La scorsa settimana il titolo Mediobanca ha perso il 4,6%, mentre la partecipata Generali ha lasciato sul terreno il 3%. Se la volatilità dello spread e la minaccia di una nuova stretta sui dividendi hanno appesantito l’intero comparto finanziario, la «Galassia» è stata penalizzata soprattutto dalla scomparsa di Leonardo Del Vecchio. Il fondatore di Luxottica ha non solo privato l’industria italiana di una delle menti più geniali, ma ha anche posto una pesante ipoteca sul futuro di Milano e di Trieste. Grazie agli acquisti degli ultimi tre anni la holding di famiglia Delfin è diventata il primo azionista di Mediobanca (19,4%) e il secondo delle Generali (9,95%), ritagliandosi così un ruolo di primo piano nella governance delle due società. Per conoscere la nuova strategia della famiglia bisognerà attendere l’apertura del testamento (attesa per l’inizio di questa settimana) che, con ogni probabilità, designerà Francesco Milleri come timoniere della holding. Il fedele collaboratore di Del Vecchio, nonché ceo e presidente di EssilorLuxottica, dovrebbe essere affiancato da Romolo Bardin che, secondo quanto risulta, potrebbe ricevere deleghe inerenti le partite finanziarie. Se nel board di Delfin continueranno a sedere Mario Notari (incaricato di gestire le procedure notarili relative alla successione), Aloyse May e Giovanni Giallombardo, non si prevede invece un coinvolgimento diretto della famiglia nella gestione. Lo statuto della holding prevede inoltre l’unanimità per tutte le decisioni strategiche dell’assemblea, mettendo gli amministratori al sicuro da eventuali contrapposizioni tra i soci.

Una volta assestata la nuova governance, il mercato specula su tre strategie possibili. Il primo approccio potrebbe puntare più o meno rapidamente all’appeasement. La scomparsa di Del Vecchio, sostiene qualche osservatore, favorirebbe una discontinuità nei rapporti tra Delfin e i vertici di Mediobanca e delle Generali, anteponendo i razionali della finanza alle ruggini del passato. La svolta non dispiacerebbe al ceo di piazzetta Cuccia Alberto Nagel che, con la sua presenza ai funerali di Del Vecchio, ha implicitamente dichiarato una disponibilità al dialogo e alla distensione. Anche se le iniziative concrete spetteranno ai board delle due società, qualcuno vede insomma spazio per una tregua, perfino per una convergenza che risparmi agli azionisti ulteriore instabilità in un periodo già carico di incertezze sul fronte finanziario ed economico.

La seconda opzione per Milleri è per certi aspetti la più scontata: continuare le ostilità aperte nel 2019. Il primo appuntamento utile per dare battaglia è l’assemblea di Mediobanca del prossimo 28 ottobre in vista della quale il nuovo numero uno di Essilux potrebbe tentare di coalizzare alcuni azionisti. Già nelle scorse settimane peraltro si sono ricorse indiscrezioni sul tentativo di radunare un rassemblement di imprenditori italiani per dare l’assalto alla merchant di Nagel. L’esito di una contrapposizione di questo genere rimane però incerto. Non solo le altalene borsistiche di queste settimane non sono un incentivo a investire nelle banche, ma soprattutto l’end game dell’iniziativa rimane poco chiaro. Da un lato i paletti per gli assalitori sarebbero stringenti: dopo lo stop della Bce, Delfin non potrà superare il 20% della mechant bank in assenza di una licenza bancaria e ogni iniziativa congiunta con altri soci rischia di far scattare l’accusa di concerto. Dall’altro lato l’esito dell’assemblea Generali dimostra che gli investitori istituzionali (che detengono la metà del capitale di Mediobanca) difficilmente si schierano contro il top management uscente in una proxy fight. La guerra rischia insomma di rivelarsi dispensiosa e incerta.

