Se il secondo trimestre 2012 da incubo non ha risparmiato neppure la sua Berkshire Hathaway, Warren Buffett ha incrementato il tesoretto della holding di Omaha ai livelli più alti dell’ultimo anno. Secondo quanto riportava ieri Bloomberg, infatti, la liquidità di Berkshire è cresciuta del 7,5% a 40,7 miliardi di dollari allo scorso 30 giugno visto che Buffett è andato all’incasso su molti titoli di colossi dei beni di largo consumo, settore su cui la holding ha sempre puntato molto. Nonostante Berkshire abbia spostato il focus dei suoi investimenti dai consumer goods ai titoli finanziari, nel trimestre il gruppo è stato soprattutto un venditore di azioni sul mercato. «Non aveva senso mantenere i titoli vecchi che ormai avevano garantito il loro scopo», spiegava a Bloomberg Tom Russo, partner di Gardner Russo & Gardner. Anche se nella documentazione presentata venerdì scorso in occasione della trimestrale non appaiono i nomi delle singole società coinvolte, non è difficile capire che si tratta di colossi come Johnson & Johnson, Procter & Gamble e Kraft Foods, dopo che lo stesso Buffett aveva citato i problemi che riguardano le aziende del settore e che fanno parte della colossale esposizione ai beni di largo consumo, da un punto di vista delle partecipazioni azionarie di Berkshire, pari a 86,2 miliardi di dollari.
Venerdì Berkshire ha annunciato una trimestrale segnata dalla flessione degli utili del 9% anche se il risultato è stato comunque migliore delle attese del mercato (in modo tutt’altro che difforme da quanto registrato da gran parte delle aziende della Corporate America nel periodo aprile-giugno di quest’anno). Nel dettaglio, la holding del Nebraska ha segnato utili per 3,11 miliardi, pari a 1.882 dollari per azione, rispetto a 3,42 miliardi, e 2.072 dollari, del secondo trimestre 2011. Gli utili operativi, al netto di alcuni risultati sugli investimenti, si sono attestati a 2.252 dollari per azione, ben oltre i 1.777 stimati in media dagli analisti di Bloomberg. Il rallentamento di Berkshire, comunque, è in gran parte dovuto alla strategia di Buffett, che utilizza i derivati per speculare sui progressi di lungo periodo dei titoli e sulla solidità del credito di erogatori pubblici e privati. I contratti che sono legati agli indici azionari di Usa, Europa e Giappone non andranno in maturazione prima del 2018 e le liability di Berkshire crescono quando i benchmark perdono colpi. Esattamente quello che è successo nel secondo trimestre. «È una scommessa di lungo periodo su quei mercati – spiega l’analista di Fitch Doug Pawlowski – e considerando le pratiche contabili Berkshire ha sostanzialmente smesso di scommettere su particolari settori». D’altronde lo stesso Buffett in febbraio, in una lettera agli azionisti, aveva notato come tali «speculazioni» fossero diventate meno attraenti a causa di nuove più stringenti regole sui collateral. E in maggio aveva ricordato che, probabilmente, sotto il nuovo management (in vista del suo ritiro), il portafoglio di derivati di Berkshire è destinato a ridursi di dimensione.
Buffett, che gestisce oltre 70 divisione operative che in Berkshire si occupano dei più disparati prodotti (dalle assicurazioni alla biancheria intima), ha sottolineato che i suoi ruoli, quando lui non sarà più al timone della holding, saranno divisi su più persone. L’oracolo di Omaha ha suggerito che sua figlio Howard, manager nel gruppo dal 1993, potrebbe diventare non-executive chairman. Ancora in febbraio Buffett ha rassicurato che il board ha già scelto il futuro chief executive di Berkshire, e si è cautelato con due nomi alternativi. Gli investimenti saranno invece in mano a due ex gestori di hedge come Ted Weschler e Todd Combs.