Crédit Agricole ha sottolineato, in occasione della presentazione di una trimestrale tutt’altro che positiva, che l’uscita dalla Grecia potrebbe essere questione di settimane, ma la controllata ellenica Emporiki continua a essere un peso non da poco per la terza maggior banca di Francia per valore di Borsa (dall’acquisto della quota di maggioranza nel 2006, Emporiki ha chiuso in rosso tutti gli esercizi con l’esclusione del 2007, generando 5,7 miliardi di euro di perdite per l’Agricole allo scorso 30 giugno). L’istituto guidato dal chief executive Jean-Paul Chifflet ha anche imputato la deludente performance nel secondo trimestre 2012 alla svalutazione della partecipazione in Intesa Sanpaolo. E il periodo si è chiuso col crollo degli utili del 67% rispetto all’anno scorso.
Nel dettaglio, nei tre mesi allo scorso 30 giugno l’Agricole ha registrato profitti per 111 milioni di euro, contro 339 milioni nel secondo trimestre 2011. Emporiki ha conferito da parte sua un rosso di 370 milioni di euro mentre la minusvalenza su Intesa (nel cui capitale è scesa dal 5% al 2%) è costata all’istituto francese un aggravio di 427 milioni (a queste voci vanno aggiunti anche costi di ristrutturazione per 16 milioni nel trimestre). In merito al dossier greco, comunque, Chifflet ha sottolineato di stare valutando le offerte sul piatto delle tre principali banche di Atene (National Bank of Greece ed Eurobank Ergasias si sono affiancate questo mese ad Alpha Bank già in gara per il controllo della connazionale) ma di non essere ancora entrata in una fase avanzata di negoziati con nessuna di queste. L’obiettivo è restare con una quota non superiore al 10% nel capitale di Emporiki, per la quale l’Agricole ha precisato di aver finanziato in luglio un aumento di capitale da 2,3 miliardi di euro (come richiesto dalla Banca centrale ellenica), mentre a partire dal prossimo mese trasferirà alcuni prestiti della controllata direttamente a suo carico. La partita non è da poco, se si considera che, vista l’entità del loan book di Emporiki, l’Agricole sarebbe la banca straniera che avrebbe maggiormente da perdere nel caso dell’uscita di Atene dall’Eurozona.
«Grecia e Italia continuano a contaminare i risultati dell’Agricole – ha sottolineato a Reuters Gregory Moore di Montsegur Finance – ed è decisamente deludente che la banca non abbia fornito dettagli più precisi sulla soluzione del problema». Delusione che il mercato non ha dimostrato di condividere, visto che il titolo dell’Agricole ieri chiudeva in negativo ma facendo meglio del Cac. Il listino non ha punito neppure l’ulteriore mancanza di trasparenza sulla solidità del capitale della banca. L’Agricole ha infatti detto di aver fatto nuovi progressi nel migliorare il suo core tier 1 senza indicare però il posizionamento attuale in rapporto ai requisiti di Basilea III.
Resta il fatto che il business della banca francese è ancora in panne. Il giro d’affari è infatti calato nel trimestre del 14% a 4,75 miliardi di euro, soprattutto a causa della performance negativa dell’investment bank, che ha sofferto per mercati davvero ingessati. Da non dimenticare, però, che Cib (la divisione corporate e investment della banca francese) da maggio è nel pieno di una drastica revisione del business, con l’obiettivo di affrancarsi dagli investimenti più a rischio. Chifflet ha dichiarato che a fine giugno il 97% dei tagli previsti negli asset a rischio, per complessivi 35 miliardi di euro, è stato condotto in porto. E gran parte di questa ristrutturazione ha toccato direttamente Cib, che sta chiudendo le attività in 21 diversi Paesi e che punta ad avere ricavi annui nel medio periodo intorno a 5,4 miliardi, contro i 4,73 del 2011. Nel secondo trimestre la divisione ha registrato una frenata degli utili da 331 a 289 milioni di euro, decisamente inferiore a quella segnata dal gruppo nel suo complesso.