LA MAPPA DISEGNATA DALLO HUMAN SMART CITY INDEX DI EY. RESTA ALTO IL DIVARIO NORD-SUD
di Antonio Longo
Nel post Covid -19 le città diventano, ancora più che in passato, sempre più intelligenti e tecnologiche e soprattutto a misura di persona, ma nello scenario italiano la distribuzione geografica delle città smart conferma un notevole divario tra Nord e Sud. Infatti, tra le 40 città meridionali, solamente tre città metropolitane si collocano nella prima fascia, ossia Cagliari, Napoli e Bari. Sul podio, invece, si piazzano ancora una volta, nell’ordine, Milano, Bologna e Torino.

Ad attestarlo sono i risultati della sesta edizione dello Smart city index di EY, diventato appunto Human smart city index, che ha analizzato le 109 città capoluogo di provincia, classificando il livello di sviluppo sui tre assi strategici della transizione ecologica e digitale e dell’inclusione sociale. I 456 indicatori utilizzati per calcolare l’indice sono stati suddivisi nelle due categorie riguardanti le iniziative e gli investimenti pubblici e privati degli stakeholder (ossia i cosiddetti portatori di interessi) al fine di rendere disponibili infrastrutture e servizi, e i comportamenti dei cittadini-utilizzatori.

La top ten. Il processo di trasformazione in città a misura di persona è ancora all’inizio, anche nelle città più avanzate. Milano si conferma la città in cima alla classifica sia per azioni e investimenti sia per comportamenti dei cittadini. Il punto di forza del capoluogo meneghino è legato, in particolare, alla transizione digitale, sia per quanto attiene alle infrastrutture sia per le competenze dei cittadini e l’utilizzo dei servizi online.

Al secondo posto Bologna, grazie al primato in termini di inclusione sociale, con particolare riferimento alle spese sociali e al coinvolgimento dei cittadini nella vita pubblica della città. Sul gradino più basso del podio si piazza Torino, grazie alla componente legata ai comportamenti dei cittadini, soprattutto in termini di transizione ecologica. Da sottolineare che queste tre città sono sul podio ininterrottamente dal 2014, con posizioni spesso invertite.

La top ten è completata da cinque città di medie dimensioni quali Trento, Parma, Bergamo, Padova e Brescia, che precedono Venezia e Firenze.

«La domanda di città “a misura di persona” sta emergendo in maniera molto forte e anche le aziende si trovano a dover comprendere e gestire l’impatto dei nuovi trend urbani sui loro dipendenti: lo smart working, una nuova visione del lavoro e dei valori a esso legato sono la parte più evidente, ma la maggiore attenzione all’ambiente, il desiderio di spostamenti più sostenibili e un miglior bilanciamento tra lavoro e vita privata sono trend irreversibili», commenta Andrea D’Acunto, people advisory services leader di EY in Italia, «le città che saranno più capaci e più veloci nel riprogettarsi e nel riqualificare gli spazi residenziali e di lavoro diventeranno più attrattive. La Human Smart City è la città che (ri)progetta infrastrutture e servizi coniugando centralità della persona, innovazione tecnologica e sostenibilità e rappresenta un’opportunità sia per le aziende sia per le amministrazioni locali di attrarre lavoratori e cittadini».

La pandemia e il cambiamento climatico hanno messo in discussione il rapporto tra città e abitanti che desiderano città a misura di persona, in cui si recuperi il senso di comunità.

Il Meridione nelle retrovie. La prima città piccola, con meno di 80 mila abitanti, è Pordenone (21°), seguita da Pavia (24°), Mantova (26°), Cremona (30°) e Cuneo (35°). La prima città del Sud è Cagliari (19°), seguita da Napoli (34°) e Bari (36°). La distribuzione geografica delle città secondo la fascia di ranking conferma un notevole gap tra Nord e Sud.

