Fondi I prodotti specializzati sulle società che si occupano di ricerca farmaceutica hanno fatto meglio della media degli azionari 

di Mariano Mangia

è una scelta efficiente investire in fondi azionari focalizzati su settori altamente specializzati? La risposta è sì per chi ha puntato sulle biotecnologie: il rendimento medio a cinque anni dei fondi di questa categoria è del 3,9% annuo (dati Morningstar al 30 giugno), contro il -1% di un investimento in fondi azionari diversificati (categoria Morningstar azionari internazionali large cap blend).

 

A tre anni la performance è del 12,4% annuo con una volatilità del 19,8%, rispetto a un +1% e al 17,8%, rispettivamente, degli azionari diversificati. Quali sono i motivi di questo successo? «Quello delle biotecnologie è un settore autonomo, con un ridotta correlazione con il mercato e non è molto dipendente dal livello dei tassi d’interesse, dalle prospettive delle economie o dall’andamento delle valute», spiega Rudi Van den Eynde, senior asset manager equity di Dexia asset management e gestore di Dexia Equities L Biotechnology fund, il prodotto con la migliore performance a cinque anni, prossima al 10% annuo. «Certamente un’economia in crescita e mercati azionari in rialzo sono sempre un vantaggio, ma questo è soprattutto un settore bottom-up, guidato da progressi scientifici e clinici e meno da altri fattori. Un nuovo farmaco che riduce la mortalità di una malattia grave sarà sempre approvato e rimborsato, quale che siano le condizioni economiche.

Questo rende l’innovazione il driver più importante per questo settore, allo stesso tempo il più rilevante criterio nella selezione dei titoli, e, fortunatamente, l’innovazione non dorme mai».

Le biotecnologie trovano applicazione nell’agroalimentare, nel settore dell’energia e dell’ambiente, il trattamento dei rifiuti attraverso microorganismi attivi, ma è soprattutto nel settore medico che ci sono le maggiori opportunità di sviluppo, sia a livello di diagnostica che di trattamento o prevenzione di malattie. Con un effetto collaterale, però: il successo o il fallimento degli studi clinici e dei test di un nuovo farmaco possono tradursi in un poderoso rialzo o in un crollo dei prezzi di borsa. «Considerato che lo sviluppo di un farmaco è un business rischioso anche per la migliore azienda, un investitore non dovrebbe mai mettere tutto il suo denaro su una sola società e anche per un esperto professionista un minimo di diversificazione rappresenta una necessità assoluta. La migliore soluzione è acquistare un paniere di aziende promettenti o un fondo specializzato», raccomanda il gestore di Dexia Equities Biotechnology. Per il risparmiatore italiano sono disponibili complessivamente 26 fondi, articolati su più classi, mentre manca un Etf. I titoli in cui investono questi fondi sono essenzialmente concentrati sul mercato nordamericano e quotati al Nasdaq. Quanto alle prospettive future, prevale l’ottimismo. Per gli analisti le biotecnologie mediche restano un settore in forte crescita, in grado di sopravanzare il mercato farmaceutico, e fusioni e acquisizioni rappresentano un ulteriore elemento a favore.

In Dexia sottolineano la ridotta concorrenza dei generici, negli Usa ogni nuovo farmaco biotech gode di una protezione di 12 anni e la sua produzione è più complessa e costosa di una classica pillola biochimica, e il fatto che ci sono ancora molte malattie incurabili, per cui farmaci efficaci possono spuntare prezzi elevati.

 

Un nuovo farmaco, peraltro, può risultare molto redditizio anche con un numero relativamente limitato di pazienti, come è accaduto per aziende come la Genzyme, acquisita da Sanofi, e Biomarin che hanno costruito modelli di business vincenti su quelle che vengono definite le malattie orfane, quelle malattie che, perché rare o perché diffuse solo nei paesi più poveri, non presentano margini interessanti e non sono pertanto adottate dall’industria farmaceutica. «In conclusione, non c’è mai un momento sbagliato per comprare il settore, perché l’innovazione è il suo driver più importante e i problemi economici non hanno un grande impatto», è l’opinione di Van den Eynde di Dexia. «L’unico elemento in grado di fermare questo processo potrebbe essere la valutazione, ma, nonostante le buone performance del mercato azionario, i multipli delle principali aziende biotech sono molto bassi, addirittura inferiori a quelli dell’intero mercato misurato dall’indice S&P 500». I rischi? Premesso che a prodotti così specializzati deve essere attribuita una funzione di diversificazione e/o di enhancer, ovvero di miglioratori di rendimento in un portafoglio azionario più ampio, il rischio principale è, naturalmente, che un eccesso di interesse verso questo settore spinga troppo in alto le quotazioni di borsa. In senso opposto, non va dimenticato il rischio che miglioramenti del contesto economico generalmente spingono gli investitori a una rotazione a favore di settori più ciclici. Trattandosi, infine, di prodotti di puro stock-picking, di selezione, la capacità del gestore di individuare le aziende migliori è fondamentale: occhio anche a eventuali cambiamenti nei team di gestione. Consiglia di puntare sui fondi tematici anche il private banking di Unicredit. Scrivono gli analisti del team: «Investire in fondi tematici consente di mitigare il rischio di concentrazione su un determinato paese o mercato, proprio perché l’approccio è generalizzato sulla tematica di investimento». Aggiungono gli analisti: «Se è vero che alcuni critici degli investimenti tematici sostengono che si tratta di un espediente di marketing, con una strategia incline alla volatilità, sensibile al rischio specifico di settore e alle variazioni della fiducia (molti investitori abbandonano gli investimenti di nicchia nei momenti di stress del mercato) è altresì vero che organizzare un portafoglio di investimento differenziato ha un fondamento teorico che può ottimizzare il rendimento nel lungo periodo». (riproduzione riservata)