Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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L’84% dei manager ai vertici delle imprese, a livello internazionale, considera l’attuale scenario globale, caratterizzato da sempre crescenti tensioni commerciali e geopolitiche, come uno dei principali fattori di crisi come mai prima avvenuto per il business aziendale. Nonostante tale consapevolezza, soltanto il 7% del management assume, però, un atteggiamento proattivo nella gestione dei rischi, rispetto al 19% del 2024 e al 29% del 2023, preferendo, invece, un approccio più orientato al rispetto delle normative vigenti. Un comportamento che, però, rischia di limitare le opportunità di crescita delle organizzazioni e di fare aumentare le pressioni da parte dei diversi stakeholder. Sono alcuni dei tratti che caratterizzano lo scenario delineato nel “Global risk landscape 2025”, analisi curata da Bdo, organizzazione internazionale di servizi professionali alle imprese, che ha coinvolto un campione di 500 “C-level” in tutto il mondo per indagare lo sviluppo della percezione dei fattori di rischio per le aziende a livello globale. «Dalla nostra analisi emerge chiaramente come, in un’epoca di crisi continua come quella attuale, le aziende che vogliono crescere e raggiungere i propri obiettivi devono adottare un approccio proattivo al rischio» osserva Stefano Minini, partner dei servizi rischio e consulenza di Bdo. «Nonostante la maggioranza degli intervistati, alla luce delle incertezze internazionali, affermi di prediligere un atteggiamento di prudenza, il 74% si dice consapevole del fatto che l’integrazione nella cultura aziendale di una mentalità in grado di riconoscere e gestire i principali rischi inizierà a spostare l’equilibrio da un’attenzione eccessiva alla pura compliance all’implementazione di strategie reali di gestione del rischio, in grado di generare maggiore valore e opportunità per le aziende».
Le abitazioni energeticamente efficienti rappresentano una quota sempre più rilevante nei nuovi mutui delle famiglie italiane. Nel 2024, il 14% delle erogazioni è stato destinato all’acquisto di case green, un dato in aumento rispetto al 12% dell’anno precedente. Si tratta principalmente di immobili di nuova costruzione o ristrutturati secondo criteri di efficienza energetica (classi A, A1 o superiori), che garantiscono minori consumi e un impatto ambientale ridotto. La maggiore attenzione delle famiglie verso queste soluzioni riflette un cambiamento culturale, ma è anche il risultato dalla pressione che arriva dalla direttiva europea “Case Green”. È uno dei segnali che emergono dalla 58ª edizione dell’Osservatorio sul credito al dettaglio, presentato a Milano da Assofin, Crif e Prometeia, che restituisce l’immagine di un sistema del credito in espansione, in cui le famiglie tornano ad accedere a finanziamenti per realizzare progetti, con un occhio sempre più attento alla sostenibilità. Questo rinnovato dinamismo del credito è anche il risultato della maggiore fiducia economica, che ha riportato le famiglie italiane ad affrontare investimenti di medio-lungo termine come l’acquisto di una casa.Oltre alle case, cresce anche la componente green nel credito al consumo. I finanziamenti finalizzati alla riqualificazione energetica delle abitazioni (pannelli solari, pompe di calore, cappotti) sono saliti al 19% del totale casa (dal 17%), segnalando una crescente attenzione alla riduzione dei consumi energetici nelle abitazioni già esistenti. Questi interventi, spesso accompagnati da bonus fiscali o incentivi locali, rientrano in un più ampio piano di transizione ecologica a cui il sistema finanziario sta contribuendo attivamente
A partire dal 1° gennaio 2025, l’informativa di sostenibilità delle relazioni finanziarie annuali delle società quotate sono soggette alla vigilanza della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, Consob, secondo le linee guida dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) che, includono i provvedimenti sanzionatori nelle ipotesi di violazione delle norme sulla trasparenza informativa. Con avviso del 1° luglio 2025, l’autorità guidata da Paolo Savona ha dichiarato all’Esma di uniformarsi alle Guide lines on enforcement of sustainability information (Glesi o orientamenti) per l’attuazione delle norme in materia di sostenibilità. Le Glesi indicano gli orientamenti comuni per garantire un approccio uniforme e coerente da parte delle Autorità di vigilanza dei paesi membri dell’Ue in attuazione delle norme di trasparenza informativa, Direttiva Transparency (2004/109/CE), con l’obiettivo, tra gli altri, di limitare fenomeni di greenwashing.

