Piazza Cordusio fa come Deutsche Bank e riduce l’esposizione in titoli di Stato da 49 a 40 mld. Utile oltre le stime anche tenendo conto della Grecia

Deutsche Bank è in buona compagnia: anche Unicredit ha ridotto l’esposizione in titoli di Stato italiani, portandola da 49 a 40 miliardi di euro. Lo ha dichiarato ieri l’amministratore delegato dell’istituto di Piazza Cordusio, Federico Ghizzoni, nel corso della conferenza stampa che ha seguito il cda per l’approvazione dei conti semestrali. «Per quanto riguarda i titoli di Stato italiani – ha detto Ghizzoni – il portafoglio ha un volume di 40 miliardi. Un’esposizione piuttosto limitata. Siamo una delle banche con il rapporto più basso tra portafoglio titoli di Stato e attività, circa il 5% del totale, e negli stress test siamo risultati fra i più bassi in Italia». Il dato di 40 miliardi, aggiornato al primo semestre dell’anno, si confronta con quello di 49 (in termini di esposizione lorda diretta al debito sovrano del Belpaese) che fotografava la situazione al 31 dicembre 2010, diffuso in occasione degli ultimi stress test. È vero che nei 49 miliardi era presente debito con scadenza a tre mesi per quasi 18 miliardi, ma è un dato di fatto che l’ammontare di Bot, Btp & company presenti in portafoglio sia sceso.
Quanto all’esposizione in titoli di Stato greci, Ghizzoni ha spiegato che è pari a 535 milioni, con un impatto netto negativo in termini di svalutazioni sui conti del secondo trimestre per 105 milioni. Tuttavia, anche tenendo conto di tale svalutazione, gli utili di Unicredit, nel secondo trimestre dell’anno, hanno battuto le attese degli analisti. Il cda di ieri ha infatti approvato profitti netti pari a 511 milioni, contro aspettative medie degli analisti che si collocavano a 471 milioni. Guardando all’intero primo semestre, l’utile netto di pertinenza del gruppo si è attestato a 1.321 milioni, rispetto ai 669 milioni dello stesso periodo del 2010. Anche grazie a tali risultati, Ghizzoni, ha fatto sapere che ritiene «possibile» raggiungere per la fine dell’anno i 2,6 miliardi di utili netti stimati dal consenso degli analisti. In ogni caso, ha precisato l’ad, «è molto difficile formulare previsioni serie con una volatilità dei mercati così elevata. Sulla base dei dati disponibili, crediamo però che i risultati del 2011 saranno migliori di quelli del 2010». Ghizzoni si è poi espresso sul tema della raccolta bancaria, messa in pericolo dall’impennata degli spread tra Btp e Bund. Ha fatto sapere che finora il volume di funding per il 2011 già completato da Unicredit è di 27,2 miliardi, di cui il 63% emesso in Italia. Per ora, ha aggiunto il manager, l’effetto degli aumenti dei tassi di interesse da parte della Bce «non è ancora visibile», ma il pieno impatto a livello di Euribor «sarà più marcato nel terzo trimestre».
L’andamento dei mercati, come hanno fatto notare alcuni analisti in recenti report, aumenta le probabilità che la banca milanese possa procedere in tempi stretti con un aumento di capitale. A riguardo, Ghizzoni ha spiegato che il nuovo piano industriale (inizialmente atteso entro fine anno, ma ieri lo stesso manager ha dichiarato che potrebbe slittare a causa delle condizioni di mercato) conterrà «certamente» delle «azioni di gestione del capitale» che «saranno chiarite e spiegate al mercato». In ogni caso, ha precisato Ghizzoni, Unicredit non avrà alcun tipo di problema con i propri azionisti, «che accetteranno il nuovo piano». Compreso, va da sé, un eventuale aumento di capitale. Sempre ieri, Unicredit ha annunciato che a fine giugno il core tier1 è salito al 9,12% dal 9,06% di fine marzo. A Piazza Affari le azioni, complici i risultati oltre le attese, hanno guadagnato l’1,77 per cento.