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Ovvero come la tesi della nullità, morendo, ha generato più incertezze di quante ne avesse suscitate in vita. Scomparsa la nullità, infatti, è rimasto – e si è rafforzato – il controllo della “adeguatezza”: un cerino acceso lasciato in mano all’intermediario.

Autore: Marco Rossetti
ASSINEWS 332 – luglio-agosto 2021

1. Premessa
Fra le sterminate collezioni del British Museum v’è una stampa commemorativa che il Principe elettore della Sassonia-Anhalt fece dedicare a Lutero. Il leader della Riforma protestante vi appare inquadrato in una edicola, sormontata da un timpano recante l’iscrizione “Pestis eram vivus, moriens ero mors tua, Papa” (“Peste ero da vivo, morendo sarò la tua morte, o Papa”)1.
L’invettiva luterana aveva un suo fondo di verità: non sono pochi, infatti, i casi in cui la soppressione del perseguitato diventa esiziale per il persecutore: lo furono il rogo di Bruno per la Chiesa cattolica, o la detenzione di Pellico per l’impero austro-ungarico.

Su scala meno epica, credo che un effetto simile sia scaturito dalla proclamazione della validità della clausola claims made, affermata dalla Corte di Cassazione due volte a sezioni unite: quanti auspicavano la morte della tesi della nullità, infatti, si sono ritrovati con una clausola valida in linea di principio, ma i cui effetti restano ora subordinati ad un sempiterno controllo di “adeguatezza” rispetto al singolo contratto.
Un controllo che per la multiformità dei casi, per l’ingegnosità dei litiganti, per le oscillazioni della giurisprudenza, rischia di diventare così aleatorio, da impedire qualsiasi seria previsione circa le sorti d’un contratto in cui sia inserita quella clausola.

Due recenti decisioni della Suprema Corte parrebbero confermare questa conclusione, giungendo a conclusioni apparentemente opposte. Per comprenderne senso e portata, tuttavia, non si può fare a meno di riavvolgere il nastro, e ricordare brevemente la storia giudiziaria della clausola claims made.

2. I contrasti
La clausola claims made è il patto in virtù del quale l’assicuratore della responsabilità civile si obbliga a tenere indenne l’assicurato dei danni causati a terzi, a condi zione che la richiesta risarcitoria da parte del terzo gli pervenga durante il periodo di efficacia della polizza.

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