Paola Valentini
Le cinque protagoniste del risparmio gestito italiano resteranno single a lungo? Il risiko dell’asset management scalda in piena estate anche le sale operative dopo che diversi analisti sono tornati a puntare l’attenzione sull’M&A sulla scia delle possibili mosse di Mediobanca, decisa a crescere ancora in questo business e con rumors di mercato che la indicano in pole position per DB Financial Advisors (Deutsche Bank), struttura con oltre mille consulenti finanziari, masse per 16 miliardi di euro e una valutazione potenziale di 350-400 milioni. Su quest’ultima ha messo gli occhi anche Allianz Bank (58,4 miliardi di masse e quasi 2.300 banker), la banca-rete del gruppo tedesco in Italia. Secondo alcune fonti l’esito finale potrebbe essere quello di un accordo made in Germania, quindi tra Deutsche Bank e Allianz. Certo, come segnalano alcuni analisti, Db Financial Advisors ha una partnership nelle assicurazioni con Zurich che creerebbe sovrapposizioni entrando nell’orbita di Allianz. Un problema che non si creerebbe con Mediobanca. Quest’ultima con l’acquisizione dei consulenti di Deutsche Bank farebbe un netto salto dimensionale nella classifica Assoreti (considerando gli oltre 6 miliardi di Chebanca), proiettandola nella top che vede al primo posto (in base agli ultimi dati di fine marzo) il gruppo Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking-Sanpaolo Invest con oltre 250 miliardi, seguito da Banca Mediolanum con 87 miliardi, Fineco con 84 miliardi, Banca Generali con 76 miliardi, Allianz Bank con 58,4 miliardi e Azimut con 47,2 miliardi. Senza dimenticare gli asset per oltre 40 miliardi di Mediobanca Private Banking. Ma anche se sfumasse l’operazione con Db, la banca guidata dal ceo Alberto Nagel ha abbondante liquidità, anche per via della mancata distribuzione dei dividendi nell’ultimo anno dopo lo stop della Bce imposto per la pandemia. E le società quotate di risparmio gestito, Anima, Azimut, Banca Generali, Banca Mediolanum e Fineco, grazie al recupero dei mercati si sono confermate dei veri gioielli, chiudendo la prima parte dell’anno con risultati molto brillanti e raccolta netta nei sei mesi vicina alle stime per l’intero 2021 (si veda tabella). Ubs ha fatto nei giorni scorsi tre simulazioni su altrettanti possibili nozze di Mediobanca con Fineco, Mediolanum o Banca Generali. L’investment bank arriva alla conclusione che dal punto di vista della generazione degli utili la banca guidata dall’ad Massimo Doris appare la soluzione che offrirebbe migliori prospettive, anche se il business model di Banca Generali è il più simile a quello di Mediobanca, che punta a focalizzarsi sui patrimoni di taglia elevata (un mercato cui punta anche il gruppo guidato dall’ad Alessandro Foti, che però è ancora esposto per oltre la metà delle masse sui clienti affluent). L’ipotesi di un corteggiamento di Banca Generali da parte di Mediobanca era circolata lo scorso autunno, ma è poi sfumata anche sulla scia dei movimenti nell’azionariato di Piazzetta Cuccia, tenendo conto che Banca Generali è al 51% di Generali. Intanto il gruppo guidato dall’ad Gian Maria Mossa ha una posizione tale per cui non ha fretta di realizzare a sua volta operazioni di M&A. «Abbiamo un modello unico e nel private banking in Italia siamo sul podio dietro a Intesa Sanpaolo e Unicredit. Siamo un’azienda solida con risultati di bilancio brillanti e se ci sono dossier li studiamo, ma oggi non stiamo guardando qualcosa di specifico, siamo concentrati sul nuovo piano industriale che presenteremo tra fine 2021 e inizio 2022», sottolinea l’ad di Banca Generali.

Quanto ad Azimut, questa è stata esclusa dalla simulazione di Ubs per via della sua presenza in segmenti che non interessano a Mediobanca, dal momento che è esposta per oltre un terzo all’estero. La società di gestione presieduta da Pietro Giuliani nel corso degli ultimi anni ha portato avanti una costante politica di espansione internazionale sia tramite acquisizioni sia tramite crescita organica che l’hanno portata ad avere una presenza globale in tutto il mondo. Azimut è invece finita nel mirino di Barclays, che ha appena alzato il prezzo obiettivo da 23,1 a 27 euro e il giudizio da equal-weight a overweight (sovrappesare) proprio per la politica di espansione internazionale: «Abbiamo una visione positiva sugli asset gatherer italiani e rivediamo in particolare le previsioni su Azimut perché pensiamo che ci sia stata limitata informativa da parte della società sulle recenti mosse nell’m&a e nell’ambito delle iniziative sui private market il cui contributo non si riflette nel consenso», afferma Barclays.

Intanto a fine giugno Citi si era focalizzata su un’unione Mediobanca-Banca Mediolanum definendo le due banche come possibili Promessi Sposi. Citi sempre nei giorni scorsi è ritornata sul tema delle mire espansionistiche nell’asset management di Mediobanca (buy e prezzo obiettivo di 11,5 euro) avvertendo che «qualsiasi accordo debba essere considerato con attenzione, valutando anche come fattori chiave la fidelizzazione dei consulenti finanziari e la capacità di integrare la rete». Il rischio infatti è quello di comprare una struttura che si svuota oppure che vada poco d’accordo con i banker esistenti. Intanto i riflettori si accendono anche su Anima dopo le trattative tra il Mef e Unicredit su Banca Mps. Se l’istituto senese dovesse passare alla banca guidata dall’ad Andrea Orcel, per Anima si aprirebbero scenari tutti da definire dato che la sgr ha un accordo di distribuzione con Mps e un ingresso di quest’ultima nell’orbita di Piazza Gae Aulenti potrebbe tradursi in un ampliamento della sua rete di collocamento. Ma questa storia è ancora tutta da scrivere. (riproduzione riservata)

Fonte: