“L’uso dell’amianto era talmente diffuso in Fincantieri” che “non può assumersi che le conseguenze nefaste sulla salute derivanti dal contatto con le polveri d’amianto non fosse circostanza prevedibile”. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni con le quali spiega il perché, lo scorso 24 maggio, ha confermato le condanne della Corte d’appello di Venezia per i dirigenti di Breda-Fincantieri di Marghera per le morti di undici operai, e delle mogli di tre di loro, causate dalle malattie provocate dalla fibra killer.

“Nessuno poteva ignorare la pericolosità della situazione”. La sentenza 33311 della Quarta sezione penale osserva, in particolare, che “l’uso dell’amianto era talmente diffuso in Fincantieri da non potersi considerare la sua pericolosità per la salute dei lavoratori questione alla quale taluno dei chiamati qui in responsabilità poteva dirsi estraneo, perché investito di un livello di vigilanza di più generale profilo”. Né “alcuno di loro – osservano ancora i giudici – può pretendere di andare esente da responsabilità assumendo di avere versato in stato di ignoranza”.

“Grossolana indifferenza di fronte all’inalazione delle polveri tossiche”. La Cassazione, bocciando la maggior parte dei ricorsi presentati contro la sentenza d’appello del gennaio 2011, sottolinea come “l’esercizio di attività pericolosa avrebbe imposto all’imprenditore l’approntamento di ogni possibile cautela, dalla più semplice e intuitiva alle più complesse e sofisticate, secondo quel che la scienza e la tecnica consigliavano. Non solo nulla di tutto questo venne fatto ma, al contrario, emerge dall’istruttoria una grossolana indifferenza di fronte all’inalazione delle polveri tossiche”.

“C’erano tutte le condizioni per comprendere il rischio elevato delle lavorazioni”. La Cassazione insiste sul fatto che i dirigenti Fincantieri non potessero non sapere: “La Corte è dell’avviso che l’appartenenza a un’impresa di cospicue dimensioni, quale la Fincantieri, la vasta esperienza, le competenze specifiche di settore, il possesso di congrui titoli di studio dei soggetti qui chiamati a rispondere in qualità di garanti, costituivano condizioni sufficienti per cogliere la specifica, elevata rischiosità delle lavorazioni svolte e, se del caso, la necessità di attingere a competenze settoriali specialistiche, senza che il silenzio delle pubbliche agenzie potesse in alcun modo acquietarli”. Inoltre la Suprema Corte giudica “manifestamente infondata la pretesa di escludere dall’area del danno la Regione Veneto assumendo che i fattori causativi delle patologie dovevano considerarsi multipli, largamente ignoti e non ricollegabili in ogni caso all’amianto”. Confermato anche il diritto dell’INAIL di vedersi riconoscere il rimborso di quanto “costretta a versare per legge a causa delle morti insorte per malattia professionale”.

Gli imputati colpevoli di omicidio colposo plurimo e omissione di cautele. I giudici della Corte d’appello di Venezia avevano condannato per omicidio colposo plurimo e omissione di cautele utili a evitare le malattie professionali il numero uno di Fincantieri e prima direttore generale di Breda, Corrado Antonini, e l’ex presidente di Breda Enrico Bocchini a due anni e nove mesi, l’ex direttore dello stabilimento di Marghera per la Fincantieri, Antonino Cipponeri, a due anni e undici mesi e l’ex direttore di Breda a tre anni e quattro mesi. All’inizio gli imputati erano sette, ma due di loro nel frattempo sono deceduti mentre un terzo, condannato in primo grado, è stato assolto in Corte d’appello.

Fonte: INAIL