Secondo quanto riporta l’ISTAT, la popolazione residente in Italia, pari oggi circa 59 milioni, è prevista calare a 54,7 milioni entro il 2050. Entro lo stesso anno la quota di anziani di 65 anni e più sale al 34,6% (dal 24,3%), quella di individui di 15-64 anni scende al 54,3% (dal 63,5%). Scende di un punto percentuale la quota di giovani fino a 14 anni (dal 12,2 all’11,2%). Una famiglia su cinque sarà composta da una coppia con figli (oggi tre su 10) mentre il 41,1% delle famiglie sarà formata da persone sole (oggi 36,8%).

L’attesa futura diminuzione della popolazione residente segue l’andamento negativo registrato negli ultimi 10 anni. Lo scenario di previsione “mediano” delinea un ulteriore calo di 478mila individui entro il 2030 (a 58,5 milioni), con un tasso di variazione medio annuo pari al -1,2‰. Nel medio termine la diminuzione della popolazione subisce un’accelerazione: da 58,5 milioni a 54,7 milioni tra il 2030 e il 2050 (tasso di variazione medio annuo pari al -3,3‰).

Nel lungo periodo la dinamica demografica prevista ha un impatto ancora maggiore sulla numerosità della popolazione. In base allo scenario mediano, essa scenderebbe nel 2080 a 45,8 milioni, ulteriori 8,8 milioni in meno rispetto al 2050 (-5,4‰ in media annua). Sotto tale ipotesi il calo complessivo dall’anno base dell’esercizio (2024) ammonterebbe a 13,1 milioni di residenti.

Nell’ipotesi più favorevole la popolazione potrebbe subire una perdita di “soli” 6,2 milioni tra il 2024 e il 2080, di cui 2,2 milioni già entro il 2050. Al contrario, nello scenario di maggiore diminuzione, nel 2080 la popolazione avrebbe 20,0 milioni di individui in meno rispetto ad oggi, 6,5 milioni dei quali già persi nel 2050.

Tutto il territorio nazionale sarà interessato da un progressivo spopolamento, ma con alcune differenze a livello geografico. Tale variabilità farà sì che nel Mezzogiorno il fenomeno raggiunga una dimensione maggiormente significativa rispetto al Centro-nord. Secondo lo scenario mediano, nel breve termine si prospetta nel Nord un lieve ma significativo incremento di popolazione (+1,1‰ annuo fino al 2030). Al contrario nel Centro (-1,3‰) e soprattutto nel Mezzogiorno (-4,8‰) si preannuncia un calo di residenti.

Nel periodo intermedio (2030-2050), e ancor più nel lungo termine (2050-2080), il calo di popolazione sarà invece generalizzato in tutte le ripartizioni geografiche, ma nel Mezzogiorno l’intensità della diminuzione raggiungerà livelli più alti. Nel lungo periodo, la popolazione del Nord potrebbe ridursi di 2,8 milioni di abitanti entro il 2080 ma di appena 200mila se si guarda al 2050. Ben diverso è il percorso evolutivo della popolazione nel Mezzogiorno, la quale nel 2080 potrebbe ridursi di 7,9 milioni di abitanti, 3,4 milioni dei quali già entro il 2050.

L’incertezza che accompagna le evidenze sopra descritte può portare in parte a differenti valutazioni. Nel Nord, ad esempio, è potenzialmente possibile anche un percorso di leggera ma costante crescita demografica (fino a 1,1 milioni di residenti in più al 2080), come rappresentato dal limite superiore dell’intervallo di confidenza. Viceversa, tanto nel Centro quanto nel Mezzogiorno tale possibilità non è mai contemplata, nemmeno sotto le ipotesi di scenario più favorevoli.

Italiani più anziani e più longevi

La popolazione di 65 anni e più oggi rappresenta il 24,3% del totale, quella fino a 14 anni di età il 12,2%, quella tra i 15 e i 64 anni il 63,5%. L’età media della popolazione ha raggiunto il valore di 46,6 anni. Di fatto, la popolazione del Paese è già entrata in una fase accentuata e prolungata di invecchiamento.

L’evoluzione della fecondità, della mortalità e delle dinamiche migratorie, in base a un rapporto all’incirca, di due terzi e un terzo rispettivamente. Entro il 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,6% del totale secondo lo scenario mediano, mentre l’intervallo di confidenza al 90% presenta un campo di variazione compreso tra un minimo del 33,2% e un massimo del 35,9%. Una significativa crescita è attesa anche per la
popolazione di 85 anni e più, quella all’interno della quale si concentrerà una più importante quota di individui fragili, dal 3,9% nel 2024 al 7,2% nel 2050, con margini di confidenza tra il 6,4 e l’8%.

Comunque vadano le cose l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, visti i crescenti fabbisogni della popolazione più anziana.

La quota di giovani fino a 14 anni è prevista in ulteriore discesa fino al valore dell’11,2% nel 2050, secondo lo scenario mediano, nonostante si preveda una fecondità in parziale recupero.
La quota di popolazione anziana crescerà ancora come conseguenza del transito verso le età senili delle consistenti generazioni degli anni del baby boom (nati negli anni ’60 e prima metà dei ’70).
Contemporaneamente, la popolazione in età lavorativa 15-64 anni scenderà al 54,3% in base allo scenario mediano, con una forchetta potenziale compresa tra il 53,2% e il 55,4%, evidenziando anche qui un quadro evolutivo certo, con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sui fabbisogni da garantire al sistema di welfare.