di Carlo Giuro

 

Domanda. Perché è importante valutare il fattore costo nella scelta di un prodotto previdenziale?

Risposta. Il livello di onerosità costituisce uno dei fattori determinati della prestazione finale di un prodotto previdenziale. Gli altri sono l’entità della contribuzione lungo l’arco della vita lavorativa, la lunghezza dell’orizzonte temporale di contribuzione, la bontà della gestione finanziaria, la entità dei coefficienti di conversione in rendita. Molto significativa la stima operata della Covip che nella Guida informativa pubblicata sul proprio sito (www.covip.it) riporta un esempio numerico: se si contribuisce per 35 anni a una forma pensionistica complementare e si pagano costi superiori dell’1% rispetto a quello che si pagherebbe aderendo a un’altra forma pensionistica si otterrà, a parità di altre condizioni, una pensione complementare di circa il 16% più bassa.

 

D. Cosa prevede la normativa previdenziale al proposito ?

R. La normativa previdenziale entrata in vigore nel 2007 si è proposta di favorire un processo virtuoso di contenimento dei costi attraverso un più accentuato livello di concorrenza con l’equiparazione (parziale) degli schemi pensionistici integrativi di natura occupazionale e individuale creando una comune base di riferimento su cui i fondi possono competere per massimizzare l’efficienza del mercato e il livello di welfare degli aderenti. Di sensibile rilevanza anche l’imponente attività della Covip con le decisioni assunte per vietare l’uso di tecniche di imputazione dei costi che possano ostacolare l’esercizio del diritto di portabilità della posizione personale e degli interventi a favore di una maggiore confrontabilità dei costi.

 

D. Possiamo fare qualche esempio concreto ?

R. Si pensi all’uniforme modalità di rappresentazione delle spese sulla Scheda sintetica (documento informativo da consegnare al potenziale aderente) e, soprattutto, alla definizione di una nuova unità di misura per rappresentare e confrontare il prezzo delle varie offerte, l’Isc (Indicatore sintetico dei costi) che presenta molteplici analogie con altri indicatori di costo presenti in altri comparti come ad esempio il Taeg (Tasso annuo effettivo globale, a sua volta oggi denominato Isc) utilizzato nel settore dei mutui e del credito al consumo e il Costo percentuale medio annuo (Cpma) nel settore assicurativo

 

D. Come si determina l’Isc?

R. Viene calcolato in maniera analoga per tutte le forme di previdenza integrativa ed è la risultante della differenza tra il tasso interno di rendimento di un piano di accumulo senza costi e di uno comprensivo dei costi. L’indice viene calcolato per quattro diversi periodi di permanenza nel fondo pensione (2, 5, 10, 35 anni), date le ipotesi di un versamento costante di 2.500 euro annui e un tasso di rendimento nominale lordo del 4%. Nel calcolo dell’Isc si considerano gli oneri fiscali connessi ai rendimenti annuali, le voci di costo determinate al momento dell’adesione quali costi di iscrizione, spese annuali (in cifra fissa o in percentuale della contribuzione), spese in percentuale del patrimonio. Per gli oneri quantificabili soltanto ex-post deve essere effettuata una stima (si tiene conto anche della commissione di trasferimento tranne nel caso del calcolo dell’indicatore a 35 anni). In ottica di trasparenza di mercato, sul sito della Covip (www.covip.it) sono pubblicati gli Isc di tutte le forme previdenziali.

 

D. Al di là dell’Isc, quali sono i diversi costi che incidono su un prodotto previdenziale ?

R. Vanno evidenziati in primo luogo i costi di ingresso e di uscita, che hanno natura amministrativa. Nella prima categoria sono ricomprese le commissioni una tantum corrisposte al momento dell’adesione (one-off fee) che sono generalmente indirizzate al funzionamento del fondo e, nel caso di fondi aperti e Pip (piani individuali di previdenza), potrebbero anche essere retrocessi (in tutto o in parte) alla rete dei collocatori. Al secondo gruppo appartengono invece le commissioni da corrispondere in fase di exit (oneri per l’esercizio delle prerogative individuali, costi per la trasformazione del montante finale in rendita). Vi sono poi i costi di amministrazione e fiscali in cui possono essere ricondotte le spese direttamente a carico degli aderenti (spese dirette), destinate al mantenimento del fondo. Ancora vanno citate le commissioni di gestione e le commissioni di performance che costituiscono la remunerazione per il servizio di gestione finanziaria e, nel caso delle forme individuali, potrebbero essere parzialmente retrocesse alla rete dei collocatori.

