I RISULTATI DI UN’INDAGINE DI VIA NAZIONALE SULLE BANCHE ITALIANE. DOMANI GLI ESITI DEL PRIMO STRESS TEST BCE SUL TEMA
di Francesco Ninfole
Domani la Bce comunicherà gli esiti del primo stress test sui rischi climatici delle banche dell’Eurozona. La Banca d’Italia ha invece pubblicato i risultati di un’indagine sul tema fatta attraverso un questionario inviato a oltre 250 istituti nazionali nel primo trimestre dell’anno. Dall’analisi è emerso che «solo una quota limitata di intermediari ha già avviato analisi dell’impatto del rischio climatico sul portafoglio crediti, anche se una vasta percentuale di banche si accinge a farlo in un prossimo futuro».

Bankitalia ha inoltre osservato che rispetto a simili rilevazioni negli anni passati è in crescita il numero di banche attente sui rischi climatici, ma rimane «ancora insufficiente la diffusione di buone pratiche per la loro completa integrazione nelle strategie aziendali». Nel complesso, ha aggiunto Via Nazionale, «sono necessari ulteriori sforzi», in particolare per quanto riguarda «la valutazione degli impatti climatici sul sistema finanziario che sconta una scarsa disponibilità di informazioni e una seria difficoltà nel concettualizzare come gli impatti ambientali si trasmettano all’economia».

Le autorità nazionali ed europee stanno da tempo aumentando la pressione sugli istituti per pratiche migliori sui rischi climatici. Il primo passo in tal senso è stata la guida Bce pubblicata nel novembre 2020. Ad aprile la Banca d’Italia ha presentato un documento sulle aspettative di vigilanza che contiene un primo insieme di indicazioni generali e non vincolanti sull’integrazione dei rischi ambientali nei sistemi di gestione e controllo e sulle informazioni da diffondere al mercato.

Gli autori dell’analisi Bankitalia (Cristina Angelico, Ivan Faiella e Valentina Michelangeli) hanno evidenziato che i rischi dei cambiamenti climatici «non sono ancora considerati come parte integrante dell’attività dalla maggior parte delle banche, soprattutto da quelle di minore dimensione». Tuttavia è in aumento il numero di intermediari che hanno avviato o stanno per avviare attività per considerare questi rischi.

Più in dettaglio, dall’indagine è emerso che il 13% delle banche intervistate valuta l’impatto del rischio climatico nella gestione del portafoglio crediti, mentre l’80% si propone di farlo in futuro. Il gruppo di banche che ha un maggiore ritardo è principalmente costituito da banche di credito cooperativo (sono il 70% degli intermediari che non ha ancora iniziato nessuna attività). Quanto agli stress test, uno strumento considerato appropriato per i rischi ambientali, la metà delle banche ha avviato o si è proposta di avviare analisi di scenario. La propensione agli stress test è più elevata fra le banche con un volume maggiore di prestiti.

Una quota molto contenuta degli istituti considera nella valutazione della controparte il rischio fisico, come quello di siccità e alluvioni. Per quanto riguarda il rischio di transizione, solo una frazione ridotta delle banche ha già raccolto informazioni sulle emissioni di gas serra attribuibili alle aziende a cui è stato concesso credito. Secondo la rilevazione, solo quattro banche hanno dichiarato di conoscere l’intensità carbonica del portafoglio crediti.

Domani l’attenzione sarà sul primo stress test climatico Bce, considerato un «esercizio di apprendimento» dai supervisori. L’esame non imporrà in modo diretto maggiori requisiti di capitale alle banche, anche se la regolamentazione internazionale potrebbe procedere in questa direzione. Francoforte intanto ha iniziato a considerare le politiche ambientali nei reinvestimenti di corporate bond e nelle garanzie richieste nei rifinanziamenti bancari. (riproduzione riservata)
Fonte: logo_mf