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L’ Italia ha speso 2 miliardi nel 2024 in cybersecurity (1,78 nel 2023) e arriverà a 2,23 miliardi nel 2025. Il report Anitec Assinform 2025 – che in questo caso cita dati Netconsulting Cube di giugno 2025 – segnala che il Paese si è svegliato nei confronti della minaccia informatica. Ma c’è ancora molto da fare, soprattutto da parte della pubblica amministrazione, Sanità in primis.
Secondo i dati comunicati da Ania, nel 2024 il comparto assicurativo property italiano ha toccato gli 11,5 miliardi di euro di premi raccolti, così suddivisi: il settore “incendio ed elementi naturali” ha mostrato un progresso dell’11,3% a 3,9 miliardi di euro, quello “altri danni ai beni” è cresciuto del 5% a 4,7 miliardi, le polizze “perdite pecuniarie” sono aumentate del 10,7% a 1 miliardo, mentre “l’assistenza” e la “tutela legale” hanno toccato rispettivamente 1,2 miliardi (+10,7%) e 678 milioni (+6,2%). «I dati relativi agli “altri rami danni” confermano una forte accelerazione del settore, segno di un crescente interesse degli italiani verso la protezione contro i rischi legati alla persona, ai beni e al patrimonio », si legge nel documento relativo alla raccolta premi 2024 dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (Ania).
«Il segmento property sta attraversando un periodo di grandi sfide e solo le compagnie che sapranno farsi trovare preparate potranno beneficiare della crescita dei premi a cui stiamo assistendo». Per Federico Saviantoni, senior partner Deloitte, l’aumento del numero delle polizze è infatti destinato a proseguire per il semplice fatto che siamo ancora su livelli più bassi rispetto all’estero ma, dall’altra parte, le assicurazioni devono attrezzarsi per gestire in maniera efficiente i sinistri. Cosa che ad oggi non avviene, anche perché il numero degli eventi estremi è in deciso aumento: nel 2024 se ne sono verificati ben 351, un valore circa sei volte più alto di quello del 2015. In queste occasioni la macchina operativa delle assicurazioni va spesso in crisi perché il numero delle richieste di rimborsi è troppo alto da gestire. Si va dalla difficoltà a reperire i tecnici per la valutazione del danno, oberati dalla concentrazione di chiamate, fino ai problemi di coordinamento di tutti gli attori coinvolti: «Quando c’è un grande evento il mercato collassa, oggi per esempio stiamo ancora assistendo alle code dei sinistri del 2023», racconta Saviantoni.
Il settore dell’autonoleggio sembra essersi lasciato alle spalle il rallentamento delle immatricolazioni. Anche nel secondo trimestre di quest’anno il dato è infatti ampiamente positivo e conferma così la buona performance che si era già registrata nei primi tre mesi dell’anno. Secondo i dati raccolti da Aniasa e Dataforce, entrambe le componenti del noleggio, quella a lungo termine e quella a breve, hanno visto crescere le immatricolazioni nel periodo aprile-giugno: la prima nell’ordine dell’8,43% e la seconda del 16,06%, per un risultato complessivo pari al +10,4%, che si confronta con il calo del 15,9% dell’anno scorso. Questa performance è in netta controtendenza rispetto a quella del mercato complessivo dell’auto in Italia che, nei primi sei mesi di quest’anno, ha fatto registrare un calo delle immatricolazioni nell’ordine del 3,6%. L’effetto combinato di questi due fattori – crescita dell’autonoleggio e calo dei privati – ha portato l’incidenza delle immatricolazioni dell’autonoleggio a superare la quota di un’auto ogni tre – per l’esattezza la sua quota sul totale delle auto vendutein Italia è del 34,67%.

