Il condominio non risarcisce chi si infortuna sulla rampa

 Pagina a cura di Debora Alberici  

Non ha diritto al risarcimento del danno da parte del condominio chi cade e si infortuna sulle scale condominiali anche se sporche di residui di cibo. Insomma, ha affermato la Corte di cassazione con la sentenza numero 15390 del 13 luglio 2011, il condominio si salva in corner quando, pur essendo la scala unta e scivolosa, l’infortunato non riesce a provare il nesso causale fra i residui alimentari e l’incidente.

Il caso. È successo in uno stabile a Roma. Un’inquilina era caduta sulle scale sporche di residui di cibo, unte, aveva sostenuto. Insomma quel piano non era stato pulito. Nell’incidente la signora aveva riportato delle ferite e quindi dei danni. Per questo si era rivolta al tribunale della Capitale che, però, le aveva negato il risarcimento. Contro questa decisione la donna ha proposto appello. I giudici territoriali hanno respinto l’istanza confermando integralmente il verdetto di primo grado. Ora la Cassazione, alla quale la donna si è rivolta insistendo sulle pessime condizioni della scala, ha reso definitiva la decisione presa con una doppia conferma dai magistrati romani. Senza la prova del nesso causale, ha sancito Piazza Cavour, niente risarcimento.

Le motivazioni. Nell’ambito della responsabilità ex articolo 2051 del codice civile è il danneggiato a essere onerato della prova del nesso di causalità fra la cosa in custodia e l’evento pregiudizievole. Secondo l’infortunata la caduta sarebbe avvenuta solo perché le scale risultavano sdrucciolevoli a causa degli scarti alimentari abbandonati sui gradini, ma manca la dimostrazione certa che la caduta sia effettivamente riconducibile alla sporcizia delle scale. Inutile discutere oltre, dicono gli Ermellini, nonostante la procura generale della Suprema corte abbia concluso per l’accoglimento del ricorso della donna. Che, oltre il danno la beffa, paga anche le spese processuali.

Muore per una caduta sulle scale di un negozio: niente risarcimento ai familiari. Una posizione dello stesso segno è stata assunta dalla Corte di cassazione (sentenza 8005 del 2010) anche nel caso di morte dell’infortunato. In particolare l’uomo era scivolato sulle scale di un negozio di elettrodomestici, secondo la difesa sdrucciolevoli. In seguito all’incidente aveva riportato delle lesioni gravissime e poi era deceduto. I parenti avevano fatto causa al proprietario dell’attività per ottenere il risarcimento del danno. Il tribunale e la Corte d’appello avevano respinto l’istanza. La decisione è stata confermata dalla Cassazione che, valutati esaurientemente tutti gli elementi del caso concreto, ha ritenuto insussistente la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. del titolare dell’esercizio commerciale, per non aver gli attori provato che la morte del proprio congiunto era stata conseguenza normale della particolare anzidetta condizione del locale ove era accaduto il sinistro. In sostanza secondo gli Ermellini «la responsabilità prevista dall’art. 2051 cod. civ. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione “iuris tantum” della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità».

No al risarcimento all’inquilino derubato se i ladri entrano dai ponteggi del vicino. L’esame delle interpretazioni date all’articolo 2051 (responsabilità delle cose in custodia) dai giudici di merito e di legittimità mette in luce una certa difficoltà nell’ottenere il risarcimento del danno da parte del proprietario del bene. La sentenza n. 7722 depositata dalla Cassazione ad aprile di quest’anno testimonia ancora una volta come, soprattutto in ambito condominiale, sia complicato ottenere il ristoro per il danno subito in seguito alla pessima manutenzione del bene del vicino. In particolare in questo caso la terza sezione civile ha respinto la richiesta di risarcimento avanzata dal proprietario di un appartamento che era stato derubato facilmente perché i ladri erano entrati dalle impalcature montate dal vicino per ristrutturare la casa. Secondo il Collegio di legittimità, «nel caso di furto in appartamento che il derubato assume essere stato facilitato dalla mancata rimozione dei ponteggi per lavori edili da parte del suo vicino deve essere esclusa la presunzione di responsabilità che graverebbe sul custode: il criterio di imputazione di cui all’articolo 2051 c.c. comporta sì la responsabilità del custode per i danni cagionati dalla cosa (salvo che si provi il fortuito) ma non comporta affatto la presunzione di nesso causale fra la cosa e il danno, nesso che deve comunque essere provato dal danneggiato; ciò è certamente possibile tramite un procedimento di inferenza induttiva (presunzione), che risulta tuttavia inevitabilmente correlato all’apprezzamento delle circostanze concrete; valutazione che compete al giudice del merito e risulta infondatamente censurata sotto il profilo del vizio della motivazione laddove esclude il nesso causale fra le impalcature e il furto in relazione alla possibilità di tre diverse modalità di accesso alla casa svaligiata dai ladri».