di Ignazio Marino  

Al via la possibilità per le Casse di investire «ulteriori» risparmi in misure di welfare a favore degli iscritti, quali tra l’altro prestazioni ai professionisti in crisi, interventi a sostegno delle pensioni o all’ingresso dei giovani nel mondo delle professioni ecc. La previsione è contenuta all’articolo 10-bis del decreto legge 76/2013 (Pacchetto lavoro) convertito con la legge 99/2013 in Gazzetta Ufficiale 196 del 22 agosto.

Una possibilità salutata dall’Adepp (l’associazione degli enti di previdenza dei professionisti) con molto entusiasmo che però a un’analisi più approfondita non avrà un impatto dirompente per il pianeta della previdenza privatizzata e privata che, al contrario, aspettava un’apertura più incisiva dal governo.

La norma. Con la legge 135/2012 (spending review) per le pubbliche amministrazioni inserite nell’apposito elenco Istat, all’interno del quale figurano anche le casse, è scattato l’obbligo di tagliare i consumi intermedi del 5% nel 2012 e del 10% a partire dal 2013 e di destinare questi risparmi in apposito capitolo di bilancio dello stato. Una norma costata già circa 10 milioni di euro agli enti previdenziali i quali avrebbero voluto lasciare queste risorse al loro interno per fare welfare a favore degli iscritti. Il Pacchetto Lavoro poteva essere l’occasione giusta per cambiarne, quindi, la destinazione finale. Ma dalla Ragioneria dello stato arriva la bocciatura, per un problema di copertura, all’emendamento che vede fra i suoi firmatari l’ex ministro del lavoro Maurizio Sacconi. A questo punto il correttivo viene rielaborato e infine approvato.

Due le novità dell’articolo 10-bis. La prima: le casse possono attuare dei piani di welfare ma solo con i risparmi aggiuntivi rispetto a quelli già previsti dalla Spending review. In sintesi: lo Stato non rinuncia alla previsione di incassare i suoi 7 milioni l’anno e se le casse trovano lo spazio per fare ulteriori economie buon per loro. La seconda: l’Adepp conquista un riconoscimento legislativo importante perché l’Associazione può avere un ruolo centrale nella partita del welfare.

Le reazioni. La norma è salutata come una grande conquista. Come dimostrano gli attestati di soddisfazione ancora visibili sui diversi siti internet di molti enti. Ma qualcuno, come il numero uno di Cassa geometri Fausto Amadasi, prende carta e penna e scrive sia al presidente dell’Adepp Andrea Camporese che agli altri colleghi per far notare che non è oro tutto ciò che luccica. Sottolineando che la norma nulla regala alle gestioni previdenziali, Amadasi invita l’Adepp a evitare i «toni trionfalistici nel far passare questa norma per quello che non è. Il risultato finale», si legge nella missiva, «è che continueremo a subire una sorta di prelievo forzoso, neanche dichiarato tale, e verifichiamo nei fatti una ulteriore compressione della nostra autonomia gestionale in quanto ci facciamo dire dal legislatore dove allocare eventuali ulteriori economie che saremo in grado di realizzare».

Lo scenario futuro. Alla lettera di fuoco di Amadasi, Camporese risponde con una sua per spiegare meglio la genesi degli eventi e di come un emendamento nato per lasciare nelle casse degli enti i risparmi si è dovuto piegare al «no» del governo e adeguarsi a una nuova finalità. Il presidente dell’Adepp evidenzia anche che la Ragioneria dello stato ha continuato a opporsi anche nella nuova versione dell’emendamento (che poi è passato non comportando una spesa) perché voleva che ulteriori risparmi (oltre a quelli della spending review) fossero versati allo Stato. Commentando l’ordine del giorno del consiglio dei ministri di ieri (sospeso e rinviato a lunedì), Camporese fa notare che nuovi tagli sono già in cantiere per le pubbliche amministrazioni dell’elenco Istat (e quindi pure per le casse) in materia di consulenze, auto blu e spese per il personale. «Nel caso in cui fossimo stati inclusi», dice, «le norme configgerebbero con l’art. 10-bis del dl Lavoro laddove si prevede che ulteriori risparmi, di sistema o di singola Cassa, rispetto alla precedente spending possano essere destinati al welfare delle singole professioni. Trattandosi di norma speciale prevale su quella emanata oggi dal consiglio dei ministri. È infatti chiarissimo il dettato della norma del dl Lavoro sia nel testo che nella relazione annessa».

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