In generale, la dimensione delle città costituisce una variabile determinante nella realizzazione della smart city, le città metropolitane prevalgono su quelle medie e quelle piccole. Il Sud mostra una prevalenza di investimenti rispetto ai feed back provenienti dai cittadini; quindi, la capacità di engagement degli utenti è scarsa, indicando tale elemento come un aspetto su cui concentrarsi. Le città con alto punteggio di «readiness» (ossia la capacità di essere pronti al cambiamento e cioè investimenti e iniziative delle città) e basso punteggio di comportamenti («human ready») investono e sviluppano iniziative ma fanno fatica a coinvolgere i cittadini e hanno ottenuto, almeno sinora, una risposta largamente inferiore agli sforzi profusi. Si tratta di metropoli del Sud che hanno molto investito grazie ai fondi strutturali, che devono ancora produrre risultati tangibili, e di città medie del Centro – Nord che hanno molto investito in smart city negli ultimi anni senza, però, ancora avere ottenuto significativi cambiamenti nei cittadini. Viceversa, le città con alto punteggio di comportamenti e basso punteggio di readiness sono piccole città tradizionalmente poco smart ma i cui cittadini, grazie soprattutto alla dimensione contenuta, sviluppano comportamenti virtuosi, come se anticipassero le iniziative del comune e degli altri stakeholder. Nel complesso, i territori regionali mostrano una situazione molto differenziata: Emilia Romagna, Toscana e Umbria attuano molte iniziative investendo ingenti risorse, mentre Lazio, Campania e Piemonte sono complessivamente sbilanciati verso i comportamenti dei cittadini, confermando una scarsa propensione agli investimenti smart.

Le filiere produttive. Le città manifestano una forte spinta alla riprogettazione nella fase post pandemica. Come evidenziano gli analisti, la ridefinizione dei tempi e degli spazi urbani, come lo scaglionamento degli orari di apertura di attività educative, commerciali e lavorative, ha significato spingere il cittadino a ripensare i propri movimenti in un’ottica non solo personale e individualistica, ma collettiva. Pertanto, le città che saranno più capaci e più veloci nel riprogettarsi e nel riqualificare gli spazi tra uffici e residenziale diventeranno più attrattive perché forniranno la flessibilità che le nuove professioni «ibride» ricercano. In questo contesto, anche gli spazi verdi, soprattutto se saranno distribuiti capillarmente, giocheranno un ruolo competitivo molto importante. La riqualificazione degli spazi sarà accelerata dai nuovi business, per cui le città economicamente più dinamiche, in cui cioè nascono più nuove aziende, start-up, imprese digitali e creative, avranno maggiori spunti per la riqualificazione. L’elevata concentrazione territoriale del sistema produttivo ha importanti riflessi sullo sviluppo smart dei territori stessi che condiziona lo sviluppo del paese. Nel complesso, in base agli esiti della ricerca, più di metà del territorio italiano, pari a 61 territori, ha almeno una specializzazione produttiva, cioè contribuisce ad almeno una filiera con un’occupazione sopra la media. In particolare, 16 territori sono specializzati in una sola filiera mentre 15 territori hanno un ruolo preminente in 10 o più filiere delle 17 considerate. Solo Milano, Roma e Bologna sono presenti in modo significativo nelle 17 filiere prese in esame. Solo cinque filiere superano il valore medio nazionale, si tratta di filiere, come technology & telco (tecnologia e telecomunicazioni), produzione automotive, dispositivi medici, farmaceutico, media & entertainment, nelle quali pesa fortemente l’alta concentrazione nei territori metropolitani del Nord e del Centro, come Milano, Torino, Roma, Bologna e l’Emilia Romagna. Invece, le filiere meno avanzate, come agrifood e retail food, scontano una concentrazione nelle zone più rurali, in cui il livello di «human smartness» risulta meno diffuso, e il retail automotive, più distribuito uniformemente sul territorio, rispecchia meno la concentrazione nelle aree produttive più avanzate.

Le restanti nove filiere si posizionano in una stessa area della matrice, al di sotto della media sia di readiness sia di comportamenti.
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