Nonostante l’elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150 mila, di cui l’89,7 per cento riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023, secondo quanto riporta l’ISTAT nel suo Rapporto annuale 2023.

Gli ultra 65 enni rapporesentano il 24,1% della popolazione totale

La popolazione ultrasessantacinquenne ammonta a 14 milioni 177 mila individui al 1° gennaio 2023, e costituisce il 24,1 per cento della popolazione totale. Tra le persone ultraottantenni si rileva comunque un incremento, che le porta a 4 milioni 529 mila e a rappresentare il 7,7 per cento della popolazione totale. Risultano al contrario in diminuzione tanto gli individui in età attiva, quanto i più giovani: i 15-64enni scendono a 37 milioni 339 mila (63,4 per cento), mentre i ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni 334 mila (12,5 per cento).

Il Centro e il Nord presentano una proporzione di ultrasessantacinquenni leggermente più alta di quella nazionale, rispettivamente pari al 24,7 per cento e al 24,6 per cento. Nel Mezzogiorno tale proporzione è invece del 23,0 per cento. Gli ultraottantenni costituiscono l’8,2 per cento della popolazione totale nel Nord e nel Centro e il 6,8 per cento nel Mezzogiorno.

Il numero stimato di ultracentenari raggiunge il suo più alto livello storico, sfiorando, al 1° gennnaio 2023, la soglia delle 22 mila unità, oltre 2 mila in più rispetto all’anno precedente. Da inizio millennio, grazie a un incremento di oltre 17 mila, il numero di ultracentenari è triplicato. Gli ultracentenari sono in grande maggioranza donne, con percentuali superiori all’80 per cento dal 2000 a oggi. A partire dal 2005 la quota di donne ultracentenarie ha un andamento tendenzialmente crescente fino al 2019, per poi registrare un calo, soprattutto negli anni della pandemia. L’elevata mortalità di questo periodo ha colpito prevalentemente la popolazione più anziana e le donne, riducendo in parte il divario di sopravvivenza con gli uomini.

Gli scenari demografici prevedono un consistente aumento dei cosiddetti “grandi anziani”

Nel 2041 la popolazione ultraottantenne aumenterà del 35,2 per cento rispetto al 2021, superando i 6 milioni; quella degli ultranovantenni addirittura arriverà a 1,4 milioni (+69,4 per cento sul 2021). Si tratta di scenari che pongono molti interrogativi sulla capacità dell’Italia di far fronte a una situazione demografica “sconosciuta”, nel senso che nessun grande paese l’ha mai sperimentata fino a ora in queste proporzioni.

Sul piano qualitativo si può agire per migliorare il benessere della popolazione anziana in modo che l’ampliamento dell’orizzonte temporale della vita vada di pari passo il più a lungo possibile con anni vissuti in buona salute, liberi da condizioni che limitano l’autonomia e la capacità di avere una vita di relazione soddisfacente.

Le evidenze al riguardo sono incoraggianti; il limite di età che definisce l’ingresso nella terza e quarta età si va fluidificando. I concetti di invecchiamento attivo e silver age si identificano con una fase della vita sempre più ampia, in cui le persone, pur avendo superato di molto la soglia dei 65 anni di età convenzionalmente adottata per il calcolo degli indicatori demografici riferiti all’invecchiamento, vivono in buona salute e continuano a partecipare pienamente ai vari ambiti della vita sociale, economica, politica e culturale.

A parità di età, nel confronto tra gli “anziani di oggi” (2022) e gli “anziani di ieri” (2002), nella graduatoria dei miglioramenti osservati sia per la popolazione di 65-74 anni, sia per quella dai 75 anni, troviamo ai primi posti la pratica sportiva, le attività di volontariato e la fruizione delle biblioteche, a testimoniare un progressivo diffondersi di comportamenti attivi e proattivi. A questo si accompagna un generale miglioramento negli stili di vita e nelle condizioni di salute, come la riduzione dei consumi di alcol a rischio, un lieve aumento nel consumo quotidiano di frutta e/o verdura, il decremento della condizione di multicronicità (tre o più malattie croniche). In peggioramento, invece, l’abitudine al fumo per i tardo-adulti (65-74 anni) e la condizione di obesità per gli ultra 74enni.

Per la partecipazione sociale e culturale, gli avanzamenti registrati fino al 2019 sono stati
bruscamente interrotti dalla crisi sanitaria. Oltre il 90 per cento delle persone con 75 anni e più non ha fruito di spettacoli fuori casa nel 2021. Il recupero osservato nel 2022 non è bastato a riportare il vantaggio acquisito fino al 2019. La partecipazione civica e politica, invece, sembra non aver subito particolari effetti a causa della pandemia.

L’area del benessere soggettivo mostra un peggioramento rispetto al passato, che si è acuito durante la pandemia. Sono minori, infatti, le quote di ultra sessantacinquenni soddisfatti del tempo libero, delle relazioni familiari e con gli amici, ma si rileva un aumento delle persone soddisfatte per il proprio stato di salute.

Infine, c’è da osservare come negli ultimi venti anni la quota di utenti regolari di Internet tra le persone di 65 anni e più sia fortemente aumentata, attestandosi al 36,4 per cento, una quota venti volte superiore rispetto al passato20. Ciò ha comportato una considerevole riduzione dei divari digitali per questa fascia di popolazione, una potenziale riduzione dell’isolamento e della solitudine, e una maggiore esposizione a stimoli capaci di contrastare il declino cognitivo.