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Due indagini, due ipotesi opposte, due schieramenti. E, dietro, un risarcimento colossale. Ora che il Bayesian è a terra e gli esperti possono indagare da vicino le cause del naufragio già si delinea la futura battaglia, non solo giudiziaria.  Il mistero del Bayesian è infatti anche questo: una guerra di polizze, le cui ricadute in soldoni sono strettamente legate all’esito dell’inchiesta penale. E così succede che se, per esempio, verranno condannati i tre membri dell’equipaggio attualmente indagati dalla procura, la compagnia assicurativa British Marine con la quale la società armatrice del Bayesian ha stipulato la polizza più sostanziosa, dovrà scucire parecchi milioni di euro. Se invece i responsabili vengono individuati nel costruttore o nel progettista dell’imbarcazione, come invece lascia intendere l’agenzia britannica, ne dovrà versare molti di meno.

Nell’agenda di Lovaglio ci sono tre date importanti, anche ricorrenti, cerchiate in rosso. Il 2 luglio per tradizione si corre a Siena il Palio di Provenzano. Lo scorso 2 luglio, mercoledì della passata settimana, due importanti autorità di controllo del mercato quali la Consob e l’Antitrust (questa addirittura in anticipo sulle attese), hanno dato il loro quasi contemporaneo nullaosta all’offerta pubblica di scambio lanciata dalla Monte dei Paschi di Siena sul capitale di Mediobanca. Il via libera dell’Antitrust, abbinato al provvedimento della Consob, ha completato l’iter autorizzativo a cui la banca guidata da Lovaglio doveva sottostare. Con le autorizzazioni in tasca e senza alcuna prescrizione preventiva, l’operazione annunciata al mercato lo scorso 24 gennaio può finalmente avvicinarsi ai canapi di partenza.
La banca guidata da Alberto Nagel si è già ripetutamente espressa con toni fortemente negativi nei confronti dell’offerta pubblica lanciata il 24 gennaio scorso da Luigi Lovaglio. Con ogni probabilità lo farà ancora, evidenziando il proprio punto di vista che non individua nel progetto di Mps una ratio industriale, anche e soprattutto alla luce dell’aggiornamento del piano d’impresa di Mediobanca, che una decina di giorni fa, con orizzonte 2028, ha indicato in un aumento del 30 per cento del dividendo ai soci uno dei punti fermi del progetto stand alone.
È uno degli strumenti preferiti per cercare di anticipare il momento della pensione. Ma, prima di imboccare questa strada, è meglio fermarsi a riflettere perché non sempre questo obiettivo viene centrato. Dipende infatti dalla nostra età, da quando abbiamo iniziato a lavorare e dalla continuità di carriera (che abbiamo avuto o che avremo). Per chi ha iniziato a lavorare a partire dal 1996 può però anche dipendere dall’importo dell’assegno pensionistico, a causa delle soglie previste per poter accedere alla rendita anticipata contributiva (oggi pari a 64 anni di età, con 20 anni di contribuzione). Nelle elaborazioni in tabella abbiamo cercato di rappresentare la variabilità degli effetti di un riscatto di laurea quinquennale. Ci sono situazioni nelle quali si può anticipare di più di 5 anni, altre nelle quali si possono guadagnare tra i due e i tre anni, altre ancora nelle quali non cambia nulla e infine situazioni «paradossali» nelle quali si rischia di lasciare il lavoro più tardi (vedi box in pagina per i dettagli). Naturalmente si tratta di prime indicazioni che vanno affinate in funzione dell’effettiva storia contributiva.