Ecco perché Milleri e la famiglia Del Vecchio potrebbero optare per una terza soluzione: liquidare in parte o del tutto la presenza nella Galassia. Negli ultimi 15 anni Delfin ha riversato circa 4,7 miliardi di euro in Generali e Mediobanca, anche se per ora il rendimento rimane piatto. Tra qualche mese però la borsa potrebbe ricominciare a salire dopo la sbandata di inizio anno, facendo emergere ricche plusvalenze dalle partecipazioni dei Del Vecchio. Il momento sarebbe insomma propizio per vendere, specie se alla finestra ci fosse un grande gruppo finanziario disposto a subentrare. Nelle ultime settimane il dossier sarebbe transitato da diversi advisor finanziari (si fanno i nomi di Jp Morgan e Rothschild), mentre sul mercato qualcuno continua a fare il nome di Intesa Sanpaolo anche se il consigliere delegato Carlo Messina ha più volte escluso con forza che il suo istituto entri in queste partite. La lettura del mercato comunque è che un rimescolamento nel capitale potrebbero finalmente allentare le tensioni nella governance di Mediobanca e Generali, consentendo così ai due gruppi di esprimere al meglio il proprio potenziale industriale. La scelta potrebbe convenire anche ai soci di Delfin. Non solo infatti la holding incasserebbe ricche plusvalenze, ma avrebbe così la possibilità di concentrare l’attenzione sull’asset principale, Essilux. Dopo la scomparsa di Del Vecchio il rischio di turbolenze nella governance del colosso dell’occhialeria non va sottovalutato. Sconfitto negli anni scorsi, il fronte francese potrebbe infatti ricompattarsi e attuare piani di revanche contro i soci italiani oggettivamente più deboli. In uno scenario di questo genere, per non trovarsi impegnata su più fronti e concentrare le risorse sull’asset principale, la nuova Delfin potrebbe rinunciare alla finanza a favore dell’industria. Sarà questa la strategia di Milleri? In attesa di saperlo, c’è da scommettere che i titoli Mediobanca e Generali invertiranno presto la rotta e riguadagneranno l’appeal speculativo che in questi ultimi giorni potrebbe essersi solo appannato. (riproduzione riservata)

Dai figli ai consiglieri: i nomi-chiave per la Delfin
di Andrea Deugeni
Tra i sei figli di Leonardo Del Vecchio non è solo Leonardo Maria, il ventisettenne quartogenito dell’imprenditore milanese degli occhiali appena scomparso, a lavorare per il colosso EssilorLuxottica (ex bocconiano, dal 2017 è ceo della controllata Salmoiraghi-Viganò). Secondo documenti societari relativi a Luxottica srl consultati da Milano Finanza, anche la sessantatreenne secondogenita Marisa, nata dal primo matrimonio di Del Vecchio con Luciana Nervo, lavora per il gruppo come direttrice del museo dell’ottica di Agordo, creato nel 1991 per ospitare una collezione di oggetti originali fin dal ‘600 che illustrano la storia dell’ottica. Luxottica Srl è la controllata presieduta da Luigi Francavilla, storico collaboratore di Del Vecchio, e amministrata da Giorgio Striano che con 10,1 milioni di capitale sociale ha come socio unico Luxottica Group. Si occupa del core business di produzione di montature per occhiali da vista e da sole completi di lenti.

A differenza del primogenito Claudio, classe 1956 che è quello che tra i figli di Del Vecchio ha sempre cercato di seguire le orme del padre (è stato consigliere del cda Luxottica fino al 2015 mentre negli Stati Uniti da imprenditore ha rilevato e cercato con poca fortuna di rilanciare l’iconico marchio Brooks Brothers), Marisa e la sorella Paola, di tre anni più giovane (anche loro figlie di primo letto), hanno sempre partecipato da lontano, molto riservate, alla vita dell’azienda di famiglia, presenziando solo alle assemblee in quanto azioniste. Come il fratello Claudio, però, Marisa è stata in cda di Luxottica fino al 2001 e dal 2016 risulta anche procuratrice di Luxottica srl con una serie di poteri, come la possibilità di stipulare contratti fino a 300 mila euro, da esercitarsi nell’ambito della sua attività di direttrice del museo dell’ottica.

Fra la prole del secondo uomo più ricco d’Italia (con un patrimonio di oltre 25 miliardi di dollari), i volti di Claudio e di Leonardo Maria, nato dalla relazione con la moglie Nicoletta Zampillo, sposata due volte, una nel 1997 e un’altra nel 2010 dopo il divorzio del 2000, sono quelli più noti.

