicati troppo timidi nella parte in cui non sanciscono in termini perentori l’incompatibilità tra la posizione di presidente e quella di amministratore delegato» aggiunge Presti.

In ultimo, sia in tema di informativa sia, più in generale, in tema di funzionamento dell’organo amministrativo, dovrebbero essere valorizzate le acquisizioni della psicologia cognitiva.

I risultati cui tale scienza è pervenuta hanno già dato luogo al filone della finanza comportamentale consentendo di superare il paradigma interpretativo dell’investitore razionale; anche l’approfondimento psicologico del comportamento dei gruppi di persone (con tutti i difetti delle dinamiche di discussione e decisione collettiva) merita di essere considerato con attenzione dai giuristi, in modo da fondare su più solide basi comportamentali la governance societaria.

Secondo Giovanni Meruzzi, associato di diritto commerciale all’Università di Verona, of Counsel dello studio Mercanti Dorio Associati e autore di una recente monografia sul tema dal titolo I flussi informativi endosocietari nella società per azioni, Cedam, «un efficiente ed efficace scambio di informazioni tra gli organi ed uffici della società è essenziale nel garantirne la corretta governance. L’aspetto è da tempo noto ed è confermato da un’ampia letteratura aziendalistica. È invece meno noto che con la riforma delle società per azioni del 2003 l’informativa endosocietaria ha assunto anche giuridicamente un ruolo centrale, con l’introduzione di un esplicito dovere di agire informato in capo agli amministratori».

Viene poi in rilievo l’ulteriore dovere di predisporre, in tale tipo sociale, assetti organizzativi e amministrativi adeguati. «Da quest’ultimo è agevole dedurre un obbligo di configurare flussi informativi idonei, per quantità e qualità, a far sì che l’obiettivo dell’agire informato sia realmente perseguito» sottolinea Meruzzi. «Si tratta di doveri che assumono rilievo anche nel valutare l’operato dell’organo di controllo, espressamente tenuto a vigilare su tali profili del governo societario. È quindi facile prevedere che la loro violazione giocherà un ruolo importante nelle future azioni di responsabilità di amministratori e sindaci. Il fallimento dei controlli interni dipende spesso dalla mancanza di un’adeguata circolazione delle informazioni tra organi ed uffici societari, come confermano gli scandali societari che hanno caratterizzato la cronaca, finanziaria e non, degli ultimi anni».

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