 

D. Qual è la panoramica di mercato ?

R. Come si legge nella relazione annuale della Covip relativa al 2010, i fondi pensione negoziali si confermano la tipologia di forma pensionistica con costi di partecipazione più bassi. L’Isc è dell’1% per periodi di partecipazione di 2 anni e scende allo 0,2% per periodi di 35 anni. Per i fondi aperti passa dal 2 all’1,1%, per i Pip dal 3,6 all’1,5%. Su orizzonti temporali di lungo periodo, differenze anche piccole nei costi producono effetti di rilievo sulla prestazione finale. Ad esempio, sulla scadenza dei 35 anni e a parità delle altre condizioni, in particolare, i rendimenti lordi, la maggiore onerosità media rispetto ai fondi pensione negoziali si traduce in una prestazione finale più bassa del 17% nel caso dei fondi pensione aperti e del 23% per i Pip. Oltre alle differenze nei valori medi dell’Isc per le diverse categorie di forme pensionistiche complementari, si registra poi un’ampia dispersione dei costi applicati da ciascuna di esse.

 

D. A cosa si devono queste differenza di onerosità tra le diverse forme previdenziali ?

R. Va compreso bene che i fondi pensione negoziali sono organizzazioni senza scopo di lucro per cui solo i costi effettivamente sostenuti dal fondo (amministrativi e finanziari) si riflettono sul valore della posizione individuale dei singoli iscritti, la quale costituisce una porzione del patrimonio del fondo. Le spese sostenute dall’iscritto sono destinate a coprire gli oneri effettivamente sostenuti; se risultano superiori, la parte residuale andrà ad accrescere il patrimonio del fondo, tornando quindi nuovamente nel valore delle singole posizioni individuali. Se le spese preventivate coprono in misura insufficiente gli oneri sostenuti la differenza sarà a carico del patrimonio. Nei fondi pensione aperti e nei Pip, invece, gran parte delle spese che l’iscritto deve sostenere sono determinate a priori dalla società. Tali spese sono destinate, oltre che a coprire gli oneri effettivamente sostenuti, anche a remunerare il rischio d’impresa.

 

D. Vi è differenza tra adesioni collettive e adesioni individuali ?

R. Nel segmento delle adesioni collettive, si confrontano fondi pensione negoziali e fondi aperti; a questi ultimi è possibile aderire su base collettiva per il tramite di accordi aziendali fra lavoratori e imprese ovvero accordi stipulati direttamente dal datore di lavoro con singoli dipendenti. Il confronto operato dalla Covip fra le distribuzioni dei costi mette in luce come il quarto dei fondi negoziali più efficienti mostri un’onerosità inferiore rispetto ai valori minimi registrati dai fondi pensione aperti.

 

D. Cosa accade invece nelle adesioni individuali ?

R. Con riferimento invece alle adesioni individuali sono i fondi pensione aperti e i Pip a essere in diretta competizione. I Pip continuano a rappresentare la tipologia di forma mediamente più costosa. Ciò vale anche nel confronto dell’Isc per tipologia di linea di investimento. I differenziali maggiori si registrano nelle linee azionarie e bilanciate, che rappresentano le linee più costose per entrambe le tipologie (lo scostamento è di circa 1,4 punti percentuali sui 2 anni e si mantiene particolarmente elevato, quasi un punto percentuale, sui 35 anni) e si attenuano molto nelle linee obbligazionarie (intorno allo 0,2%). Per quanto riguarda le linee garantite (nel caso dei Pip, si tratta delle gestioni separate di ramo I), per periodi di partecipazione brevi la differenza tra i costi medi dei Pip e dei fondi pensione aperti è particolarmente elevata: 1,7 punti percentuali sui 2 anni. All’allungarsi del periodo di partecipazione, la differenza si attenua arrivando allo 0,4% per periodi di partecipazione di 35 anni. (riproduzione riservata)