Entrambi sono apparsi più volte nelle cronache finanziarie. Negli ultimi anni Claudio, che si è trasferito giovanissimo negli Usa anche per studiare da vicino il sistema della distribuzione per Luxottica (vive tutt’ora con la famiglia nel New Jersey, a mezz’ora di treno da New York), ha dovuto passare la mano in Brooks Brothers, vendendo per 325 milioni di dollari il brand alla cordata americana Sparc Group e Authentic Brands. Il primogenito di Del Vecchio aveva rilevato il gruppo nel 2001 dal colosso Marks & Spencer, tentandone il rilancio senza l’aiuto del padre e passando anche momenti difficili come il crollo delle Torri Gemelle e la crisi di Lehman Brothers. Inesorabile avanzata del prêt-à-porter, boom dello shopping online, Covid e smart working hanno messo in ginocchio il marchio, costringendolo ad aderire alla procedura di concordato fallimentare per salvare l’azienda e cercare una nuova proprietà con le spalle sufficientemente larghe per avviare la ristrutturazione e garantirne la sopravvivenza.

Leonardo Maria, invece, fresco di nozze da favola a Saint-Tropez con la modella Anna Castellini Baldissera e già attivo in alcune avventure imprenditoriali nel food come raccontato da MF-Milano Finanza, è quello che qualcuno indica come il più propenso tra i figli a percorrere le orme del padre nel business dell’occhialeria.

Dopo la laurea in Bocconi e un periodo di studio post-universitario negli States e in Inghilterra, il quarto figlio del fondatore di Luxottica è tornato a Milano per lavorare nell’azienda di famiglia, mostrando passione per la gestione retail. Come il rampollo, anche il fratello Rocco Basilico, il trentaduenne primo figlio di Nicoletta Zampillo nato dal matrimonio con il pioniere degli hedge fund italiani, Paolo Basilico, è a capo di una controllata della «galassia Essilux»: nella società dal 2013, Basilico guida la divisione smart glasses di Luxottica, ma è anche ad di Oliver Peoples, il brand di lusso del gruppo. Poco si sa infine degli ultimi due figli di Leonardo Del Vecchio, Luca e Clemente, rispettivamente classe 2001 e 2004, avuti dalla ex compagna Sabina Grossi, a quei tempi investor relator di Luxottica. Vista la giovane età, non ci sono grandi tracce nelle cronache: il più grande frequenta la Bocconi, mentre il secondo ha frequentato la prestigiosa scuola privata milanese Leone XIII. Tutti e sei gli eredi diretti di Del Vecchio, però, sono seduti in parti uguali su un patrimonio personale di oltre tre miliardi di euro, grazie al possesso del 12,5% di Delfin, la cassaforte di famiglia dentro cui sono custoditi il 32,2% del capitale di EssilorLuxottica, il 27,2% di Covivio, il 19,4% di Mediobanca, il 9,82% di Generali e l’1,92% di Unicredit. Gruppi la cui capitalizzazione complessiva di mercato vale circa 80 miliardi. Ma, secondo le regole dello statuto fissate da Del Vecchio, all’interno della scatola societaria è stata disegnata una netta separazione fra proprietà e gestione. Non solo per l’unanimità necessaria fra i diversi eredi (il 25% di Delfin è in mano poi alla Zampillo) per le deliberazioni in assemblea, ma anche per la presenza in cda di cinque consiglieri a cui è stato attribuito un incarico a vita, configurazione che blinda gli assetti della governance. Dopo l’apertura del testamento, al posto di Del Vecchio entrerà nel board il delfino Francesco Milleri, il ceo-presidente di Essilux che l’imprenditore ha voluto nel 2021 a capo del colosso dell’occhialeria. Gli altri quattro consiglieri sono il manager di fiducia Romolo Bardin, ceo di Delfin ed ex Generali, il notaio milanese Mario Notari che ha curato molte operazioni societarie per il gruppo e che siede anche nel board di Essilux, l’avvocato lussemburghese Aloyse May e Giovanni Giallombardo, entrato in Delfin nel 2013. May, nel board dal 2015 è il tecnico del gruppo, con studio nel Granducato serve anche per risolvere o interpretare le pieghe della legge. Mentre Giallombardo è l’uomo di Del Vecchio in Lussemburgo, territorio che conosce bene in quanto cresciuto professionalmente in Unicredit Luxembourg, di cui è direttore generale. È inoltre presidente di Luxair, compagnia di bandiera del Lussemburgo che vede tra i soci proprio Delfin (13%). (riproduzione riservata)
Fonte: