di Giovanni Barbara – Partner KStudio Associato (Kpmg)

 

Responsabilità penale alle porte per chi commette reati ambientali, uccidendo specie animali o vegetali protette, o danneggiando habitat naturali. Si tratta di due nuove fattispecie di reato disciplinate negli articoli 727-bis e 733-bis del codice penale, introdotti dal recente decreto legislativo approvato il 7 luglio dal Consiglio dei ministri (che ha recepito due direttive comunitarie). La normativa, oltre all’applicazione di sanzioni penali, introduce la responsabilità delle persone giuridiche per reati ambientali. Così anche in Italia sarà possibile perseguire penalmente i responsabili di questi reati. Chiunque uccida, catturi o detenga esemplari di specie animale selvatica protetta sarà punito con l’arresto da uno a sei mesi o con ammenda fino a 4 mila euro, con la sola eccezione dei casi in cui l’azione riguardi una quantità limitata con impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie. Allo stesso modo, chiunque distrugga un habitat in un sito protetto o lo deteriori compromettendone lo stato di conservazione sarà punito con l’arresto fino a 18 mesi e con un’ammenda non inferiore a 3 mila euro. Anche le società e gli enti potranno essere chiamati a rispondere per i reati ambientali con sanzioni pecuniarie. Di 250 quote in caso di violazione delle disposizioni relative al danneggiamento delle specie animali e vegetali protette; da 150 a 250 quote per la violazione degli habitat naturali protetti. Inoltre, qualora l’ente o una sua unità organizzativa siano utilizzati stabilmente allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare reati ambientali è prevista la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività. Le società, quindi, già in possesso di un modello organizzativo 231 (o di un modello in corso di predisposizione, atto a tutelare le stesse dal rischio di incorrere nella responsabilità amministrativa per l’eventuale commissione dei reati presupposto previsti) dovranno per l’ennesima volta attivarsi per adeguarlo alle nuove richieste del legislatore, provvedendo al suo tempestivo aggiornamento. Quindi, nuovo risk assessment, nuovi protocolli, ulteriori procedure e presidi ecc. Il costo per le imprese ancora una volta sarà salato. Da qualche anno a questa parte, i costi della 231 sono divenuti veri e propri costi fissi per le imprese, anche quando nessun reato è stato commesso e nessuna sanzione è stata applicata. (riproduzione riservata)