Pagine a cura DI FEDERICO UNNIA L’ultima sentenza in ordine di tempo a fare scalpore è della Corte d’appello di Torino che, ribaltando la sentenza di primo grado del Tribunale, ha condannato la Asl al pagamento di un mega risarcimento di quasi 2 milioni di euro per la responsabilità conseguente un errore compiuto da un medico (poi deceduto nelle more del procedimento) che iniettò un vaccino anti tetano e anti difterite in una bimba di 5 anni poi rimasta in come vegetativo. Oggi, la sfortunata ha 29 anni. La sentenza ha riconosciuto la responsabilità della Asl verso i cittadini e quindi l’obbligo di risarcire il danno. Il tasso di litigiosità in sanità cresce del 300% l’anno Un fatto unico, verrebbe da dire, ma non è così se si pensa che ogni anno sono oltre 40 mila le denunce penali presentaste verso medici e strutture, il 90% delle quali risulta del tutto infondata. Ma il tasso della litigiosità cresce con in media di circa il 300% annuo. Con il conseguente rischio di un boom di analisi mediche difensive, ovvero decise dal medico al solo fi ne di scongiurare ogni possibile successiva contestazione, e una fuga generalizzata da parte delle compagnie di assicurazione che non intendono più assicurare strutture e medici. Secondo il recente studio Sanità pubblica e assicurazioni, il Fair Price del rischio di medical malpractice, promosso da Aiba (Associazione italiana brokers assicurativi) e Consap (Concessionaria servizi assicurativi pubblici), nell’ultimo decennio il rapporto sinistri-premi si è attestato al 150% e solo nel 2010 i sinistri di competenza pagati hanno raggiunto la cifra di 800 milioni di euro contro premi incassati per 500 milioni. «La responsabilità medica ha avuto una crescita importante, con passaggi giurisprudenziali e dottrinali di grande rilievo; al centro della travagliata relazione medico paziente domina l’interesse alla salute, comune a entrambi i soggetti della relazione, essendone uno il diretto titolare, l’altro il deputato, per il ruolo che riveste e la competenza, ad averne cura», spiega Lorenzo Locatelli, avvocato padovano che opera tradizionalmente a favore di ospedali, Case di cura, medici e sanitari in genere e delle loro compagnie di assicurazione in relazione ad ipotesi di malpractice. «Un rapporto di tipo cooperativo, teso ad incrementare il benessere del soggetto, attraverso un’attività che, però, espone quel bene al rischio di tradursi in danno: in tal senso, l’attività medica è da considerarsi tendenzialmente utile ma potenzialmente dannosa». Come noto la materia ha assistito ad una profonda evoluzione. Non solo la maturazione della popolazione e la maggior consapevolezza, ma anche il fatto, tecnicamente e dal lato della colpa, che a differenza di un tempo, dopo un noto revirement giurisprudenziale avvenuto nel 2001, il paziente deve solo provare il contratto (o il contatto) e manifestare, allegandolo tecnicamente e in maniera qualifi cata, l’inadempimento del professionista, restando, poi, a carico del medico la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente; inoltre, in ambito civile, a differenza di quello penale, nella ricostruzione del nesso causale tra condotta e danno si utilizza un metodo percentuale basato sul principio del «più probabile che non» e non quello, più garantista, della «credibilità razionale». Secondo Renato Fedeli, cofondatore dello Studio associato Vergani & Fedeli, che assiste, in cause civili strutture ospedaliere, pubbliche e private, e medici, ricevendo i mandati dalle compagnie assicuratrici con cui i predetti soggetti stipulano polizze di Rc, «la materia ha subito un’evoluzione rapida e intensa, in verità in sintonia con l’evoluzione di tutta la responsabilità civile, sin dai primi anni 90, grazie soprattutto ai contributi giurisprudenziali e degli altri operatori del diritto. Il tema del diritto alla salute, già sviluppatosi nelle più classiche fattispecie in materia infortunistica quali i risarcimenti da incidenti stradali, ha trovato proprio nella responsabilità civile medica il crocevia ideale tra le istanze dei danneggiati e le esigenze di conseguire un livello di sempre maggiore sistematicità nella materia da parte della giurisprudenza ». Inoltre la valorizzazione costituzionale del diritto alla salute che ha caratterizzato tutta la materia infortunistica in Italia «ha