Risponde per colpa medica il sanitario del pronto soccorso che ometta gli ulteriori accertamenti clinici in presenza di una diagnosi dubbiosa o alternativa. La responsabilità permane anche qualora il medico inviti espressamente il paziente a ripresentarsi al presidio se la patologia dovesse ripresentarsi. Lo ha stabilito la quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza 27043 del 10 luglio 2012. Nel caso di specie un giovane ragazzo ha accusato forti dolori all’addome e al testicolo sinistro, motivo per il quale i genitori hanno deciso di accompagnato d’urgenza al pronto soccorso su consiglio della guardia medica. Disposti i primi accertamenti il medico chirurgo di turno ha diagnosticato, in forma dubitativa, una possibile colica addominale alternativa a una coprostasi, con l’indicazione al pediatra responsabile del pronto soccorso di trattenere il giovane paziente per accertarsi che non si trattasse di patologie più gravi e pericolose. Il pediatra, tuttavia, ha dimesso il ragazzo propendendo per la tesi della semplice colica addominale, invitando il paziente a ripresentarsi al pronto soccorso qualora i dolori si fossero presentati allo scemare del trattamento antidolorifico. Così è stato, posto che il ragazzo, a quattro giorni di distanza dal ricovero, si è trovato nuovamente all’ospedale, questa volta, però, con una diagnosi ben più grave (torsione del testicolo sinistro) rispetto a quella ipotizzata dal pediatra nei giorni precedenti, che gli è costata un intervento chirurgico di orchiectomia. Ne è disceso un procedimento penale a carico del pediatra del pronto soccorso per colpa medica, in relazione al reato di lesioni personali aggravate di cui agli articoli 590, commi 1 e 2 nonché 583, comma 1, n. 2 del codice penale per aver cagionato un prolungamento della malattia oltre alla perdita anatomica e l’indebolimento permanente dell’organo della riproduzione, avendo omesso di apprestare i dovuti accertamenti atti ad evitare tali eventi pregiudizievoli alla stregua delle leggi dell’arte medica. In primo e in secondo grado l’imputato è stato condannato. Per i giudici di merito, infatti, l’omissione del pediatra, consistita nel mancato prolungamento dell’osservazione clinica del paziente (come suggerito dal chirurgo) in dipendenza della mancata formulazione di una diagnosi definitiva e dell’obiettiva necessità di non disattendere la regola cautelare esigibile nel caso concreto, ha determinato il giudizio positivo in ordine alla penale responsabilità del medesimo, e la relativa condanna per il delitto contestato. Il pediatra si è quindi rivolto alla Corte di legittimità per ottenere una riforma della decisione della Corte territoriale. Con il ricorso depositato, la difesa dell’imputato ha cercato di valorizzare i profili dubbiosi della consulenza peritale, in particolare contestando il momento dell’insorgenza della malattia, da ritenersi, a suo dire, successivo al primo ricovero ospedaliero, e tale da risultare imponderabile per la valutazione medica della ricorrente la quale, invece, avrebbe visto confermare, sebbene in parte, quanto da lei diagnosticato in prima battuta (colica addominale). L’argomentazione atta a recidere il nesso causale non è stata accolta dai giudici della Suprema corte per i quali non vi sarebbero stati dubbi in ordine alla ascrivibilità dell’evento alla condotta del pediatra. Detta conclusione è preceduta dall’analisi del quadro clinico che era stato prospettato al medico sulla base dei disposti accertamenti, che avrebbe dovuto indurlo a trattenere il giovane al fine di valutare il decorso della patologia e la reale consistenza della medesima, garantendo la possibilità di intervenire in tempo su ogni eventuale complicazione. Le conseguenze di una dimissione affrettata, in presenza di evidenti dati clinici di certo ostativi ad una scelta di tal genere – sottolineano la Cassazione – potevano dirsi prevedibili e evitabili alla luce delle leggi dell’arte medica, fattore determinante, sotto il profilo della colpevolezza, per la censurabilità della condotta omissiva. Alla stregua del giudizio controfattuale, inoltre, i giudici di merito hanno potuto trarre il nesso eziologico sussistente tra la condotta del pediatra e l’evento lesione, soddisfacendo appieno i canoni precisati dalla giurisprudenza per i delitti omissivi impropri. Con gli argomenti che precedono i giudici romani hanno confermato la sentenza impugnata e la condanna inflitta, sottolineando i profili della responsabilità medica in presenza di una diagnosi dubbiosa o alternativa