Nel 2021 i pensionati con redditi da pensione inferiori a 1.000 euro al mese erano il 32% del totale, pari a circa 5 milioni 120mila persone.

Ѐ quanto emerge dal Rapporto Inps che precisa che il dato considera gli importi lordi maggiorati delle integrazioni al minimo associate alle prestazioni, delle varie forme di Indennità di accompagnamento, della quattordicesima mensilità e delle maggiorazioni sociali associati alle prestazioni.

L’Inps evidenzia che la percentuale di pensionati con reddito inferiore a 12.000 euro è però pari a 40% se si considerano solo gli importi delle prestazioni al lordo dell’imposta personale sul reddito. Secondo il rapporto Inps, inoltre, con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro.

I pensionati a fine dicembre 2021 erano 16 milioni per un importo lordo complessivo di quasi 312 miliardi (+1,55% sul 2020). Sebbene le donne siano il 52% del totale (8,3 milioni a fronte di 7,7 milioni di uomini), percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi.

L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini “è superiore a quello delle donne del 37%”. Se in media i pensionati percepiscono 1.620 euro al mese le donne hanno 1.374 euro, oltre 500 in meno degli uomini (1.884).

pensionati

Per sostenere il sistema pensionistico occorre più lavoro e meglio retribuito”, afferma Pasquale Tridico, presidente di Inps, nella sua relazione annuale. “Il Rapporto propone un esercizio di simulazione in cui sono state ricostruite le contribuzioni accumulate nei primi 15 anni di carriera lavorativa dalle generazioni nate tra il 1965 e il 1980, alle quali si applica esclusivamente il sistema contributivo. Una parte di loro non è riuscita a guadagnare retribuzioni superiori a quello che equivarrebbe oggi ad un salario minimo di 9 euro lordi orari. Se si introducesse un tale salario minimo, i loro profili contributivi si alzerebbero significativamente, in media del 10%”.

Per l’equilibrio del sistema previdenziale, “occorre garantire la sostenibilità della spesa ma anche l’allargamento della base contributiva sia in termini di recupero del sommerso che di incremento della massa retributiva per i lavoratori regolari. Per favorire retribuzioni più elevate puntando alla produttività, è necessario un forte investimento in formazione soprattutto, ma non solo, durante il periodo giovanile. Incentivi alla formazione possono passare attraverso la valorizzazione ai fini pensionistici del corso di studi universitari o di altra fase di formazione, ad esempio con l’accredito figurativo del periodo di formazione o di studi universitari, lasciando che il restante periodo possa essere accreditato gratuitamente a condizione che il livello di importo pensionistico a calcolo sia inferiore a un tetto prestabilito. Tale possibilità eviterebbe effetti redistributivi distorti e ridurrebbe contestualmente l’impegno finanziario. Una strategia aggiuntiva per rafforzare la sostenibilità del sistema è quella di programmare la regolarizzazione di nuovi cittadini stranieri per coprire i posti di lavoro non sostituiti a causa dell’invecchiamento della popolazione residente. La regolarizzazione del 2020 si è dimostrata efficace, anche se più nel settore del lavoro domestico che nel settore agricolo. Il problema dell’immigrazione straniera e della sua regolarizzazione può e deve essere inquadrato in Italia anche nella prospettiva di tenuta del sistema previdenziale del Paese”.

Il report di Inps evidenzia che a partire da gennaio 2021 la ripresa occupazionale si è dispiegata consentendo il ritorno a valori vicini ai massimi storici registrati prima del Covid-19. Il tasso di occupazione ha quasi raggiunto il 60%, il valore più alto registrato da sempre, eppur ancora lontano dall’obiettivo europeo del 70%. Gli assicurati all’Inps (dipendenti e indipendenti) nel 2021 sono aumentati – anche rispetto al 2019 – raggiungendo quota 25.683 milioni. Tra gli indipendenti è proseguito il trend di lenta e continua erosione per artigiani, commercianti e agricoli autonomi, mentre in crescita o stabili risultano le componenti del lavoro parasubordinato afferenti alla gestione separata (amministratori, collaboratori, etc.).