di Pierluigi Mandoi
Dalla raccolta di giugno di Anima arriva un altro indizio su quanto i timori di recessione e le incertezze sulla situazione economica globale stiano pesando sul settore del risparmio gestito italiano. Nel mese appena concluso la raccolta netta della società del ceo Alessandro Melzi d’Eril è stata negativa per 247 milioni di euro: un risultato inferiore alle stime degli analisti, che conferma la tendenza dei risparmiatori italiani a tornare alla liquidità, già in atto dall’inizio del conflitto. Arriva dopo l’allarme di Credit Suisse, già riportato ieri su MF-Milano Finanza, su come la decrescita degli asset under management delle banche italiane sia destinata a erodere i ricavi da commissioni degli istituti.

«Il contesto di mercato non ha incentivato il proseguimento della conversione da liquidità a gestito», ha commentato Melzi d’Eril. A maggio la raccolta netta della società era stata positiva per 16 milioni mentre da inizio anno, nonostante il dato negativo dell’ultimo mese, il totale segna +900 milioni. Le masse complessive gestite dal gruppo sono scese a 183 miliardi dai 187,7 di fine maggio: se si escludono le deleghe assicurative di ramo I, gli asset complessivi gestiti ammontano a 99,3 miliardi, in flessione del 9% dal 31 dicembre 2021 e del 3% anno su anno. In un’altra giornata fortemente negativa per le borse europee, il titolo Anima ha accusato una forte flessione, chiudendo gli scambi in calo del 7,2%. Ma il peggioramento del sentiment dei risparmiatori è iniziato in primavera, come hanno mostrato i dati di maggio di Assogestioni e Assoreti. L’associazione presieduta da Carlo Trabattoni ha segnalato che l’industria italiana del risparmio ha chiuso il mese in rosso, come già in aprile e marzo. Flussi netti negativi per 1,27 miliardi di euro e, nonostante l’andamento fortemente positivo dei fondi azionari (+2,5 miliardi pur in presenza di mercati turbolenti), un saldo dei fondi aperti sotto lo zero per la prima volta dopo 25 mesi di crescita.

Assoreti, pur rilevando afflussi totali per 3,9 miliardi di euro, ha sottolineato come i tre quarti della raccolta delle reti di consulenza siano confluiti nei conti correnti, per un totale da inizio anno di 12,7 miliardi. Il dato, come aveva sottolineato il segretario generale dell’associazione, Marco Tofanelli, non deve essere letto isolatamente, visto l’aumento del numero dei clienti e la necessità di una «continua attività di pianificazione degli investimenti» che può richiedere oggi un periodo più lungo di stabilizzazione: la componente di risparmio gestito, inoltre, era risultata positiva per 881 milioni. Ma il totale confluito in liquidità, più che doppio rispetto ai 6 milioni del 2021, ha destato comunque preoccupazioni.La sfida per il risparmio gestito sarà ora fermare il trend dei deflussi, anche perché con l’inflazione all’8% parcheggiare il denaro nei conti correnti equivale a erodere quanto risparmiato. Si tratterà di rimodulare i prodotti e mettere i risparmiatori al riparo dalla volatilità dei mercati. Come ha detto Melzi d’Eril a commento del risultato di giugno riportato da Anima, si potrebbe tornare sul reddito fisso, dove i buoni rendimenti delle obbligazioni governative forniscono «un’opportunità di rimodulare i nuovi prodotti, sempre focalizzati sulla logica ad accumulo per la componente azionaria, che possono ora contare su migliori aspettative per il portafoglio a reddito fisso e quindi un profilo rischio rendimento più in linea con un contesto di elevata volatilità». (riproduzione riservata)

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