di Gianluca Zapponini

La crisi peggiora, continuando a togliere ossigeno alle imprese. Per questo occorre che governo italiano e Ue si mettano all’opera per evitare il peggio. Questo, in estrema sintesi, il messaggio contenuto nel documento congiunto presentato ieri nella sede dell’Abi da Ania, Alleanza delle cooperative, Confindustria, Rete imprese per l’Italia e la stessa Associazione bancaria. «Il nostro Paese e l’Europa stanno affrontando una situazione di estrema difficoltà», scrivono le imprese. «Bisogna essere ora consapevoli che l’intero edificio dell’area euro è in grave pericolo» e che l’Italia, nonostante «i significativi passi avanti sulla strada della stabilità dei conti pubblici e delle riforme e i fondamentali più solidi rispetto ad altri Paesi, rischia di divenire per dimensione economica e peso specifico il punto di rottura dell’Unione economica e monetaria». Di conseguenza le imprese incoraggiano il governo di Mario Monti a «non desistere dal portare avanti, nella rimanente parte di questa legislatura, l’azione riformatrice già disegnata e a completare il difficile compito a cui è stato chiamato dall’intero Paese». In primis bisogna garantire la stabilità finanziaria dell’intera Eurozona e in questo senso le associazioni suggeriscono a Bruxelles l’adozione immediata «di misure necessarie per garantire che i titoli pubblici in Spagna e in Italia possano essere emessi a tassi di interesse ridotti per garantire ai nostri Stati la liquidità necessaria attuale e la solvibilità futura». Operazione che deve essere accompagnata dalla conversione «di una parte del debito degli Stati Ue in debito europea» tramite l’emissione di eurobond garantiti dalla Banca Centrale Europea. La tesi di fondo, illustrata ieri pomeriggio nella cornice di Palazzo Altieri, è che per uscire dalla crisi occorre che la moneta unica resti a tutti i costi in piedi: «Si esce dalla crisi solo con più Europa, non c’è alternativa credibile e di progresso economico sociale e civile all’euro». In questo senso le imprese sottolineano la necessità di procedere a tappe forzate verso l’unione fiscale e bancaria. Venendo all’Italia, il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, ha indicato al governo le priorità per la ripresa del Paese. Tra tutte la riduzione del debito pubblico mediante dismissione del patrimonio pubblico, come più volte indicato da MF-Milano Finanza. Occorre definire «con tempestività un piano di dismissione e valorizzazione di asset pubblici tale che alla fine del 2015 sia garantita una riduzione del rapporto debito-pil del 9% rispetto al 2012», ha detto Mussari. Parlando del ricorso allo scudo antispread, il numero uno dell’Abi ha invitato inoltre il governo e l’Ue ad attivarlo «immediatamente». Oltre a Mussari, all’incontro ha partecipato anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. «Il Paese non è in grado di subire ulteriori aumenti di pressione fiscale», ha avvertito Squinzi. «Mi auguro che la delega fiscale venga approvata e messa in attuazione nel corso di questa legislatura senza esitazione. Dobbiamo avere un fisco equo e più semplice, perché più semplicità equivale a una maggiore possibilità di controllare che tutti lo rispettino». Parlando del governo il leader degli industriali ha ribadito la necessità che l’esecutivo prosegua nel suo cammino: «Questo governo è l’unico che abbiamo ed è l’unico possibile. Dobbiamo crederci ed andare avanti». (riproduzione riservata)