La crisi pandemica ha esercitato un forte impatto sui comportamenti demografici. Il quadro demografico rilevato dall’Istat per il 2020 è contraddistinto da un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia.

Il record negativo del minor numero di nascite toccato nel 2019 è stato di nuovo superato nel 2020. I nati della popolazione residente sono stati 404.104, in diminuzione del 3,8 per cento rispetto al 2019 e di quasi il 30 per cento a confronto col 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite.

Il calo del 2020 è generalizzato sul territorio ma più accentuato al Nord-ovest (-4,6 per cento).

La nuova fase di diminuzione delle nascite avviatasi a partire dal 2008 è, in parte, dovuta
agli effetti strutturali indotti dalle modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne italiane sono sempre meno numerose, riflettendo il forte calo della fecondità del periodo 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.

nascite

L’apporto dell’immigrazione

A partire dagli anni Duemila l’apporto dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane e con comportamenti riproduttivi differenti, ha causato – anche a seguito dei ricongiungimenti familiari favoriti dalle regolarizzazioni della componente straniera irregolarmente presente – un leggero innalzamento di questo valore, ma sta lentamente perdendo effi cacia man mano che aumenta l’età media della popolazione straniera residente e procede un processo di assimilazione nei comportamenti riproduttivi.

L’impatto del Covid-19

L’Istat precisa che il calo di nascite registrato nel 2020 è stato influenzato solo in piccola parte dalla pandemia. I primi dieci mesi dell’anno mostrano una diminuzione del 2,7 per cento, in linea con il ritmo che ha caratterizzato il periodo dal 2009 al 2019 (-2,8 per
cento in media annua). La discesa accelera in misura marcata nei mesi di novembre (-8,2 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno prima) e soprattutto di dicembre (-10,3 per cento), corrispondenti ai concepimenti dei primi mesi dell’ondata epidemica 2020.

Nel Nord-ovest, più colpito dalla pandemia, a dicembre il calo tocca il 15,6 per cento. Si può senz’altro ritenere che la situazione di incertezza prevalsa con l’avvio del primo lockdown abbia influenzato la scelta di rinviare il concepimento.

Un’ulteriore conferma a sostegno di questa ipotesi proviene dall’andamento delle nascite nei primi mesi del 2021: la diminuzione persiste nei mesi di gennaio (30.903 nati, -14,0 per cento) e febbraio (29.438 nati, con un calo del 4,7 per cento al netto dell’effetto della presenza di 29 giorni a febbraio 2020)10, ai quali corrispondono nascite per la quasi totalità riferibili ai concepimenti di aprile e maggio 2020.

Il calo di gennaio, che accentua quello degli ultimi due mesi del 2020, lascia pochi dubbi sul
ruolo svolto dalla particolare situazione di incertezza innescata dalla pandemia. I bambini nati a febbraio 2021 sono stati concepiti principalmente a maggio 2020, alla fine del periodo di isolamento primaverile, e la marcata attenuazione della discesa potrebbe derivare da tale sviluppo.

Le aree che hanno subito la maggiore diminuzione sono il Mezzogiorno e il Nord-ovest per i nati di gennaio e il Centro per quanto riguarda febbraio.

Il mese di marzo 2021 mostra una prima inversione di tendenza: rispetto allo stesso mese
del 2020 i nati aumentano del 3,7 per cento (32.941, circa 1.200 in più), con un incremento più sostenuto nel Mezzogiorno (8 per cento). Per questa ripartizione si potrebbe ipotizzare un recupero nei mesi estivi dei concepimenti rinviati in primavera che hanno dato luogo alla perdita particolarmente consistente di gennaio 2021.

A marzo 2021, il Nord-ovest è l’unica area in cui si registra ancora una variazione negativa (-0,6 per cento) seppure molto attenuata rispetto ai mesi precedenti.