Azione coordinata con la Francia e altri Paesi Ue, come voluto da Vegas. La misura potrebbe essere più severa di quella tedesca 

di Francesco Ninfole

La Consob introduce in Italia il divieto di vendita allo scoperto. Anche Francia, Spagna e Belgio sono pronti a dire stop allo short selling, dopo i forti scossoni sui mercati negli ultimi giorni. Le decisioni ufficiali saranno comunicate oggi. Questa mattina, prima dell’apertura dei mercati, si terrà una riunione Consob, che sarà in contatto con gli altri regolatori nazionali europei e con l’Esma, l’Autorità di controllo Ue che coordina le operazioni tra diversi Paesi.

L’Italia ha avuto un ruolo centrale nelle discussioni. Giuseppe Vegas, presidente Consob, da tempo spingeva per il divieto, ma a condizione di introdurlo assieme ad altri Paesi, oppure come soluzione di ultima istanza. La notizia di un primo accordo tra Italia e Francia è stata anticipata nel pomeriggio di ieri da Class Cnbc ed è stata poi ripresa dalle agenzie di stampa europee. In serata anche Spagna e Belgio hanno mostrato identità di vedute sul divieto di short selling, mentre solo il Regno Unito, dopo aver valutato l’ipotesi, ha fatto sapere di non volere aderire.

Il divieto dovrebbe estendersi oltre quanto deciso dalla Germania, che già a metà 2010 aveva introdotto un divieto sullo short selling naked su azioni e alcune obbligazioni, oltre che sui cds. Ma quell’intervento si era realizzato con un atto unilaterale del cancelliere Angela Merkel, che ha poi avuto un effetto controproducente per gli investitori e ha creato forti asimmetrie tra mercati. Ora invece il programma di intervento è stato coordinato (sebbene le decisioni finali spettino ai singoli Paesi) e la prima reazione degli investitori è stata positiva. Anche la Grecia nei giorni scorsi ha introdotto il divieto di vendite allo scoperto, non solo quelle nude. Da oggi lo stop allo short selling (le cui forme concrete saranno definite in mattinata) diventerà una scelta condivisa tra Paesi.

In Italia c’è stato ampio consenso sul divieto. L’idea è stata apprezzata dagli operatori e dai soggetti istituzionali coinvolti nelle discussioni. Alcuni avrebbero preferito un timing anticipato. La Consob si era mossa sulle vendite allo scoperto già il 10 luglio, imponendo al mercato la comunicazione delle posizioni nette corte oltre lo 0,2% del capitale della società quotata oggetto delle vendite (e poi a ogni 0,1% aggiuntivo). Le analisi condotte da allora hanno però evidenziato valori poco significativi e non concentrati nel settore bancario, quello maggiormente nell’occhio del ciclone. Probabilmente la soglia dello 0,2% (fissata in base agli orientamenti europei dell’Esma) ha lasciato comunque spazio a operazioni capaci di condizionare gli scambi, aumentandone la volatilità. La mossa sul divieto di short selling deriva così dalla necessità, divenuta sempre più pressante con il passare dei giorni, di annullare ogni minimo spazio per le operazioni più speculative. In Italia una forma di protezione dallo short selling è stata finora garantita dalla regola del T+3, che ha imposto la consegna obbligatoria di titoli entro tre giorni dall’operazione. Il Parlamento europeo ha recentemente proposto di ridurre il periodo di consegna a un solo giorno, ma questa ipotesi potrebbe essere già scavalcata dalle decisioni di oggi. Bruxelles comunque è al lavoro per creare un unico quadro europeo sulle vendite allo scoperto e studia perciò un ruolo più esteso per l’Esma: dopo l’estate è attesa una proposta legislativa della Commissione Ue, che però dovrà considerare l’opposizione di alcuni Paesi, in primis come visto quella del Regno Unito.

Già prima del divieto, alcuni Stati come Francia e Spagna avevano optato anche per un’estensione delle regole sulla trasparenza: le posizioni oltre lo 0,5% del capitale di una società quotata erano da comunicare al mercato. Il 10 luglio però la Consob ha limitato l’informativa soltanto ai regolatori, preferendo valutare possibili effetti prociclici delle comunicazioni al mercato. La commissione guidata da Vegas ha chiesto invece di limitare il prestito dei titoli, attività che è alla base di ogni operazione di short selling: l’appello è stato in seguito accolto dall’Acri, l’associazione delle Fondazioni bancarie italiane, che ha nello stesso tempo negato ogni tipo di coinvolgimento delle Fondazioni, diretto o indiretto, in vendite allo scoperto. L’attività di short selling consiste nel vendere titoli che non si possiedono (ma che si possono ottenere in prestito) con l’obiettivo di guadagnare dai ribassi di un titolo. L’operazione si chiude restituendo il titolo al prestatore, dopo averlo ricomprato a prezzi più bassi di quelli a cui si sono in precedenza venduti. (riproduzione riservata)