Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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La politica monetaria in evoluzione dopo tanti anni in cui è stata immobile, o quasi. L’incremento dei costi relativi ai sinistri in seguito al moltiplicarsi di eventi catastrofali. L’impatto dell’inflazione, che sta rallentando rispetto al biennio 2021-2023, ma resta pur sempre su livelli elevati per gli ultimi decenni. Sono solo alcune delle nuove sfide con le quali si trovano oggi a fare i conti le compagnie assicurative, al di là dei due motori del cambiamento strutturale costituiti dalla transizione ambientale e da quella digitale. Uno scenario di minacce, ma anche di nuove opportunità, nella misura in cui gli operatori del settore si mostreranno in grado di rispondere ai bisogni emergenti nella società con prodotti innovativi.
La possibilità di costruire un’industria artigianale basata sull’innovazione. Questa è la principale opportunità aperta per il mercato assicurativo dall’avanzata dell’intelligenza artificiale secondo la visione di Gianluca Perin, country general manager di Generali Italia, compagnia guidata dal country manager e ceo Giancarlo Fancel. Quello che a prima vista appare un ossimoro, trova spiegazione nell’analisi di Perin. «Le assicurazioni sono da sempre un business incentrato sui dati, basti pensare al ruolo tradizionalmente svolto dagli attuari. Più un dato è qualitativamente valido, tanto più è possibile costruire un’offerta personalizzata sulle esigenze del singolo cliente», sottolinea. Per poi rimarcare che in Generali Italia questa innovazione è già realtà, infatti il gruppo del Leone ha creato un team composto da circa 150 specialisti di Ai per studiare le soluzioni da adottare sia dal lato dell’offerta, sia a livello organizzativo, per cogliere le opportunità offerte dalla nuova frontiera dello sviluppo tecnologico.
Lo studio Aon e le politiche di inclusività legate alle differenti generazioni di lavoratori: “La chiave è compiere scelte di wellbeing partendo dai bisogni delle persone”. C’ è chi mette al primo posto la genitorialità, chi le pensioni o la salute mentale e chi la flessibilità. Età diverse, esigenze e scale valoriali che cambiano. Politiche di welfare aziendale inclusive devono oggi tener conto almeno di cinque punti di vista differenti, così quante sono le generazioni che sul posto di lavoro convivono, si confrontano e scambiano esperienze e prospettive.
I tagli ai tassi della Bce hanno consentito la ripartenza del mercato: secondo il Crif, la domanda del primo semestre è salita del 3,4% sul 2023. Il fisso fa risparmiare, in attesa di nuove mosse di Lagarde Ma il trend del momento è il “green”, che conviene a banche e famiglie
Dopo 8 anni di interventi al margine sul sistema pensionistico sono apparse alcune proposte di riforma meno congiunturali. Tra queste l’articolo di Alberto Brambilla Pensioni uguali per tutti. La riforma impopolare sul Corriere della Sera, che delinea la nuova terapia: «Meno assistenzialismo, più controlli e innalzamento dell’età pensionabile (con flessibilità)». La “cura” è in linea con la “diagnosi”: la quota di spesa pensionistica assistenziale è in aumento e va dunque ridotta in quanto non sostenuta da versamenti contributivi/fiscali da parte dei beneficiari; la maggior parte dei pensionati di vecchiaia a 67 anni non soddisfa il requisito contributivo di 20 anni se non considerando circa 5 anni di “contributi figurativi” (a copertura di maternità, malattia, disoccupazione); più in generale, l’invecchiamento demografico mette a repentaglio il patto intergenerazionale su cui si fondano i sistemi pensionistici a ripartizione. Dalle ultime due considerazioni discende la proposta di innalzamento (pur con flessibilità e penalizzazioni) dell’età pensionabile e l’estensione da 20 a 25 anni del periodo contributivo minimo. Diagnosi e dati giocano un ruolo decisivo nel delineare il problema da risolvere (“framing”) e individuare le azioni necessarie. Davvero andiamo in pensione troppo presto e l’assistenzialismo rappresenta la grande “stortura” del sistema pensionistico italiano? Non proprio, vediamo perché.
«Per sostenere gli investimenti nelle Pmi occorre introdurre benefici da poter far scontare immediatamente ai risparmiatori ». È la convinzione di GianMaria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali, a proposito della freddezza degli investitori verso i Pir.
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