inevitabilmente determinato un “favor” per il paziente/ danneggiato, tale da contribuire a un incremento dei contenziosi». Cosa occorre fare per ridurre la confl ittualità in materia? Se per Fedeli «l’esperienza della media conciliazione, introdotta recentemente, va salutata con favore, in quanto dall’esperienza maturata è emerso che ove l’approccio della struttura ospedaliera e della Compagnia riesce a mantenersi a livelli accettabili di professionalità e distacco, e si ha la possibilità di illustrare le modalità con cui si opera in concreto in presenza di un “claim”, i risultati raggiunti sono spesso favorevoli per entrambe le parti », secondo Nicola Todeschini, avvocato specializzato nell’assistenza alle vittime di condotte mediche errate «la gestione del rischio sanitario è rimasto in larga parte una chimera, molti ne parlano, ma poche strutture sono in grado di applicare le regole del risk managment. Deve essere recuperato il signifi cato dell’alleanza terapeutica, rifondandolo sul diritto del paziente a essere protagonista della cura. Va poi esercitato l’ascolto, le tattiche di chiusura, negare l’evidenza, ritenere che le spiegazioni e le scuse non vadano date signifi ca solo acuire il disagio, stimolare la reazione, comprensibile, di chi si sente tradito». Sarebbe favorevole a una disciplina ad hoc su cartella clinica elettronica e consenso informato? «A ogni piè sospinto se ne legge una di nuova», dice Todeschini: «prima la depenalizzazione, poi le richieste dei sindacati dei medici di scrivere una defi nizione di «colpa grave», come se gli artt. 1176 e 2236 cod. civ. non esistessero, ora la limitazione della responsabilità solo ai casi caratterizzati dalla colpa grave e nessuno si chiede se simili discriminazioni siano compatibili con la nostra Costituzione. Sono richieste allarmanti, che dimostrano la confusione che regna, e l’ignoranza delle regole. Il diritto del paziente ad autodeterminarsi alla cura è scritto, dal 1948, nella nostra Carta costituzionale, è suffi ciente avere voglia di leggerla con occhi coraggiosi e non miopi. Il vero rischio è rappresentato dalla timidezza degli ermeneuti accomodati morbidamente sulle consuetudini». Dalla cartella elettronica al consenso informato Dalla cartella al consenso informato il passo è breve. «In questi anni in realtà v’è già stato un fi orire di regole per l’acquisizione del consenso soprattutto in ambito pubblico con linee guida, regolamenti e protocolli aziendali », sottolinea Silvia Stefanelli, partner dello Studio legale Stefanelli di Bologna. «Altre indicazioni sono venute dalla deontologia medica. Ecco, al di là delle prospettive normative, riscontro come la giurisprudenza sia ormai molto attenta non alla forma ma alla sostanza del processo informativo del paziente. Non basta dunque la sottoscrizione da parte del paziente di un modulo di consenso prestampato ed uguale per tutti i pazienti ma piuttosto è necessario che il medico riesca a provare d’aver effettivamente consentito al paziente una scelta terapeutica il più possibile consapevole». «Credo molto nella mediazione in sanità», aggiunge la Stefanelli. «Reputo, infatti, che, contrariamente a quanto molti pen
sino, quello della mediazione sia un luogo d’incontro tra paziente e medico, che lavorando sugli interessi delle parti, possa portare ad un accordo soddisfacente per entrambe le parti. Un luogo nel quale risolvere la confl ittualità per valorizzare i reali interessi delle parti. In sostanza rappresenta la possibilità di un nuovo incontro tra medico e paziente che può evitare una possibile lunga e sicuramente costosa causa in Tribunale. Per ottenere buoni risultati, in ogni caso, è necessario che il mediatore incaricato sia molto preparato sotto il profilo delle tecniche di mediazione ed abbia conoscenza della materia della responsabilità medica». In questa direzione lavora l’associazione Consultcesi, il cui presidente Massimo Tortorella annuncia a breve sviluppi normativi. «Occorre creare una cultura diversa, riportare il rapporto medico -paziente-familiari nel giusto consesso. Un aiuto può venire anche da norme specifiche. 3 disegni di legge sono in corso di presentazione e speriamo a breve di uffi cializzarne il contenuto. Costituirebbero una buona base per ritornare a discutere anziché litigare e farsi causa». © Riproduzione riservata