Gli elettrodomestici si sono evoluti e quasi non ce ne siamo accorti. Sono i robot casalinghi (come Saros 10 e Saros Z70 di Roborock) che da aspirapolvere senza cavo si sono trasformati in eccellenti lavapavimenti capaci persino, grazie a un braccio meccanico, di individuare e mettere a posto gli oggetti. Sono frigoriferi che, grazie a un sistema di videocamere interne, riconoscono gli alimenti e avvertono quando il cibo si sta degradando (Samsung Family Hub e Lg InstaView ThinQ). Ancora, sono forni che seguono la cottura in tempo reale e capiscono, dopo avere avvertito con un messaggio vocale il proprietario, quando è il momento di mettere in tavola la pietanza (Whirlpool 6th Sense). Per non parlare delle lavatrici che capiscono il grado di sporco dei vestiti, ottimizzano il lavaggio e, come accade nelle navicelle spaziali, prevedono anomalie e possibili guasti futuri al motore o all’elettronica (Siemens iQ7000)
Sono 11,6 milioni gli italiani che nel 2024 hanno investito in fondi comuni, in aumento rispetto agli 11,1 milioni del 2023. Le fuoriuscite sono state controbilanciate dall’ingresso di circa 1,5 milioni di nuovi sottoscrittori, con il valore totale investito dalle famiglie che ha raggiunto quota 608 miliardi euro. Le rilevazioni provengono dall’Osservatorio annuale sui sottoscrittori di fondi comuni in Italia realizzato dall’Ufficio studi di Assogestioni, l’Associazione italiana delle società di gestione del risparmio. «Dal nostro censimento emerge che, nell’ultimo anno, circa un milione e mezzo di italiani ha investito per la prima volta in fondi comuni, entrando di diritto nell’universo dei sottoscrittori e facendo aumentare il dato complessivo di circa 500 mila unità — spiega Alessandro Rota, direttore Ufficio studi di Assogestioni —. Un numero che, se rapportato all’intera popolazione del Paese, porta il tasso di partecipazione al 19,7%. In pratica, un italiano su cinque sceglie di affidare parte dei propri risparmi a questo strumento».

In Italia, tracce di pesticidi sono state rilevate nel 75% dei punti di monitoraggio fluviali e nel 40% di quelli delle acque sotterranee. In alcuni casi le concentrazioni misurate dovrebbero essere abbastanza basse da non costituire un rischio ecologico: i valori superano i limiti normativi nel 28% delle stazioni superficiali e nel 7% di quelle sotterranee. È quanto emerge dall’ultimo rapporto del Sistema nazionale per la protezione ambientale (Snpa), formato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dalle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell’ambiente.
Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità sanitaria, se la consulenza tecnica sulla cui base il giudice fonda la propria decisione viola il principio di collegialità disposto dall’articolo 15 della legge 24/2017, la sentenza è nulla. Lo ha ribadito la Cassazione nella sentenza 15594 dell’11 giugno 2025, affermando che questa nullità, derivante dalla «inosservanza di norma processuale inderogabile», travolge la decisione anche nel particolare caso in cui un accertamento tecnico preventivo sia stato svolto prima dell’entrata in vigore della legge 24/2017 (quando il principio di collegialità non era ancora in vigore) e poi posto alla base di una sentenza resa all’esito di un giudizio promosso successivamente.
Il professionista, la cui responsabilità sanitaria, a seguito di un procedimento di accertamento tecnico preventivo (Atp), sia stata esclusa, non può avviare un giudizio di accertamento negativo della responsabilità solo per ottenere il rimborso delle spese sostenute nella fase di Atp, considerata stragiudiziale. Manca, infatti, l’interesse ad agire in base all’articolo 100 del Codice di procedura civile. Lo ha stabilito la Cassazione che, con l’ordinanza 13385 del 20 maggio 2025, ha respinto il ricorso di un odontoiatra il quale, dopo una procedura di Atp a lui favorevole, ha cercato di ottenere il rimborso delle spese tecniche e legali. Ma la sua richiesta è stata respinta in appello e anche dalla Cassazione.