AL CONVEGNO CORTE CONTI PUNTO DI MAZZOTTA (RGS) SU 10 ANNI DI POLITICHE
di Francesco Cerisano
«Quota 100 non è stata un vantaggio per la p.a. e non ha realizzato, almeno per il pubblico impiego, l’auspicato ricambio generazionale. Le risorse umane che sono fuoriuscite dalla p.a. non sono state sufficientemente sostituite da assunzioni di giovani che continuano a sembrare poco interessati a lavorare nella pubblica amministrazione. Per questo è essenziale che le riforme che il governo sta mettendo in campo sul reclutamento funzionale al Pnrr diano ai giovani una prospettiva di carriera e di valorizzazione nella p.a.». A Madonna di Campiglio (Tn) alla giornata conclusiva del convegno della Corte conti sul ruolo del pubblico impiego per la ripresa del Paese, il Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, ha fatto il punto su 10 anni di politiche del lavoro nella p.a., in cui tra blocchi del turnover, limiti agli scatti stipendiali e tetti ai massimi retributivi si è perso il 20% delle risorse umane sia nei ministeri sia in periferia (negli enti territoriali oltre -100 mila dipendenti tra 2011 e 2020). «Quando si è tornati al turnover al 100% è arrivata la pandemia a bloccare concorsi e assunzioni», ha osservato Mazzotta. Ma già prima del Covid, la possibilità di lasciare il lavoro in anticipo grazie a Quota 100 ha inferto l’ennesimo duro colpo agli organici pubblici. Secondo i dati al 31 marzo della Rgs erano 113 mila i fuoriusciti dalla p.a. grazie a Quota 100, su circa 320 mila domande accolte: un terzo di tutte le istanze ha riguardato il pubblico impiego. Lo sblocco delle assunzioni, avvenuto per i comuni già prima della pandemia, grazie al nuovo meccanismo messo in campo dal dl crescita 2019 (art. 33, dl 34/2019) che lega la capacità di spesa per il personale al criterio della sostenibilità finanziaria, ha liberato circa 2,5 miliardi per assumere 65 mila nuovi dipendenti. Si aggiungono poi le risorse messe in campo dall’Ue per finanziare gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma, ha avvertito Mazzotta, per ridare dignità al pubblico impiego (come auspicato nella prima giornata del convegno dal professor Ferruccio Resta, presidente dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) «occorre trovare il modo per attrarre i giovani, dando loro prospettiva di carriera e di valorizzazione nella p.a. Se, grazie ai fondi del Pnrr, dobbiamo mettere delle risorse in più sul personale, spendiamole bene per esempio per acquisire nuove professionalità». Il Ragioniere generale dello stato è intervenuto anche sul tetto al finanziamento del salario accessorio. Il decreto Reclutamento (si veda ItaliaOggi di ieri) punta a rimuovere i vincoli in vigore dal 2017 (in base ai quali l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale non può superare il corrispondente importo del 2016). Mazzotta ha avvertito come tali limiti siano ancora vigenti e la norma di superamento inserita nel dl 80/2021 è «una norma programmatica che costerebbe tra i 2 e i 3 miliardi. Ove la politica voglia rimuovere tale vincolo dovrà trovare le risorse», ha avvertito Mazzotta. «Questa due giorni di lavori ha rilanciato l’esigenza di invertire il saldo migratorio negativo riguardo ai nostri giovani talenti», ha osservato Giampiero Pizziconi, professore a contratto in contabilità pubblica all’Università Mercatorum e consigliere Corte conti, nonché organizzatore del convegno trentino. «Il recente dl 80/2021 sembra andare in quella direzione ma è veramente cosi? I reclutamenti delle alte professionalità di cui all’art. 10 del decreto con contratti a tempo determinato per 36 mesi dopo i quali vi sarà solo incertezza sono in grado di attirare talenti o rischiano di produrre solo ulteriore precariato?». La semplificazione poi non può non transitare attraverso un’ampia opera di delegificazione. «Lo strumento della deroga» ha concluso Pizziconi, «non può che alimentare le già numerose stratificazioni normative che rendono difficile le gestioni».

* da Madonna di Campiglio

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