I fari del mercato, ieri, erano tutti puntati sulla porzione di inoptato residua dopo la chiusura dell’aumento di capitale di Fonsai da 1,1 miliardi di euro. E invece a rubare la scena sono state le notizie giudiziarie circolate in serata secondo cui l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, sarebbe indagato per ostacolo all’attività di vigilanza nell’ambito dell’inchiesta del Pm Luigi Orsi su Premafin e Fonsai. Proprio in questa veste il timoniere di Piazzetta Cuccia sarebbe stato sentito ieri in Procura. Al centro del colloquio il presunto accordo tra Nagel e Salvatore Ligresti riguardante la buonuscita da circa 45 milioni chiesta dall’ingegnere siciliano (più una serie di altri benefit). Nei giorni scorsi, la Procura aveva sequestrato dalla cassaforte del segretario del patto di sindacato di Mediobanca, Cristina Rossello (tra l’altro legale di Jonella Ligresti in un procedimento fiscale), un documento dove risultavano nero su bianco le richieste di Ligresti – pure indagato dal Pm milanese per ostacolo all’attività di vigilanza – e figli. Tale documento, tuttavia, non riportava alcuna firma. Circostanza che però non ha fermato il lavoro di Orsi, anche perché, sempre stando a indiscrezioni, Jonella Ligresti – figlia di Salvatore ed ex presidente di Fonsai – avrebbe carpito segretamente una registrazione in cui Rossello afferma l’esistenza dell’accordo con in calce le firme di Nagel e dell’ingegnere. A dichiarare, nei giorni scorsi, che esiste un accordo di questo tipo sono stati sia Jonella sia il fratello Paolo, mentre Mediobanca ha sempre smentito tale eeventualità. Sempre ieri, è arrivato il «no» del Consiglio di Stato a Sator e Palladio, i due fondi che nei mesi scorsi avevano sfidato Unipol per la conquista di Fonsai. La sesta sezione del Consiglio di Stato ha respinto con una ordinanza la richiesta delle due società di sospendere l’autorizzazione concessa dall’Isvap a Finsoe, azionista di riferimento della compagnia bolognese, di rilevare il controllo nel capitale sociale di Premafin e delle società assicurative controllate (tra cui per l’appunto Fonsai). Il Tar del Lazio, in maniera analoga, aveva già respinto la richiesta. Nell’ordinanza in cui respingono l’appello, i giudici ritengono che «a un primo esame tipico della presente fase cautelare, non emergono elementi tali da far ritenere sussistenti vizi procedimentali delle determinazioni dell’Isvap». In serata, poi, Sator e Palladio, sciogliendo il patto parasociale, hanno annunciato di avere revocato l’offerta su Fonsai presentata il 9 maggio e reiterata il 28 giugno. Sempre ieri, èstato annunciato che l’offerta per l’aumento di capitale in opzione di Fonsai, su cui è calato il sipario,si è chiusa con la sottoscrizione del 68,273% delle azioni ordinarie. Ciò significa con una porzione di inoptato pari a quasi il 32%; piuttosto elevata se si considera che oltre il 40% era già «garantito» dagli azionisti Unipol (attraverso Premafin) e Unicredit. E, soprattutto, che le banche del consorzio puntavano a limitare i danni a un 15 per cento. Quanto alle azioni risparmio, la sottoscrizione è stata di appena il 22,193% (in questo caso a garantire l’inoptato è la sola Unipol, per un massimo di circa 180 milioni). A questo punto, l’aumento di Fonsai da 1,1 miliardi risulta sottoscritto per un controvalore di 666,34 milioni. I diritti non esercitati saranno offerti in Borsa nei prossimi giorni.