Il contratto assicurativo deve essere interpretato secondo buona fede e correttezza e le norme del Codice del Consumo trovano applicazione ogni qualvolta si ravvisi nella condotta dell’intermediario una pratica commerciale scorretta. Recente sentenza della Corte di Cassazione
di Bianca Pascotto
La recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza del 26 maggio 2025 n. 14029) ricorda alcuni principi basilari che reggono l’impianto contrattuale di una polizza, nella specie polizza vita caso morte.
Tutti i contratti assicurativi sono predisposti unilateralmente dalla compagnia (salvo assicurati di importante rilievo economico) e ove si dibatta sull’interpretazione di alcune clausole ambigue, le stesse devono essere interpretate a favore di chi non le ha redatte ai sensi dell’art. 1370 c.c..
Inoltre, le parti sia durante la fase precontrattuale che durante l’esecuzione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede e correttezza ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., favorendo il raggiungimento dei reciproci interessi e l’interpretazione da fornire al testo contrattuale (la polizza nel nostro caso) non deve limitarsi al significato letterale delle parole, ma deve estendersi a comprendere lo scopo pratico perseguito dalle parti.
Nel caso di specie la Corte di cassazione in accoglimento dei numerosi motivi di ricorso, ha ritenuto che Poste Vita spa abbia violato detti principi, abbia contravvenuto agli obblighi precipui di buona fede e correttezza, eccependo a sfavore dei beneficiari, la nullità della clausola contrattuale.
Quest’ultima infatti prevedeva la prescrizione decennale del diritto alla liquidazione della polizza, rispetto ai 2 anni come previsto dall’art. 2952 c.c. vigente all’epoca dei fatti, e Poste Vita si era impegnata a non eccepire prescrizione alcuna, impegno invece disatteso. La scorrettezza per la corte non consiste tanto nel non aver informato per iscritto, come previsto in polizza ed ex lege, il termine breve di prescrizione per la richiesta di liquidazione ma soprattutto nel mancato rispetto di una clausola da lei unilateralmente predisposta.
Quanto poi all’applicazione delle norme contenute nel Codice del Consumo, la Corte ne ravvisa l’integrale applicazione, posto che il Codice del Consumo è volto a salvaguardare l’autodeterminazione del consumatore “imponendo all’operatore commerciale un preciso onere di completezza e chiarezza della comunicazione”.
Poste Vita ha adottato una pratica commerciale scorretta ed ingannevole laddove ha fatto valere la nullità di una clausola contrattuale da lei risposta ai danni del consumatore, clausola che aveva determinato in quest’ultimo la convinzione di poter richiedere la liquidazione del capitale entro il termine dei 10 anni dal decesso dell’assicurato anziché entro i 2 anni ex (vecchio) art. 2952 c.c..